Mentre il brit-pop chiudeva i battenti, questo quartetto scozzese piazzava una perla “The Man Who” nel 1999 la quale, insieme al successivo “The Invisible Band” del 2001 ha segnato una nuova epoca del pop melodico d’autore, fatto di arpeggi fini e atmosfere raffinate.
I ragazzi di Glasgow sorretti dalla riconoscibile voce di Francis Healy e dalla sua poetica penna hanno saputo mantenere sempre un buon livello musicale, pubblicando fino ad oggi album piacevoli, sognanti e che, soprattutto, non sono mai andati sotto la sufficienza, anche negli episodi dall’approccio più “chitarristico” di “Ode To J.Smith” che in quelli più introversi come “12 Memories”.
Il decimo album dei Travis in formazione completa e originale con Healy, Dougie Payne (basso), Andy Dunlop (chitarra) e Neil Primrose (batteria), solca il sound del pop fine delle origini (quello di stampo U2, primi Coldplay ed anche The Shins per intenderci) e lo fa con un mood semplice e diretto attanagliando le melodie di alcuni brani in particolare con irresistibili refrain impregnati della giusta dose di malinconia come nel country di “Butterflies” o negli echi di piano e synth della ballad “A Million Hearts”, con l’impercettibile e efficace backbeat delle pelli e, soprattutto, nella mesta e incantevole “Nina’s Song”, la migliore del disco a parer mio.
“10 songs” è stato ben apparecchiato nel corso di questi mesi con l’uscita di una manciata di singoli indirizzati a preparare fan e vecchi amici; dieci tracce appunto che faranno presa sui nostalgici della band, inutile negarlo, tutte dotate del piglio catchy d’ordinanza e che suoneranno incredibilmente familiari.
Nessun colpo di testa, dunque, nessuna sperimentazione ma solo pop-folk-rock di quello buono, giusto interrotto e completato dalle parentesi più energiche come la fiammante e cruda “Valentine” e dal super singolone “A Ghost”, che si pone a mezza via tra “Side” e “Pipe Dreams” e ci riporta, quindi, nei territori battuti da “The Invisible Band”.
Il concentrato di melodie mid-tempo si presenta con la magnetica opener “Waving At The Window” per poi spostarsi nell’intensa “The Only Thing” con le corde acustiche di Healy a sorreggere l’armonia con la voce di Susanna Hoffs delle Bangles, per tre minuti e mezzo di emozioni.
L’atmosfera rassicurante e pacata che scorre nelle tracce incontra ancora una volta lo spirito country intriso nel falsetto di “All Fall Down”, altra perla del full-length, che precede la trascinante “Kissing in the Wind” con la sezione d’archi a far da padrona.
Il compito di chiudere un lavoro sincero e leggero è affidato alla toccante e tormentata ballata piano voce di “No Love Lost” che mette il punto su disco che vuole regalare benessere e conforto. Riuscendoci.