“My Generation” è l’album con cui esordirono The Who, la band che negli anni ’60 e ’70 ha maggiormente incarnato il rock nella sua forma più sfrontata e diretta, e che, grazie ai suoi quattro elementi così pieni di talento, riuscì ad affascinare i ragazzi dell’epoca e ad essere fonte d’ ispirazione per i musicisti presenti e futuri.
Pete Townshend e John Entwistle si conobbero sui banchi di scuola, Pete proveniva da una famiglia di artisti di scarso successo, il padre era un sassofonista e la madre una cantante, che gli avevano dato un’infanzia fatta di privazioni e rinunce, ma allo stesso tempo piena di musica di ogni tipo.
La precaria situazione economica familiare e il suo aspetto fisico, un naso su un palo lo definirà amichevolmente anni dopo Roger Daltrey, lo rendevano insicuro e con pochi amici, ma uno di questi era John Entwistle, anche lui figlio di musicisti, calmo e riflessivo e, come lui, nato e cresciuto ascoltando ogni genere musicale, indirizzando il suo maggiore interesse verso il jazz e il blues.
Iniziarono così le prime esibizioni, con Pete Townshend che suonava il banjo e la chitarra e John Entwistle alla tromba, nelle quali sia Pete che John capirono che la musica era l’unico mondo nel quale si sentivano sicuri e potevano uscire dalla loro condizione di invisibili.
Ci saranno alcuni episodi che determineranno la nascita e il futuro degli Who, il primo e’ sicuramente l’incontro con Roger Daltrey.
Roger Daltrey era diverso da loro, sicuro di se, sfrontato, aveva successo con le donne e pieno di amici, e aveva già una band i Detours nella quale suonava la chitarra, e nel periodo in cui conobbe John Entwistle cercava un bassista.
Sarà grazie a Roger se John Entwistle passerà dalla tromba al basso e diventerà uno dei migliori bassisti nella storia del rock e sarà poi John a convincere Roger Daltrey a inserire anche Townshend nella band, l’abbandono del cantante dei Detours farà il resto: il passaggio di Roger da chitarrista a front man finirà quasi per comporre e delineare la band che farà la storia del rock.
Il gruppo proponeva cover di brani rock’n’roll e rythm and blues, ma pur avendo un buon seguito non riusciva a trovare una casa discografica disposta a scritturarlo.
Tutti i provini andavano male e l’ennesimo fallimento convinse Roger, Pete e John che il problema fosse il batterista Doung Sanden, considerato non adatto al sound della band decisero di organizzare dei provini per cercare un sostituto.
Ai provini si presentarono in molti ma poi arrivò un diciottenne completamente di rosso, vestiti e capelli, si mise alla batteria e tale era la foga che spaccò tutto, era il formidabile Keith Moon che fu preso immediatamente, la band era al completo ma mancavano ancora almeno due cose per diventare definitivamente The Who.
La prima fu l’incontro con Pete Meaden che li introdusse al movimento dei Mods, con il chiaro intento di farli diventare punto di riferimento per i giovani che seguivano questa corrente.
Non mi dilungo sui Mods sul loro credo e significato, sull’importanza di “Absolute Beginners” di Colin MacInnes per il movimento, e sulla loro rivalità con i Rockers così ben descritta nel film capolavoro “Quadrophenia” di Franc Roddam, mi limito solo a dire che questa scelta non piacque molto a Roger Daltrey, fan di Elvis Presley e più rocker che mod.
Sarà un’altra figura ad essere cruciale a dare la spinta finale ai veri The Who, quella di Kit Lambert, colto dandy con il fiuto degli affari che riconobbe il talento di Pete Townshend, ne diventò quasi un secondo padre, lo convinse a scrivere le canzoni della band, lo sfinì fino a costringerlo e Pete creò il suo primo brano “I Can’t Explain” .
A partire da questo pezzo non si fermerà più, era nata la versione finale dei The Who, la più grande band rock di tutti i tempi.
Il testo di “I Can’t Explain” seppe intercettare i sentimenti dei ragazzi dell’epoca (ma io direi gli adolescenti di ogni generazione, nel suo descrivere l’incapacità di spiegare agli adulti la propria condizione) e già aveva le caratteristiche che troveremo in molti lavori di Townshend, “Quadrophenia” su tutti: la volontà dello scrittore di lasciare a chi ascolta l’interpretazione del brano, una volontà che l’autore riproporrà in tutta la sua carriera.
Il singolo avrà successo, come lo avrà il successivo “Anyway, Anyhow, Anywhere”, entrambi non verranno inseriti nell’album di esordio, ma la band aveva ormai un seguito e la considerazione degli altri artisti, anche se rischiò di sfasciarsi già agli inizi, un po’ per l’insoddisfazione di Roger Daltrey che mal digeriva che ora fosse Pete Townshend al centro della band, e un po’ per i debiti che avevano contratto per le distruzioni di strumenti e stanze di albergo.
Quando finalmente uscì l’album venne definito da molti il lavoro rock più potente di tutti i tempi, e ancora oggi nel riascoltarlo la batteria potente di Moon, la chitarra unica di Townshend, il basso rivoluzionario di Entwistle, e la voce formidabile di Daltrey, non possono che farci capire come siano stati importanti per generazioni di musicisti dal punk al garage, al rock in tutte le sue varie declinazioni.
Per quanto alcuni brani nel riascolto possono sembrare datati, per l’epoca erano una rivoluzione sia dal punto musicale che dal punto di vista dei testi. Cantare una frase nel singolo “My Generation” come ” I hope I die before I get old (talkin’ ‘bout my generation)” nel 1965 era nuovo ed estremamente punk, come distruggere gli strumenti d’altronde, e per questo saranno tra le poche band che non verranno insultate e ridimensionate dal movimento punk.
Il singolo “My Generation” scalerà le classifiche e raggiungerà il secondo posto in UK, venderà tantissime copie nonostante la censura della BBC, causata dal ripetuto balbettio di Roger Daltrey ritenuto offensivo, tra l’altro non previsto nella stesura originale del pezzo ma accaduto casualmente in sala di registrazione e poi ritenuto ottimo e quindi adottato, e imporrà una band che, mentre i Beatles e i Rolling Stones si muovevano con testi ancora sdolcinatamente adolescenziali, intercettava un malessere generazionale e una protesta che poi si trasformerà in movimenti di tutti i tipi.
L’ importanza dell’album d’esordio e degli Who per la storia del rock è rappresentato dai numerosi riconoscimenti che ancora oggi riceve e dal fatto di aver influenzato e colpito anche grandi artisti dell’epoca come Brian Jones e David Bowie nel suo album di cover “Pin Up” del 1973 inserirà una riuscitissima versione di “I Can’t Explain” e di “Anyway, Anyhow, Anywhere”) per citare solo qualcuno, per avere creato una nuova visione del rock che spingerà tanti giovani a creare nuove band diverse da tutte le altre.
Per quanto molti amino altre band di quel periodo, per me loro restano i più grandi. The Who sono i padrini del punk, sono quelli che hanno dato il via alle grandi opere rock, sono la band che ha ridisegnato l’immagine del rock: “My Generation” è l’album che iniziò la loro leggenda.
Roger Daltrey – voce
Pete Townshend – chitarra, voce
John Entwistle – basso, voce
Keith Moon – batteria, percussioni
Data di pubblicazione: 3 dicembre 1965
Tracce: 12
Registrato: aprile e ottobre 1965
Lunghezza: 36:13
Etichetta: Brunswick Records
Produttori: Shel Talmy
1. Out in the Street (Townshend)
2. I Don’t Mind (James Brown)
3. The Good’s Gone (Townshend)
4. La-La-La-Lies (Townshend)
5. Much Too Much (Townshend)
6. My Generation (Townshend)
7. The Kids Are Alright (Townshend)
8. Please, Please, Please (Brown/Terry)
9. It’s Not True (Townshend)
10. I’m a Man (Bo Diddley)
11. A Legal Matter (Townshend)
12. The Ox (Townshend/Moon/Entwistle/Hopkins)