“Ed ora?“, probabilmente fu questa la domanda che echeggiava nella mente e nel cuore dei Pink Floyd dopo la pubblicazione ed il successo ottenuti da “The Dark Side Of The Moon“. La pressione era alta, eccessiva, soprattutto da parte di quei discografici interessati solamente ai risvolti economici, al mercato, ai profitti; gente senza alcuno spessore emotivo, desiderosa di lucrare e sfruttare, per il proprio tornaconto personale, le fragilità , i sentimenti, le emozioni degli artisti con cui lavoravano. L’insensibilità dell’industria musicale, la sua superficialità , l’incapacità a costruire delle relazioni umane vere, l’enorme vuoto che prendeva via, via forma e stritolava tutto ciò che incontrava sul suo cammino si trasformò in un album concettuale straordinario: “Wish You Were Here“.
Un lavoro che ruota attorno a ciò che abbiamo perduto, a ciò che non riusciamo più a provare, a ciò che continua ad esistere e respirare dentro di noi. Da un lato l’assenza, la perdita dell’innocenza, la paura di smarrire sè stessi; dall’altro l’esser costretti a interagire con una creatura senza anima, bramosa di spremerti ogni energia e gettarti via quando non hai più nulla da offrirle. La macchina risucchia ogni tua risorsa, ti stritola nei suoi ingranaggi, ti riduce ad un automa, ti mette contro chi ti sta attorno, altera la tua percezione della realtà e ti spinge a guardare il mondo esclusivamente attraverso una lente cinica ed alienante. “A proposito, chi di voi è Pink?“, una domanda beffarda, assurda, per certi versi buffa, ma che da idea della violenza e dell’indifferenza con cui i Maiali interagiscono con le Pecore: è semplicemente una questione di soldi, di potere, di forza. E mentre il veleno penetra sempre più a fondo, ti rendi conto di tutto ciò che, negli anni, si è rotto, di tutto ciò che è sparito, di tutto quello a cui hai rinunciato per arrivare qui adesso: un matrimonio che fallisce, un amico che si aggira come un fantasma tra i tuoi ricordi giovanili, l’incapacità a parlare ed aprirsi con coloro che ti sono attorno adesso, la frustrazione di esser finiti in una prigione dorata, in una palla per pesci che ti offre solamente visioni distorte della vita.
Ed è così che i testi di Roger Waters si intrecciano al celebre riff a quattro note di David Gilmour e danno consistenza alla leggenda, rendono omaggio al pifferaio perduto che aveva ispirato i loro primi passi in un mondo spietato, abitato da gente che vuole solamente azzannarti ed abbuffarsi a tue spese. Nonostante i Pink Floyd si avvicino pericolosamente al Sole, “Shine You Crazy Diamond“, nelle sue due parti, rappresenta il perfetto inno alla verità , alla passione creativa, alla voglia di esser sè stessi, nonostante la paura di bruciare. L’Hipgnosis di Storm Thorgerson riuscirà a rendere perfetta quest’immagine con i due uomini ritratti in copertina, con quella stretta di mano che da l’idea di quanto sia pericoloso affidare la propria anima, anche oggi, a questo Sistema di potere.
Pubblicazione: 12 settembre 1975
Durata: 44:18
Dischi: 1
Tracce: 5
Genere: Progressive Rock
Etichetta: Harvest / EMI
Produttore: Pink Floyd
Registrazione: gennaio-luglio 1975
1.Shine On You Crazy Diamond I ““ 13:34
2.Welcome To The Machine ““ 7:31
3.Have A Cigar ““ 5:08
4.Wish You Were Here ““ 5:34
5.Shine On You Crazy Diamond II ““ 12:31