L’esistenza di brani mai pubblicati era cosa ben nota ai numerosissimi fan di Moltheni, e questa uscita è un po’ un regalo che Umberto Maria Giardini concede loro, dopo anni di continui solleciti a cui era stato, tutto sommato piacevolmente, sottoposto.
Il progetto Moltheni è ormai chiuso da tempo, sostituito dalla carriera solista e dagli ottimi Stella Maris, la band che ci ha entusiasmato con l’omonimo album (qui potete leggere la nostra recensione del 2017 ), e che sembra sia al lavoro per l’attesissimo seguito, previsto per l’autunno 2021.
Insomma in questi anni tutti gli amanti della poesia di Umberto Maria Giardini hanno avuto modo di deliziarsi con nuove canzoni, ma l’arrivo di un nuovo album firmato Moltheni è comunque un evento irrinunciabile.
Il titolo dell’album ribadisce come il progetto Moltheni sia definitivamente defunto, “Senza Eredità ” sta ad indicare proprio questo, l’assenza di eredi e l’assenza di un testamento. Questo lavoro è semplicemente una piacevole occasione per ripercorrere e ripensare a una carriera, attraverso canzoni trascurate e dimenticate.
Una tipologia di album che personalmente amo molto, quando un artista pubblica le b-side o i brani non inseriti negli album capita spesso di ascoltare perle nascoste e riscoprire le modalità di scrittura musicale che l’autore ha avuto nei momenti diversi della sua carriera, una specie di best of al contrario, sempre pieno di sorprese.
Umberto Maria riunisce un po’ di artisti, nelle modalità in fondo che hanno contraddistinto tutto il percorso Moltheni, che può essere inteso come un collettivo gravitante attorno alla sua figura, e, a volte pescando nella memoria, rielabora le canzoni perse del suo passato artistico, quelle scartate che, con onestà , ripropone tirate a lucido.
E’ molto bella la copertina dell’album, diversa dalle solite di Moltheni. In questo caso abbiamo un collage di sue vecchie foto personali, con in evidenza un piccolo Umberto Maria alle prese con il suo primo strumento, un tamburino da banda di paese e le foto della sua famiglia.
“Senza Eredit” apre le danze con “La mia libertà “, brano inedito e abbastanza recente, visto che è stato scritto nel periodo della tragedia del ponte Morandi di Genova, riferimento che troviamo anche nel testo “…guardavamo felici in cima a un monte, il panorama con le vipere mentre crollava il ponte, oggi cerco ancora la mia libertà …”.
In questo pezzo l’autore traccia l’impossibilità di essere liberi e di distaccarsi completamente causa l’inevitabile coinvolgimento che la realtà esige, una tendenza anarchica che viene masticat, digerita e riproposta in una veste mediata.
“Ieri” è stato scelto come singolo per anticipare questo album, un brano che già conoscevamo bene perchè suonato in molte occasioni negli ultimi live del 2010: anche se posso capire, non lo avrei scelto come singolo anticipatore o comunque lo avrei riarrangiato diversamente, rivedendo l’andamento da marcetta valzer.
La palma di mia preferita va ad altri brani, in primis a “Estate 1983”, per come descrive un momento che è anche un ricordo (ancora più forte vista la mia vicinanza geografica e anagrafica con lui) che accomuna gli adolescenti che nelle estati degli anni 80, sulle coste marchigiane, spesso prendevano cotte per le ragazze straniere che venivano in vacanza. Umberto Maria lo fa con delicatezza, ma con un testo maggiormente diretto e immediato, come fossero dei flashback di un momento puro e spensierato, “…baciarci di trafugo ignari che le lingue si debbano toccare… complice era tua cugina del nostro primo amore ignorare il tempo asciugare i piedi al vento ignorare il tempo…“, allora si dava poca importanza al tempo che passava come fosse una risorsa infinita, oggi il tempo lo si ignora ma con motivazione diverse, brano scritto nel 2008, toccante e musicalmente affascinante.
C’è una certa presenza di brani che parlano di amore in modo diretto e, a volte, come pretesto per altre riflessioni, con un andamento guitar-pop, canzoni che hanno la capacità di farci ripiombare nei vari periodi della sua passata carriera: ci fanno realmente ripercorrere il decennio di produzione 1999-2009 di Umberto certificando come, anche i brani accantonati, fossero validi.
L’album scorre piacevolmente e ci riporta alle sensazioni che ci ha sempre dato un disco di Moltheni, con episodi molto riusciti come “Ester”, “Nere geometrie paterne”, “Il quinto malumore” e “Spavaldo”, con il suo ritornello che ti si appiccica addosso: “…Come me lo dirai ora Con le mani dentro al petto..“, ci si ritrova improvvisamente a canticchiarlo.
Umberto è bravo a ricostruire questo periodo della sua carriera artistica, ripescando uno stile di scrittura che poi nella sua carriera solista si è evoluto, e sotto vari aspetti risulta essere ora decisamente diverso.
Questo forse potrebbe essere un nuovo senso del titolo dell’album “Senza Eredità “, non tanto l’assenza di autori capaci di proseguire un certo tipo di lavoro artistico, ma piuttosto l’indicazione di come, in un contesto musicale come quello attuale, siamo di fronte ad un appiattimento culturale e sociale che rende difficile e mortifica la crescita di visioni artistiche personali.
In parte forse è vero, ma in realtà il panorama musicale italiano e, direi, mondiale io lo vedo già in trasformazione e sono convinto che eredi, intesi come continuatori di una certa attitudine e un approccio artisticamente sincero alla musica, stiano già nascendo.
Umberto Maria ci ha fatto saper che per la realizzazione di questo album ha ulteriormente scartato una decina di brani, quindi possiamo anche sperare in un “Senza Eredità 2”, ma per ora godiamoci questo ritorno, con un pizzico di sana nostalgia.
Foto di Daniele Franchi