Da sempre nel mondo della musica ci sono artisti o gruppi destinati magari a non avere grandi riscontri commerciali, ma a finire citati per primi nei libri di storia, in quanto determinanti per la nascita e lo sviluppo di una corrente musicale o di una scena vera e propria.

E’ il caso ad esempio degli scozzesi Cocteau Twins di Elizabeth Fraser e Robin Guthrie, fondati da quest’ultimo assieme a Will Heggie nel 1980, che pur non tradendo vicinanza e affinità  con certa dark wave in ascesa agli albori del decennio, seppero ben presto trovare una propria strada originale e del tutto nuova.

Già , perchè non si era soliti parlare di dream pop al periodo, e di certo, se da una parte non era semplice avventurarsi tra le trame eteree e sfuggenti create dal giovane terzetto, dall’altra l’esperienza per gli ascoltatori e i critici diventava senz’altro molto affascinante.

A colpire erano sicuramente i suoni, meno oscuri e glaciali rispetto ai coevi alfieri britannici della nuova ondata, ma non di meno il suggestivo e misterioso cantato della Fraser, che con la sua angelica voce e l’utilizzo di fonemi indecifrabili, finiva inevitabilmente per focalizzare l’attenzione.

Ci mise poco la cantante a diventare un modello per gli anni a venire, archetipo di quello stile interpretativo che seppe trovare splendidi esempi in gente come Beth Gibbons, Hope Sandoval o Tracey Thorn, tanto per citare alcune artiste la cui influenza della Nostra appare evidente, pur con le differenze stilistiche del caso.

Dopo aver seminato bene lungo tutti gli eighties, affinando il proprio sound, è entrando nei novanta che i Cocteau Twins ebbero finalmente una buona affermazione in classifica, ampliando il proprio seguito dopo il fortunato tentativo di “Blue Bell Knoll”, (pubblicato nel 1988), l’album con cui approdarono negli Usa grazie all’intervento della Capitol che trovò un accordo con la loro storica etichetta 4AD.

Era solo questione di tempo ormai, d’altronde la crescita del gruppo era stata lenta ma esponenziale, dall’uscita del loro primo lavoro “Garlands” fino a quel momento.

Arriviamo così finalmente a “Heaven or Las Vegas”, che essendo uscito il 17 settembre del 1990, compie proprio oggi trent’anni tondi. E’ questo il disco della vera svolta per la Fraser e compagni (nel frattempo Guthrie lo è diventato anche nella vita), quello in cui tutte le belle intuizioni disseminate nei dischi precedenti giungono infine a compimento.

Sarebbe errato definirlo mainstream, ma indubbiamente fu un disco sin dal primo ascolto più accessibile, oltre che maggiormente comprensibile anche nelle liriche, stavolta quasi del tutto in lingua inglese, nonostante la cantante non abbia abbandonato completamente la sua particolare glossolalia. I testi infatti hanno dei significati concreti, magari giocano su immagini e figure retoriche ma alla fine convergono sulla felicità  e il rinnovato stupore per la nascita della piccola Lucy-Belle, figlia dei due leader.

Nel gruppo da tempo ormai era entrato il talentuoso polistrumentista Simon Raymonde ed è proprio lui tra l’altro a definire al meglio le coordinate musicali, indirizzandole sempre più in quei territori dreamy, sconfinanti mai come in questo caso nel pop più puro.

Una prova tangibile di questa direzione più accomodante e, se vogliamo, classica, l’abbiamo già  dalla traccia d’apertura, l’onirica “Cherry-Coloured Funk” ma anche proseguendo oltre, la via ci appare spianata ed è possibile così imbattersi nei toni cristallini di “Pitch the Baby”, nella lineare “Fifty-Fifty Clown”, negli inserti spaziali dell’ammaliante title-track, trovando tuttavia talvolta ancora degli episodi più criptici come “Wolf in the Breast” nei quali è insospettabilmente bello perdersi.

Con il successo, il primo propriamente detto, finalmente ottenuto, giunsero però anche le prime incrinature, con i Cocteau Twins decisi più che mai a scrollarsi di dosso l’egida indipendente (che tanto aveva contribuito a renderli nome di culto) per volgere lo sguardo ancora più in là . Inevitabile, per quanto doloroso e non senza strascichi, fu quindi il divorzio con l’etichetta della quale erano divenuti il gruppo-simbolo, per affiliarsi a una major.

Il fatto però è che il connubio Cocteau Twins-4AD era uno di quelli da mantenere assolutamente in vita, non destinato a sciogliersi alla prima vera difficoltà , tanto che raggiunto il loro apice il gruppo non seppe più replicare i fasti di questo album, venendo oltretutto sorpassato nei gusti del pubblico da altri generi musicali, magari loro debitori, ma all’epoca più alla moda.

In ogni caso se vogliamo realmente andare alla radice del dream pop o di certo trip hop, occorre necessariamente ripassare da queste parti qui e ascoltarsi in rassegna le dieci canzoni che compongono questo epocale disco, che a distanza di trent’anni non ha perso alcunchè del proprio fascino.

Cocteau Twins ““ Heaven or Las Vegas
Data di pubblicazione:  17 settembre 1990
Tracce: 10
Lunghezza: 37:42
Etichetta: 4AD
Produttore: Cocteau Twins

Tracklist
1. Cherry-Coloured Funk
2. Pitch the Baby
3. Iceblink Luck
4. Fifty-Fifty Clown
5. Heaven or Las Vegas
6. I Wear Your Ring
7. Fotzepolitic
8. Wolf in the Breast
9. Road, River and Rail
10. Frou-Frou Foxes in Midsummer Fires