Ci ricordiamo bene dei Cymbals Eat Guitars e dei loro quattro album realizzati tra il 2009 e il 2016: nel 2017, invece, la loro avventura è silenziosamente terminata, ma l’estate scorsa il frontman Joseph D’Agostino è riapparso con questo suo nuovo progetto solista.
Il musicista di origini italiane si è circondato di una band di tutto rispetto composta da Anne Dole (ex batterista dei Cymbals) e da suo fratello Patrick al basso, dalle sorelle Rachel e Zoà« Browne (ovvero le Field Mouse, rispettivamente moglie e cognata di Joe) ai vocals e da Zena Kay alla pedal steel (tra gli ospiti del disco troviamo anche Charles Bissell dei Wrens) e ha poi prodotto il suo omonimo primo full-length con l’aiuto di Kyle Gilbride dei Swearin’.
Come abbiamo già raccontato nelle nostre news, questo suo LP d’esordio sarebbe dovuto uscire il giorno di San Valentino per la Tiny Engines, ma i problemi dell’etichetta statunitense, che negli ultimi anni non ha pagato le royalties a numerosi artisti del suo roster, hanno fatto decidere a D’Agostino di abbandonarla e quindi l’uscita è stata rinviata: la soluzione è arrivata grazie all’aiuto della Get Better Records, l’etichetta di proprietà di Alex Lichtenauer dei Control Top, che lo realizzerà in formato fisico il prossimo 24 aprile, mentre la release digitale è arrivata ““ a sorpresa ““ lo scorso 20 marzo.
Dopo questa lunga, ma dovuta introduzione torniamo a parlare di ciò che più interessa a noi e ai nostri lettori, la musica: se da una parte D’Agostino conferma le sue grandi dote di songwriter, abile a disegnare personaggi in maniera dettagliata ““ come in “Marian”, dove racconta di un minatore che muore e lascia la moglie con una bambina appena nata o in “Becca”, che parla di una donna che vende falsi e pericolosi occhiali alla gente per guardare attraverso un’eclissi ““ dall’altra lo troviamo spaziare ad ampio raggio nel mondo dell’indie-rock a lui tanto caro.
La già citata e lunghissima “Marian” apre i giochi con una certa leggerezza, ma allo stesso gode di una brillantezza melodica e mette in luce la capacità di Joe di cambiare la sua tonalità vocale nel giro di qualche attimo, come avevamo potuto notare già anche durante la sua esperienza come frontman dei Cymbals Eat Guitars.
“Untitled” preferisce camminare a lungo su delicati territori country-folk (ottime le percussioni), prima di toccare rumorose e vertiginose vette nella sua parte finale, mentre “Chance”, forse la traccia più sperimentale del disco, rallenta completamente il ritmo, lasciando spazio a un piano scintillante e delicato e a ipnotizzanti archi che rendono l’atmosfera in qualche modo sognante.
“Emerald” si apre in maniera molto riflessiva, ma anche in questo caso D’Agostino è capace, nel corso dei quasi sei minuti della canzone, di cambiare marcia più volte, trovando energia, chitarre decise e toni psichedelici, seppur piuttosto cupi.
La conclusiva “Swim” si sposta verso panorami country con l’aiuto non solo delle sei corde, ma anche di violino, viola e violoncello, fermandosi ancora una volta a riflettere e riuscendo a emozionare di nuovo l’ascoltatore.
Non tutto ciò che troviamo in questo album sarebbe potuto probabilmente finire in un disco dei Cymbals Eat Guitars, ma questo primo lavoro di Empty Country dimostra ancora una volte l’indiscutibile talento di D’Agostino, che prova a ridisegnare la sua nuova carriera solista con grande determinazione e classe e i risultati ottenuti gli danno pienamente ragione.
Photo Credit: Julio Enriquez (CC BY 2.0)