Il plauso che va fatto alla compagine di Sacramento è quello di non essere mai scesa a compromessi e non solo. A differenza di altri illustri colleghi, infatti, la band statunitense, pur potendo, non si è mai rifugiata in una comfort zone ed allo stesso tempo è riuscita a sfornare sempre album di qualità , compiuti e completi.
Ed ecco che la premiata ditta Moreno/Carpenter tira fuori dal cilindro un altro ottimo long-playing, il nono, che fa il suo ingresso nello showbiz dell’altenative metal a ben quattro anni di distanza dall’ambizioso “Gore” che con l’odierno “Omhs” (ovvero l’espressione letterale del simbolo dell’unità di misura della resistenza elettrica nel Sistema Internazionale (Ω)) ha pochi punti di contatto. Del lavoro precedente, inoltre, cambiano le mani nella cabina di regia affidata ad una vecchia conoscenza della band, quel Terry Date che collaborò alla produzione dei primi quattro album tra cui “White Pony”, senza dubbio capolavoro della band.
Ebbene, il ritorno di Date riporta i Deftones sui canoni tipici del marchio di fabbrica della band, con le consuete sonorità distorte e heavy, a partire dalla opener “Genesis” che detta le linee del disco, alle quali comunque si alternano momenti – si fa per dire – riflessivi e melodici come nella riuscitissima “Pompeji” o nella title-track, con gli intermezzi di elettronica sempre più risicati come negli accenni di “Urantia” e nella citata “Pompeji”.
La struttura dell’album, dunque, rimane ancorata allo stile Deftones che (noiosamente) non sbaglia un colpo pure quando si concede a sperimentazioni perchè comunque le radici rimangono ben piantate su territori hard e brani come “Radiant City” o “This Link Is Dead” o “Headless” con i loro potentissimi quanto feroci riffoni di scuola Carpenter ne sono la diretta testimonianza laddove “Error” e “The Spell of Mathematics” si districano tra post-punk di matrice shoegaze con le onnipresenti linee di basso di Sergio Vega, il tutto sorretto dalla voce dark di Moreno, che si mostra ora irata quanto velata.
Nell’anno del ventennale del loro gioiello “White Pony”, Moreno e soci si presentano in gran forma e impacchettano un full-length che pur guardando indietro si rivela attuale e di impatto come lo sono, d’altronde, tutti i lavori del gruppo californiano che ha saputo andare oltre il “genere”. Le dieci tracce di “Ohms” si dirigono proprio verso questa direzione, colpire di nuovo subito, in modo diretto ma con il solito altissimo livello compositivo.
Photo Credit: Tamar Levine