Michael David Rosenberg, meglio conosciuto come Passenger, è tornato con il tredicesimo (sì, avete capito bene), studio album dal titolo “Songs For The Drunk And Broken Hearted”.
Dieci nuove tracce inedite che si pongono sulla scia di “Patchwork” (2020), produzione super intima frutto della quarantena e dell’isolamento, pubblicata dall’artista esclusivamente in formato digitale a scopo di beneficienza.
Il titolo dell’album è eloquente: il noto cantautore di Brighton è alle prese con una recente, dolorosa separazione che lo ha portato a comporre, in un procedimento in qualche modo catartico per sè e per chi ascolta, musica pregna di quei sentimenti tanto comuni quanto complessi da gestire come la solitudine, il senso di smarrimento. Insomma, tutte quelle domande senza risposta che ognuno di noi ha sperimentato, almeno una volta nella vita, alla conclusione di una relazione.
Il mood dell’intera produzione viene enfatizzato anche dalla trilogia di videoclip che hanno accompagnato l’uscita dei tre singoli estratti dall’album,(“A Song For The Drunk And Broken Hearted”, “Suzanne” e “Remember To Forget”), in cui vediamo Passenger e la sua band che si esibiscono in un bar di provincia semivuoto con aria triste e dimessa, travestiti da clown.
L’album si apre con “Sword from the Stone”, un brano dal ritornello ipnotico tutta incentrata su quel senso di immobilismo tipico della fine di una relazione, una trasposizione in testi e musica chiara e diretta di chi prova ad andare avanti ma “non riesce a tirar fuori la spada dalla roccia”.
Si prosegue con un intreccio di chitarre acustiche ed elettriche, fiati ed archi che si rincorrono, si fondono e permeano l’intero album assieme alle percussioni, a tratti melanconiche a tratti più energetiche (“Remember to Forget”, “Tip of My Tongue”) . A fare da padrona, va detto, è la voce dal timbro inconfondibile di Rosenberg, che lo ha reso una star dai tempi della hit globale “Let Her Go”.
Spiccano, tra tutte, “Sandstorm”, crasi perfetta tra un testo di tutto rispetto e una composizione musicale importante e impreziosita da cori, fiati ed archi che la rendono quasi cinematografica dall’alto dei suoi 5 minuti di durata; “The Way That I Love You”, una ballad à la David Crosby, tutta riff acustici e linee vocali dolcissime; e infine “London In The Spring”, splendida chiusa di un album fortemente sentimentale.
Passiamo alle note dolenti: a mio modestissimo parere, Passenger resta un artista da ascoltare a piccole dosi, altrimenti si rischia di annoiarsi per via dei temi triti e ritriti e della struttura sovrapponibile e perennemente malinconica, seppur funzionale, delle sue composizioni voce-chitarra. Per questi motivi, l’album rappresenta non una qualche evoluzione del suo stile ma la continuazione del suo precedente percorso che, per il momento, sembra essere un po’ un girare in tondo.
“Songs For The Drunk And Broken Hearted”, e qui chiudo, è esattamente cuò che dichiara di essere: una raccolta di canzoni in cui tutti i romantici dal cuore spezzato possono rintanarsi. Uno spazio sicuro in cui sentirsi compresi e meno soli. è musica malinconica da ascoltare quando ci sentiamo malinconici, senza alcuna pretesa di star meglio.
Perchè alla fine “it’s ok not to be ok”, almeno qualche volta.
Credit Foto: Zachary Walters