Dapprima il sistema industriale e successivamente quello di stampo neoliberista e finanziario che, attualmente, governa il nostro mondo, hanno cambiato profondamente il volto delle nostre città , dando vita a creature viventi fatte di asfalto, vetro e cemento armato; esseri che crescono a dismisura, andando ad invadere ogni spazio disponibile, distruggendo ogni forma di soggettività e creando delle opprimenti, mostruose e malsane periferie umane di emarginati, esclusi e reietti che sopravvivono ai limiti della nostra bella società in quella terra di nessuno che, spesso, fingiamo di non vedere e che lasciamo all’ipocrisia dei politici, all’ottusità delle forze dell’ordine ed alla violenza delle organizzazioni criminali.
I Soft Kill guardano alla loro Portland, ma questo discorso potrebbe essere fatto ovunque: la crescita folle e sfrenata ha completamente distrutto gli equilibri naturali di cui anche le città erano parte. Nel nome della tecnologia, del benessere e del progresso abbiamo costruito delle prigioni a cielo aperto in cui i più deboli ed i più indifesi hanno pagato sovente il prezzo più alto.
Quanti amici abbiamo perduto lungo il cammino? Quante volte abbiamo rischiato di sprofondare nel baratro e perderci per sempre?
La band americana si lascia trasportare da queste esperienze di vita vissuta, crude, drammatiche ed oscure, le diluisce nelle sue melodie fascinose e vibranti, nelle accattivanti linee ritmiche, nei testi criptici e romantici, nelle sonorità perennemente in bilico tra dark, shoegaze e post-punk, tentando di mostrarci le verità nascoste, spronandoci a guardare oltre quel velo grigio di conformismo e perbenismo che riveste le strade, i centri storici, le periferie, i parchi ed i quartieri delle nostre città .
I Soft Kill toccano con mano la solitudine delle persone, le loro perdite, la loro immensa disperazione, la voglia di evadere dal proprio inferno, il conseguente abuso di droghe, la dipendenza che ti abbruttisce, ti disumanizza ed infine ti uccide. Nel frattempo la loro Portland diventa uno dei centri nevralgici delle proteste sociali che infiammano la nazione, che tentano di riportare al centro del discorso l’essere umano ed i suoi bisogni primari: la salute, la famiglia, il lavoro, la scuola, la sicurezza, perchè, nonostante le difficoltà e il dolore, nonostante i torti e le ingiustizie subite, le persone hanno il dovere di non perdere mai la speranza, di non rinunciare ai propri diritti e soprattutto di difendere la propria dignità ad ogni costo.
Il disco, quindi, racchiude in sè anche un messaggio politico positivo; nonostante il suo sguardo brutale e realista nei confronti del mondo che anche noi, accecati dal profitto, abbiamo contribuito a costruire, ci ricorda che abbiamo sempre la possibilità di scegliere e comportarci diversamente.
Credit Foto: Sam Gehrke Photography