Bene, bene, la scena musicale di Dublino sta tirando dritto come un treno e questo nuovo debutto ci lascia ben sperare per le produzioni future. Questa volta è il turno del Silverbacks che in realtà abbiamo scoperto, nel corso della loro intervista che potrete leggere nelle nostre pagine, essere una band proveniente da diverse città della terra d’Irlanda.
La compagine irlandese, dunque, composta dai gemelli Daniel O’Kelly (voce e chitarra) e Kilian O’Kelly (voce e chitarra), Emma Hanlon (voce e basso), Peadar Kearney (chitarra) e Gary Wickham (batteria), si è buttata a capofitto nell’idea di creare un album destinato ad una collocazione votata ai live ma con gli arrangiamenti, sotto la guida di Daniel Fox dei Girl Band, da album in studio. Ed è così che è nato “FAD”, un album che racchiude in poco più di 35 minuti del sano e vigoroso post-punk, ma anche college rock degli anni ’90 con le dovute declinazioni di garage-rock revival degli ultimi anni.
Ebbene, l’antipasto della trascinante “Dunkirk” viene servito su un letto di vigoroso basso accompagnato da plettrate indie-rock d’ordinanza il tutto scandito da una corposa batteria.
In realtà , la successiva “Pink Tide” non si discosta dall’entrèe almeno fino a quando in “Fad ’95” il cantato/parlato raffinato di Daniel O’Kelly sostituisce i riffoni di guitar con delicati armonici naturali.
La sezione ritmica è davvero notevole e predominante soprattutto quando ad impugnare il microfono è Emma nella “franzferdiniana” “Klub Silberrà¼cken” e nel punk “Blondiano” di “Up The Nurses” dove il risultato è davvero ben riuscito.
Come ci hanno riferito nella piacevole chiacchierata, la scrittura prende spunto dal mondo che circonda i ragazzi, anche nelle versioni più irriverenti come in “Drink It Down” con la frase “That wasn’t Jesus/That was just some fucker in a dressing gown”.
Ancora segnali della band di Alex Sopranos nella seducente “Muted Gold” con tanto di omaggio al Duca Bianco mentre nel rock ruvido “Just in the band” le ben tre chitarre, opportunamente coordinate, ci regalano un gran bel pezzo nato per il live.
Le influenze dei cinque ragazzi d’oltre Manica sono cristalline, come ho detto in apertura, ed il loro spaziare tra il punk e new-wave anche a tinte seventies non si esaurisce nemmeno nei bei cori di “Grinning at the Lid” oppure negli overdrive della bella traccia finale “Last Orders”.
Ascoltando più volte il disco si avverte la sensazione che non si tratti di un esordio ma di un buon navigato full-length, con già alle spalle un certo background.
Seppur non si aggiunge nulla di nuovo nel panorama musicale, questo “FAD” mi ha convinto e ancora di più lo farà quando l’ascolto verrà traslato sotto un palco.