Sarah Tudzin è parecchio incazzata con la sua etichetta Tiny Engines, che gioca sporco e non fa il suo dovere. E chiude i conti con loro. Bene. Dove potrebbe buttare la sua rabbia per la situazione tutt’altro che limpida e felice se non in un disco? Scritto di getto in febbraio, prima che pure il mondo intero accumulasse un senso di frustrazione generale e pesante, l’album riflette in pieno quella sensazione in cui “ti prudono le mani” e la razionalità c’è e non c’è. Me la vedo Sarah che si sfoga scrivendo questi 20 minuti circa di musica in cui il “tender” del primo album va a farsi benedire e resta solo il punk e sperimentazioni e rumorismi vari. Che poi questo non è nemmeno il suo nuovo album (il titolo è già indicativo), anzi, è, a detta sua, un mixtape in cui far prevalere uno spirito DIY e provare a scaricare la tensione scherzando, sfogandosi o ironizzando con stili e testi.
Morale della favola, tra corse a perdifiato, suoni gracchianti, qualche accenno melodico tra le chitarre a tutto gas (sopratutto nella prima parte) a restare impressi restano giusto due, tre passaggi, ovvero la scarna “reasons 2 live”, “melatonezone” che intorno al ritornello sporco in area Weezer piazza una specie di conga tropicale piuttosto stravagante e la pseudo quiete elettrica avvolgente di “free dumb”. Sul resto mi pare non ci sia assolutamente nulla di rilevante, se non uno spirito catartico che guida la frenesia rabbiosa tanto quanto scherzetti sonori di poco conto. Un lavoro che pare servire più a Sarah per buttar fuori che a noi ascoltatori per partecipare, con empatia, al suo stato d’animo. Ne prendiamo atto, ma oltre a questo stop.
“While the world burns up, could you care about a fucking record?” si chiede la fanciulla in “free dumb”….se il disco è così, cara Sarah, in effetti perchè fregarcene di roba simile?