Sasha Torrisi da tempo non è più ormai soltanto l’ex cantante dei Timoria, colui che ebbe l’onere di rappresentare il dopo-Renga, la cui voce aveva segnato gli anni novanta del rock italiano. Per quanto con la band bresciana capitanata dal leader Omar Pedrini avesse dignitosamente assolto il compito, una volta scioltosi quel fortunato sodalizio, per lui si era aperto un punto interrogativo ma con la certezza che la musica avrebbe continuato a caratterizzare la sua vita.
A distanza di undici anni dal suo precedente lavoro “Un nuovo me”, il primo da solista, Sasha è tornato in pista con “Itaca”, un nuovo Ep che è tutto un programma e che promette cose molto interessanti per il futuro.
L’occasione era assai propizia per contattarlo e farci raccontare dalle sue parole cosa significa per lui questo nuovo inizio
Ciao Sasha, buongiorno, come stai? Da dove ci stai rispondendo?
Ciao Gianni, sto bene grazie a Dio, pieno di energia. In questo momento mi trovo sulla strada per Venezia.
Sono curioso di sapere qualcosa su questo nuovo lavoro in studio che segna il tuo ritorno discografico. Si chiama “Itaca”, cosa intendi comunicarci con questo progetto? Cosa rappresenta per te?
Questo Ep rappresenta, come il titolo stesso può suggerire, un viaggio richiamando appunto Ulisse, ma è un Ulisse contemporaneo, con le problematiche di oggi, che è alla ricerca di un qualcosa in più per sè stesso. Alla fine del viaggio il protagonista ritrova la sua Itaca dentro sè stesso, quindi fondamentalmente è una sorta di viaggio interiore, alla ricerca di un equilibrio personale. Il tema del viaggio fisico ma anche spirituale ricorre in me già da tempo, non soltanto nella vita reale e in questo progetto artistico, ma anche nelle diverse sfaccettature dell’arte che mi vedono coinvolto.
Quindi mi dici che più che l’arrivo in se’, la meta, sia importante il viaggio stesso nella tua vita e in questo disco?
Le tappe del viaggio non solo sono importanti, ma diventano fondamentali perchè sono gli episodi di vita che ti fanno crescere e ti fanno capire quali decisione prendere per te stesso, con tutte le potenzialità e le fragilità di ognuno di noi. E’ un disco tendenzialmente autobiografico ma ho voluto utilizzare un linguaggio diciamo nazional-popolare per poter fare in modo che ognuno degli ascoltatori si potesse rispecchiare e ritrovare nelle mie parole, nei miei testi.
Infatti da’ l’idea di essere universale il tuo linguaggio, in cui facilmente una persona si possa riconoscere ed è un linguaggio che si sposa bene con la musica. E qui credo che si noti bene il tuo essere in primis un musicista, perchè ci sono degli interessanti spunti cantautorali ma il tutto inserito in un versante musicale piuttosto ricco: c’è una bella melodia di fondo, ci sono dei suoni ben lavorati. Mi pare emerga la tua musicalità , come hai ottenuto questo risultato?
Certo, assolutamente, quello che dici è vero. Ho cercato di incastrare tutto, anche con l’aiuto di uno staff che mi ha supportato, sia smorzando a volte le mie “follie”, sia soprattutto intercettando le idee più a fuoco, perchè il progetto è nato con un sound un po’ anni settanta, anche se in realtà ho voluto sperimentare, pur mantenendo quello spirito lì, un po’ di elettronica e mischiare nel tutto quel rock che mi accompagna in fondo da sempre. Inoltre ho strizzato l’occhio a un moderno prog che trae le sue radici dai gruppi italiani degli anni “’70 quali Le Orme, il Banco, la PFM, quello fu un periodo storico importante della musica sperimentale italiana.
Senti Sasha, tu hai un lungo percorso alle spalle e con la risposta precedente mi hai dato un gancio (accennando al recupero di sonorità prog), per parlare della tua esperienza con i Timoria dove già avevate esplorato a livello musicale quel mondo lì, quindi alla luce dei fatti attuali mi viene da pensare che all’epoca non fosse soltanto un’emanazione di un singolo, ma una cosa condivisa anche da te. Io ci sento degli echi del tuo vecchio gruppo in questo nuovo Ep, sbaglio?
Sì, l’esperienza con i Timoria è stata importante per me ed è stato fondamentale anche il mio approccio artistico e umano con la band, dal mio arrivo allo scioglimento della stessa.
Tu al periodo di fatto eri un ragazzo appassionato di musica, cantavi già ma l’entrata nei Timoria ha rappresentato il tuo battesimo di fuoco a livello professionale: è stato difficile avventurarsi in questo mondo? D’altronde eri entrato in un gruppo rodato che già aveva fatto successo e la storia dice che hai dato il tuo contributo con degli album che sono veramente molto ispirati. Ripensandoci, come sono stati quei giorni?
Beh, quei dischi sono entrati nella storia della musica italiana, in particolare il mio secondo album inciso con loro, “El Topo Grand Hotel”, del 2001, che conteneva il singolo “Sole spento”. Quello ha veramente fatto breccia non soltanto nei cuori dei giovani dell’epoca ma soprattutto è stata quella canzone la bandiera di una generazione. Sono assolutamente orgoglioso di essere entrato, anche se in punta di piedi e in piccola parte, nella storia di una generazione che ha vissuto i primi anni del nuovo millennio; era un periodo di grande fermento artistico per la musica italiana, anche se ripensandoci ora si stava già evolvendo in maniera diversa, però quello è stato forse l’ultimo baluardo di orgoglio della musica rock italiana.
Che poi tu come dicevi, sei entrato in punta di piedi ma subito a calcare palchi importanti, tra concerti veramente enormi, festival, la partecipazione in gara a Sanremo, diciamo che non hai avuto neanche tanto il tempo di realizzare di essere passato da una dimensione all’altra.
E’ vero perchè è stata una cosa fulminea praticamente, dal suonare nei pub a trovarsi tre anni dopo a essere su un palco insieme agli U2, insieme a Vasco addirittura, oppure come hai ricordato a Sanremo che per ogni musicista italiano, checchè se ne dica, è un traguardo importante. Uno può apprezzare o meno la kermesse ma il Festival di Sanremo racchiude sempre un fascino particolare per ogni artista. Il percorso con i Timoria, racchiuso in sette anni in cui abbiamo realizzato quattro album, è stato se ci pensi veramente velocissimo sul piano temporale ma in ogni caso intenso e fondamentale anche per la mia crescita professionale successiva. Mi ha dato il background giusto, la spinta necessaria per elaborare poi nel periodo successivo un modo di lavorare professionale, prendendo spunto da ciò che avevo vissuto e che mi era accaduto insieme ai ragazzi.
Ecco, prima di questa parte di carriera solista appunto che avevi iniziato diverso tempo fa (il tuo precedente album risale a più di dieci anni fa), nel mezzo c’è stato questo progetto che hai portato avanti sulle canzoni di Lucio Battisti. Che esigenza è stata questa? Tu potevi non dico avere la strada spianata perchè nel frattempo l’industria discografica stessa è cambiata, ma credevo che avresti speso il tuo nome in maniera diversa, invece hai atteso un bel po’ prima di buttarti come “Sasha Torrisi”, con nome e cognome e con canzoni tue. Cosa ti ha lasciato e a cosa ti è servita quell’esperienza lì da One man band, interpretando canzoni dell’immortale Battisti?
Notavo che anche con il mio disco precedente, che si chiama “Un nuovo me”, risale a undici anni fa, era in ogni caso un ripartire da capo. Comunque in questo lasso di tempo sono stato molto impegnato con un’altra band importante che si chiama Rezophonic, con la quale ho realizzato tre album e fatto dieci anni di tour, siamo in pratica sempre stati in giro per l’Italia a fare concerti di qua e di là , con lo scopo di costruire pozzi d’acqua in Africa in una zona molto arida in cui non c’è nulla. A parte questo ho continuato anche a lavorare ad altri progetti, ad aiutare alcuni amici musicisti con cui ho collaborato dal punto di vista della produzione ecc, senza contare il fatto che non mi sono mai fermato nemmeno dal punto di vista pittorico, avendo realizzato qualcosa come 500 quadri e ne ho venduti parecchi tra l’altro: insomma, ho sentito l’esigenza di esprimere la mia arte anche in un altro modo. Il progetto su Lucio Battisti in realtà doveva essere estemporaneo, una cosa fine a se’ stessa, invece poi ha preso piede. E ti dico che col senno di poi è stata la scelta giusta per me, perchè uscire con un mio progetto e portare le proprie canzoni magari davanti a 50 persone, con tutte le difficoltà economiche del caso, in quel momento sarebbe stato controproducente, specie in quel periodo discografico molto difficile per la musica italiana. Invece dedicandomi al progetto su Battisti e riuscire così a mantenersi e vivere dignitosamente, riuscendo oltretutto a mantenere altre famiglie, le famiglie cioè della mia band e dei miei collaboratori, soprattutto riuscire a crearsi uno zoccolo duro di persone che viene a sentirti, dandomi dei riscontri, è stato importante. Dopo i Timoria infatti ho dovuto ricostruirmi tutto ancora daccapo, fare una nuova gavetta e vedere in quel momento che la gente apprezzava “Sasha Torrisi”, e non “Sasha Torrisi l’ex Timoria” e avere le piazze, i palazzetti o comunque i contesti dove andavamo a suonare sempre pieni, è stata una bella gratificazione e mi ha dato la possibilità di essere me stesso, di rappresentare me stesso. Adesso il momento era finalmente giusto per poter uscire con un disco nuovo e ho raccolto quello che è stato il mio percorso degli ultimi anni. Non ho voluto godere troppo di ciò che stavo costruendo ma mettermi sempre in discussione, in gioco. In questo senso ho dovuto perdermi nel mondo per poi ritrovarmi, ritrovare me stesso e il mio equilibrio. Questo album arriva dopo una forte ricerca interiore, non soltanto sonora ma proprio spirituale.
Adesso è tutto più chiaro. Leggo nelle note che comunque la componente artistica è ancora bene in evidenza, perchè hai fatto un bel lavoro, coinvolgendo anche diversi artisti dietro la realizzazione di questo progetto, tra videoclip, grafica e altre cose. E’sempre importante quindi questa tua altra faccia della medaglia?
Sì, appunto, volendo avrei potuto realizzare le grafiche della copertina, del libretto interno che accompagnano i testi, essendo anche pittore, però ho deciso di coinvolgere altri artisti per far sì che questo disco non fosse soltanto un lavoro musicale ma anche un contenitore culturale, dove far confluire varie forme, varie sfaccettature dell’arte. Scrivendo lo stesso concetto di “Itaca” e della ricerca interiore, e del viaggio soprattutto, attraverso i diversi linguaggi.
Abbiamo tirato in ballo più volte il viaggio interiore, in un periodo storico in cui, ahimè, i viaggi non li possiamo molto fare. Come hai vissuto questa forzata rinuncia a esibirti, a spostarti (tra l’altro tu eri stato anche all’estero con le tue mostre)? Stai creando, sei riuscito a canalizzare quello che provi mediante l’arte oppure sei rimasto fermo?
Per quanto riguarda la prima ondata, nel lockdown ho lavorato veramente tantissimo a realizzare nuovi quadri ed è andata anche bene dal punto di vista delle vendite, soprattutto lavorando online e questa cosa di internet e della tecnologia ha aiutato parecchio; diverso è per la musica, nel senso che il disco sarebbe dovuto uscire il 10 aprile e abbiamo rimandato in accordo con tutto il mio staff e il mio ufficio stampa a fine settembre, pensando ci fosse una possibilità (con tutti i limiti di questo momento) di portare fuori il progetto e far ascoltare così le canzoni nuove. Questo non è stato per il momento ancora possibile purtroppo e quindi c’è stato un ulteriore slittamento del lavoro, perchè il vero progetto, l’idea di “Itaca” è di fare uscire due dischi, due Ep contenenti cinque canzoni l’uno. Il viaggio perciò proseguirà con un altro Ep che fondamentalmente è già pronto, non su disco perchè dobbiamo ancora registrarlo ma abbiamo già le canzoni, tutti gli arrangiamenti, è già tutto deciso. Sai, in questo momento è molto rischioso, essendo oltretutto un disco autoprodotto, mettermi in gioco economicamente nella produzione, non si tratta di due soldi, ma di investire parecchio se vogliamo un lavoro fatto bene, quindi attualmente stiamo navigando a vista.
Si torna però a lavorare un po’ come una volta, quando si dava tanto valore al singolo, si fanno piccoli passi e poi magari il disco quando uscirà ne beneficerà , credi sia possibile?
Lo spero, infatti ho voluto fare questa cosa anche da questo punto di vista mediatico perchè se esce un disco di 10/12 canzoni o 15 che dir si voglia, solitamente viene preso in considerazione il primo singolo, al massimo il secondo e il resto (a parte chi comprerà il disco che le conoscerà tutte), andrà tutto nel dimenticatoio. Invece agendo così, cosa succede? Che dividendo il disco in due, in questo momento storico della discografia italiana, c’è la possibilità che in questo modo il lavoro abbia più riscontro mediatico e soprattutto è bello dare un qualcosa in più, perchè c’è un primo Ep, un secondo Ep e in contemporanea a questo farei uscire un vinile in edizione limitata, numerata, quindi anche un oggetto da collezione. Soprattutto il vinile sta tornando oggi di moda, e forse non è mai passata: d’altronde sono convinto che l’ ascolto di un disco che è stato fatto con certi criteri di attenzione, sul vinile ottenga ovviamente tutto un altro effetto.
Tu hai mai pensato di provare un talent, spendendo il tuo nome magari in questo modo per rilanciarti? Parlo in veste di concorrente, non so se magari qualcuno ti ha interpellato anche come giudice. O intendi proseguire magari la strada più difficile ma probabilmente più autentica per te?
Non ho avuto nessun aggancio con quel mondo, e sinceramente dopo l’esperienza con i Timoria ho cercato di centellinare il più possibile l’esperienza in televisione. Mi affascina molto di più la radio, mi affascinano ancora i giornali rispetto alla tv: tutto in quel caso ha un sapore completamente diverso, una poesia spesso anche nel modo di raccontare e di immaginare, far trasportare gli ascoltatori, mentre la televisione mi sembra sempre più splatter.
Mi attendevo una risposta così da parte tua, ma ci sono tanti della tua generazione che farebbero ancora carte false e diversi compromessi per rilanciarsi in quella maniera lì, non trovi?
Mah, mai dire mai nelle cose perchè poi fai inevitabilmente brutte figure nel momento in cui in effetti ci vai, però diciamo che dall’epoca della fine del mio rapporto con i Timoria, con l’inizio della mia carriera solista fino a oggi non ho mai preso in considerazione sinceramente un futuro del genere, legato alla televisione e all’immagine. Io spero di essere ricordato anche dalla nicchia, quando non ci sarò più, per le canzoni che ho fatto e non per la faccia che ho. Per un artista vero credo sia la cosa più importante! Adesso, senza fare nomi e cognomi, credo ci siano degli artisti italiani in voga che conoscono tutti, dai ragazzini ai pensionati, e in realtà nessuna di queste persone o una piccolissima parte conosce soltanto anche solo una loro canzone, perchè nel frattempo sono diventati soprattutto dei personaggi televisivi.
Uno l’hai sostituito anche tu eh?
Beh, no dai, non scherziamo: Francesco Renga ha avuto il suo percorso, le sue canzoni, può piacere o non piacere artisticamente, di sicuro ha avuto una svolta più commerciale ma non si può dire che quando uno nomina Francesco non gli venga in mente qualche bella canzone che ha avuto successo, anche solo semplicemente “Angelo” con cui ha vinto a Sanremo nel 2005, un ottimo brano. Io mi riferivo ad altri personaggi che non si sa nemmeno quali siano le loro canzoni però sono strafamosi dal punto di vista mediatico. Ecco, io vorrei proprio (e ci tengo a ribadirlo) che fossi ricordato per altro, non ho l’esigenza o la premura di essere riconosciuto, di essere fermato per strada e firmare autografi, preferisco che i miei seguaci, chi ascolta la mia musica, anche se non sanno che faccia abbia, possano apprezzarmi per la parte artistica.
Hai sempre avuto un background italiano o da amante del rock o del prog avevi anche dei modelli stranieri che magari vuoi buttare dentro alla tua musica anche solo come rimando e come vissuto?
Dal punto di vista cantautorale sì, mi rifaccio soprattutto alla musica italiana e non è soltanto Battisti che ho reinterpretato, penso anche a Ivan Graziani, a tantissimi artisti italiani che hanno lasciato un segno importante nella scrittura, mentre per la musica straniera il mio mondo di riferimento è soprattutto più anglosassone che non americano, si va dai Beatles a molto altro.
Infatti c’è un po’ di britpop nelle tue nuove canzoni che mi pare di cogliere seppur in lontananza.
Sì, ma poi c’è anche un mio lato molto più energico che emerge soprattutto nei live e questo viene un po’ dal mio background zeppeliniano, oppure tante cose tendenzialmente più prog, psichedeliche arrivano più dai Pink Floyd e da quel mondo lì. Per cui questo è stato il mio background fondamentale, poi nella mia vita da ragazzino ventenne diciamo che ho vissuto appieno i primi anni ’90 e quindi sono stato folgorato come tanti di noi, della mia generazione, dalla svolta rock ribattezzato come grunge. Il periodo grunge per me è stato molto importante, dagli Alice in Chains, Soundgarden, Pearl Jam, Nirvana, quello è stato un momento importante, queste band le ho viste tutte dal vivo, questi personaggi emanavano una forza dirompente.
E’ stata una stagione davvero d’oro per il rock che non credo tornerà più con questo impatto qua, sinceramente.
Si arrivava da un rock più pettinato (tra questi forse quelli più spettinati erano i Guns’n Roses) se penso a questi gruppi con i capelli vaporosi, come i Bon Jovi, i Poison, i Motley Crue, e tutto è stato poi spazzato via dalla semplicità e dall’essere molto se’ stessi, terra terra, del genere grunge che si è imposto in quel momento e forse ce n’era davvero bisogno, di meno struttura e più sostanza.
Se tu rivedessi quel ragazzo di allora e tornassi indietro, sei contento di aver esaudito i tuoi sogni perchè stai vivendo di musica, hai fatto di una band italiana che ha fatto la storia, o non pensavi di avere una vita nel mondo del rock?
Ti sembrerò altezzoso e sbruffone ma l’ho sognato più volte e ne ero quasi convinto, conoscevo le mie potenzialità , soprattutto quelle caratteriali per cui sono una persona che può avere un talento più o meno marcato ma sono uno che quando prende un obiettivo e se lo mette davanti diciamo che cerca in ogni modo di raggiungerlo, mantenendo allo stesso tempo un’integrità umana importante. Voglio pensare fino all’ultimo dei miei giorni di guardarmi allo specchio e di riconoscermi, non venderei mai la mia anima per il successo.
Direi che dalle tue parole sincere traspare proprio questa esigenza e questa volontà . Siamo quasi al termine, noi di solito chiediamo all’intervistato di segnalarci un artista o un album che vale la pena di ascoltare e che ti ha segnato particolarmente, e di indicarci inoltre una canzone del tuo album per suggellare questa nostra chiacchierata. Prego, siamo tutt’orecchi!
Allora, per quanto riguarda un disco che vorrei consigliare facendo un tuffo nel passato, è uno che pochi conoscono, se non gli appassionati di Lucio Battisti. Molto sperimentale, uscì nei primi anni settanta ma è ancora attualissimo, a cui tutt’oggi molti gruppi rock italiani attingono a piene mani dal punto di vista artistico: questo disco si chiama “Anima latina”. Non ha avuto neanche un singolo radiofonico, nè tanto meno un successo di massa ma culturalmente è un lavoro pregno di molte cose. Per quanto riguarda “Itaca” invece, nonostante sia già uscito il singolo “La mia prigione”, nonostante stiamo per uscire con un secondo singolo che si intitola “Senza rimpianto” con un nuovo videoclip, mi sento di consigliare proprio la canzone che da’ il titolo al disco, che è “Itaca” appunto e che chiude anche il lavoro.
Mi hai dato un ultimissimo input, citando i videoclip e vorrei chiederti cosa rappresenta al giorno d’oggi, nel 2020, fare un videoclip, visto che i tuoi sono sempre particolarmente curati. Una volta c’erano MTV, Video Music e molte altre tv musicali, adesso che funzione si ritrova ad avere il classico video che accompagna la canzone?
Io diciamo che sono sempre molto legato comunque a quello che è il linguaggio di qualche anno fa e quindi per me il videoclip rimane molto importante. Oggi ovviamente c’è un modo diverso di comunicare ma cerco di fare l’uno e l’altro: pur attento ai nuovi linguaggi della tecnologia, voglio continuare a realizzare dei videoclip anche facendo degli sforzi, perchè mi piace che la musica sia rappresentata in parte da questa ulteriore forma d’arte che è il cinema.
Un grosso in bocca al lupo a Sasha per il prosieguo della sua carriera, un artista che come ci ha fatto capire vive in simbiosi con la sua musica e la sua arte.
Credit foto: Diego Feltrin
Tanti auguri a meeeee 🥳 tanti auguri a meeeee 🥳 tanti auguri caro meeeee 🥳 tanti auguri a meeeee… zan zan 🤩
Oggi, se non si è capito, compio gli anni 💅
#happybirthdaytome #sashatorrisi #partytimePubblicato da Sasha Torrisi – Official su Giovedì 10 dicembre 2020