Verso la fine degli anni 70 ci furono grandi artisti che seppero cavalcare e dominare con personalità    l’ondata new wave, rielaborare la propria tecnica e creatività  e capire per primi come unire passato presente e futuro.

Uno di questi fu senza dubbio David Bowie, in coppia con Brian Eno, ma la cosa non fu una sorpresa vista le camaleontiche capacità  del duca bianco, l’altro fu Peter Gabriel.

Ambedue erano simili per genio, coraggio e per curiosità  artistica, che li spingeva sempre a rischiare e spesso capire prima di tutti le nuove tendenze e piegarle alla loro creatività , spesso indicando a loro volta nuove strade da percorrere.

Peter Gabriel era stato colonna dei Genesis dal 1969, non solo per la voce e per i testi ma anche per essere un front man particolarmente affascinate e per l’impronta generale che dava alla band, fino all’album ” The Lamb Lies Down on Broadway ” del 1974,   ma la sua carriera solista sarà  dall’inizio contraddistinta da un progressivo allontanamento dal sound che avevamo ascoltato nei Genesis.

Il primo album   fu un buon successo, mentre il secondo, con la collaborazione e produzione di Robert Fripp non ebbe grande riscontro commerciale, così quando Peter Gabriel si presentò con questo album così sperimentale per l’epoca, con accenni già  di world music, lo strano utilizzo della batteria che escludeva completamente i piatti, l’utilizzo dell’elettronica, i testi bellissimi e importanti ma per certi versi scomodi, più di un addetto ai lavori si pronunciò ritenendo l’album un sicuro insuccesso e la stessa etichetta Atlantic, distributrice per l’America dei primi due album solisti dell’artista, aveva esposto le sue perplessità  finendo poi per rifiutarne la distribuzione .

La storia darà  poi ragione a Peter Gabriel e al suo produttore Steve Lillywhite e drammaticamente torto alla Atlantic Record, che si vedrà  sfuggire un grande successo commerciale e uno dei migliori album del 1980.

L’uscita di ” Games Without Frontiers ” sarà  un successo non solo in Inghilterra dove raggiungerà  il quarto posto,   ma planetario, e coinvolgerà  anche l’ Italia, per un brano decisamente sperimentale, elettronico con inserzioni in francese da parte di Kate Bush che canta all’inizio e alla fine del brano,  “Jeux Sans Frontieres”, cioè “Games Without Frontiers” in francese, da molti confuso con “She’s So Popular”.

Il titolo fa riferimento ad una popolare trasmissione televisiva che aveva un notevole successo anche in Italia, “Giochi senza Frontiere” e che Peter Gabriel utilizza per criticare la classe politica dell’epoca che, con i suoi giochi di potere, portava il mondo verso il rischio di guerre nucleari ed era incurante delle disuguaglianze economiche e sociali.

Il 45 giri aveva sul lato B un interessante mixaggio   tra “Start” e “I Don’t Remember” che e’ un altro gran pezzo nel quale, accompagnato dalla riconoscibile chitarra di Robert Fripp,  il basso di  John Giblin , il contributo di   Tony Levin al chapman stick, l’artista riesce a creare un tappeto sonoro, dove il senso di alienazione e perdita della propria identità  crea una tensione e inquietudine disturbante ma intellettualmente appagante.

L’album è un susseguirsi di gioiellini e riascoltarlo oggi, a distanza di quaranta anni, non solo conserva la sua freschezza, ma appare ancora più bello, con testi mai banali e un sound che all’epoca si dimostrò capace di raggiungere non solo chi cercava nuove sonorità  ma anche il grande pubblico.

Altro pezzo indimenticabile è “Family Snapshot”, parte con un pianoforte per poi riempirsi ed esplodere nel momento cruciale del testo, un brano che ho sempre amato e ritengo uno dei grandi capolavori di Peter Gabriel.

La costruzione del testo è cinematografica e ci   parla di un omicidio raccontato dall’attentatore, accompagnando musicalmente il testo come fosse la colonna sonora di un film, cosi se all’inizio la dolcezza della melodia e del pianoforte danno l’idea di chi consapevolmente sta per distruggere la propria e l’altrui vita, poi la musica cresce fino ad arrivare al momento dell’attentato dove il ritmo esplode,   per poi si riabbassarsi quando l’assassino ci spiega le sue motivazioni che in realtà  non ci sono, se non nella sua testa incasinata dal suo tormentato passato.

Altro grande capolavoro dell’album è “Not One of Us “, non solo per la melodia e gli arrangiamenti che faranno scuola, ma anche per il testo che non dimenticate è del 1980 e affronta il tema dell’accoglienza e dell’integrazione come fosse scritto oggi, così attuale è testo che bisognerebbe far leggere a qualche politico, a cui qualcuno di noi colpevolmente dà  voti e potere.

Eccone una parte :”è solo acqua nella lacrima di uno sconosciuto, gli sguardi sono ingannevoli ma le differenze sono chiare, un corpo straniero e una mente straniera, mai benvenuti nella terra dei ciechi, potresti sembrare come noi parla come facciamo noi, ma sai com’è non sei uno di noi“,  c’e’ una generazione che ci ha provato a cambiare qualcosa fallendo miseramente, quella attuale sembra non provarci per niente.

Un cenno lo merita anche “Lead a Normal Life” per la delicatezza, sia della musica che del testo, nell’affrontare una situazione di malattia mentale e riassumerla così abilmente in pochi versi.

Il brano di chiusura è “Biko”, pezzo famoso che inizia con un coro sudafricano, e continua con ritmi tribali certificando quello che sarà  poi l’impegno di Peter Gabriel nella diffusione di sound e artisti di ogni parte del mondo, in quella che sarà  battezzata world music.

Il testo fece conoscere la figura di Stephen Bantu Biko,   attivista sudafricano anti-apartheid, che arrestato fu sottoposto a torture e sevizie, una di queste gli causò un grave trauma cranico, pensarono bene di non ricoverarlo nella struttura sanitaria del carcere ma di portarlo in una ospedale distante 1.100 Km.

Lo infilarono in un bagagliaio di una Land Rover nudo e ammanettato, quando arrivò non c’era ormai più nulla da fare, se non cercare di insabbiare il suo omicidio dichiarando che fosse morto per uno sciopero della fame.

Biko pagò con la sua vita il suo impegno e soprattutto il fatto che rappresentava una minaccia, non solo per le sue idee e i suoi scritti ma soprattutto perchè era colto, carismatico   e capace di unire le masse dei protestanti neri.

Peter Gabriel chiude con questo brano di oltre sette minuti, che stranamente non avrà  un grande successo commerciale, ma che comunque sarà  capace di influenzare sia l’opinione pubblica che molti altri artisti, i quali negli anni futuri faranno sentire la loro voce e combatteranno insieme l’apartheid.

E’ una grande chiusura di un album stratosferico, un capolavoro ancora vivo e pulsante ma allo stesso tempo un classico, la più chiara espressione di talento, idee, tecnica e coraggio, un autentico regalo di uno dei più grandi artisti nella storia della musica moderna.

Pubblicazione: 30 maggio 1980
Genere: Alternative Rock
Lungezza: 45:32
Label: Charisma / Virgin, prima edizione Mercury / Geffen
Produttore: Steve Lillywhite

Tracklist:

  • Intruder  ““ 4:54
  • No Self-Control  ““ 3:55
  • Start  ““ 1:21
  • I Don’t Remember  ““ 4:41
  • Family Snapshot  ““ 4:28
  • And Through the Wire ““ 5:00
  • Games Without Frontiers  ““ 4:06
  • Not One of Us  ““ 5:22
  • Lead a Normal Life ““ 4:14
  • Biko ““ 7:32