Le avevamo lasciate nel soggiorno della loro casa di Londra. Mia Lust e Laura Orlova. Nel soggiorno di casa dove avevano registrato un album, il loro primo album “Calf of the Sacred Cow”. Eravamo all’inizio del 2018. Dopo di allora l’EP “Cuckoo Spit” (fine 2018) e quest’anno una manciata di singoli (4) che troviamo inseriti in questo nuovo album.
L’album è stato registrato a Londra prima dei cambiamenti di formazione avvenuti dopo il trasferimento di Mia e Laura a Manchester: Ian Kane al basso, Dianne Velvet alle tastiere (strumento fondamentale per questa band) e Adrian Hammersley alla batteria.
Il cambiamento non ha portato particolari mutamenti nel sound della band che è caratterizzato dalla chitarre di Mia e Laura a creare un bel suono compatto sostenuto dalle tastiere e da una sezione ritmica brillante. Garage punk che si ammorbidisce sulle linee melodiche del cantato delle due leader che si sovrappongono con tinte sixty e in qulache modo psichedeliche. Suoni lo-fi, ruvidi e sporchi che hanno un potere quasi ipnotico, suoni che non vogliono essere un sottofondo, suoni che vogliono la tua attenzione.
E’ proprio questa miscela di melodie pop molto accattivanti che si alternano a deviazioni più sinistre e inquietanti che rendono i Chemtrails una band riconoscibile dal primo ascolto. Scoppiettante l’inizio con la opener “Blurred Visions” che con “Brother Connor” e la conclusiva ” Slag Heap Deity 2″ rappresentano il lato più punk (acido) del disco. C’è la sorpresa di un violoncello in “Naked Souls Get Swallowed” mentre in “Rats” un ritmo beach-surf veste le tragiche parole del brano, le barbarie in cui la moderna società sembra cadere. Ispirato dal krautrock è invece il brano “Frightful In The Sunlight” che ha nella chitarra sfacciata e nel basso martellante la variante della casa.
Nella città tedesca di Aquisgrana nel 1324 accadde uno strano fatto. Alcune persone colpite da una strana isteria di massa, anche chiamata epidemia di ballo, o ballo di San Vito, iniziarono a danzare. La cosa si prolungò per settimane, fino a quando l’individuo crollava a terra, spesso senza più vita. A questo fatto s’ispira “Saint Vitus”, con un riff di chitarra azzeccato, un brano che davvero avrebbe potuto risuonare nella testa di quelle sfortunate persone.
“The Peculiar Smell of the Inevitable” conferma la buona vena compositiva di una band che sa creare visioni con canzoni molto orecchiabili. A chi ama approfondire consigliamo anche un’occhiata ai testi, spesso ironici ma profondi e attuali.
Credit Foto: Johan Alm