L’estate è ormai finita, ma ogni occasione è buona per ricordare la musica uscita in questo periodo. Tormentoni a parte, sono state diverse le piacevoli sorprese dei mesi scorsi: il ritorno dei Glass Animals, di Arca, Taylor Swift e innumerevoli altri artisti. Tra questi, impossibile non citare i Marsicans, con il loro ultimo disco “Ursa Major”.
Se la stagione estiva fosse un album, state sicuri che si tratterebbe proprio di “Ursa Major”. è infatti un album leggero, fatto più per divertire e intrattenere che conquistare le classifiche. è praticamente l’emblema dell’indie nella sua forma più pop, ideale per distrarre l’ascoltatore (soprattutto in tempi simili). Si potrebbe pensare quindi che, dopo il primo ascolto, l’album stanchi e risulti ripetitivo: fortunatamente, non è il nostro caso.
La presenza dei vari interludi e dei brani più soft come “Dr Jekyll” è infatti fondamentale a dir poco, perchè assicurano la varietà e la voglia di sperimentare della band. Se poi ci pensiamo un attimo su, ci rendiamo conto di come abbia perfettamente senso inquadrare tutti e sedici i brani in uno schema più grande. Da un lato, ci ritroviamo davanti singoli come “Juliet” e “Summery In Angus”, che riescono a rappresentare molto bene una situazione tipicamente estiva. Che sia il fare baldoria tutta la notte dopo un concerto, l’ubriacarsi intorno a un falò o trovare nuovi amori, non importa: sono tutte atmosfere che gran parte di “Ursa Major” sa far immaginare alla perfezione.
Dall’altro lato, però, ci aspetta la malinconia, la tristezza di vedere l’estate scivolare via, il desiderio di tornare agli anni di giovinezza. Ed ecco che brani come “Someone Else’s Touch” e “Blood In My Eye” intervengono: sono i momenti in cui ““ arrivate le quattro di mattina ““ si ripensa alla serata passata, oppure quando si guarda con nostalgia ai migliori anni della propria vita, alle occasioni sprecate e alle persone incrociate sul proprio cammino. è il tornare a morire dentro, dopo essersi sentiti più vivi che mai.
Sotto questo senso, è molto simile al percorso che si compie ascoltando “Doom Days” dei Bastille: tutto inizia con “Quarter Past Midnight”, brano che apre la serata sfrenata del protagonista con i suoi amici. Si parte con allegria, ma con “4AM” si concretizza il momento di nostalgia massimo: il protagonista si guarda intorno e si rende conto di quanto tiene alle persone intorno a sè, ma anche di quanto ogni tipo di legame sia fugace. è un mix di emozioni che inizialmente lascia spaesati, ma anche sollevati, in un certo senso. Ci fa capire che siamo umani, che siamo soggetti al tempo ““ in tutto e per tutto ““ ma anche che possiamo utilizzarlo per divertirci e stare con chi amiamo. Esattamente ciò che riesce a trasmettere “Ursa Major”.
Quest’album è, insomma, ciò che ci si aspetterebbe di ascoltare durante un festival come il Lollapalooza, lo Sziget o il Coachella. Sa di estate (e, perchè no, giovinezza) vissuta fino all’ultimo, momenti che scivolano via e ricordi che li sostituiscono. Perfetto da ascoltare in autunno, insomma. I Marsicans, però, sono da ascoltare tutto l’anno.