Uscito poco più di un mese fa questo debutto dei Cower, un nuovo collettivo britannico composto in realtà da gente più che conosciuta come Gareth Thomas (USA Nails, Silent Front), Wayne Adams (Petbrick, Death Pedals, Big Lad) e Thomas Lacey (Yards, The Ghost of a Thousand) che hanno messo insieme le loro esperienze forgiate nei rispettivi gruppi base provenienti da ambienti garage punk post-punk e krautrock per dar vita a “Boys”, full-length che si muove su territori di pregiato e deciso noise-rock dalle atmosfere gothic-rock e gemme di post-punk.
Edito dalla label Human Worth – che ha deciso di donare il 10% dei proventi all’ente di beneficenza Hackney Food Bank che fa parte di una rete nazionale di banche alimentari, supportata da The Trussell Trust, che lavora per combattere la povertà e la fame in tutto il Regno Unito – il disco, registrato nello Bear Bites Horse Studio di Wayne Adams, si snocciola in trenta minuti nei quali è davvero arduo scegliere quale brano preferire dove a fare da apripista ci pensa l’elettro ipnosi di “Tight Trousers And A Look Of Intent”, tanto oscura quanto le martellanti plettrate di basso che meste accompagnano le incasinate note di proto-punk della successiva “Proto-Lion Tamer” che condivide con “Enough” quell’irrequietezza che esce fuori dagli amplificatori tra pesanti battute di chitarra e basso di stampo punk-noise.
Le ambientazioni gotiche prendono il via con “Arise You Shimmering Nightmare” nella quale un inquietante pianoforte fa da sottofondo alla voce sinistra di Thomas mentre un sibilo elettronico suona funereo e conduce all’altra marcia lenta ed inesorabile della bellissima “Saxophones By The Water” che richiama gli Editors più cupi, almeno fino agli incalzanti droni di “Midnight Sauce”, in un crescendo di synth e pelli impazzite.
Il ritmo del disco è sempre serrato e ben messo a fuoco con arrangiamenti creativi e mai eccessivi come ad esempio nel brano più “alt-rock” del lotto “Fog Walker”, energico e con una tosta dose di riverberi di basso che, invece, si concedono a chitarre taglienti e batteria corposa unite al ritorno lieto del pianoforte in “For The Boys”, per poi finire questo succulento viaggio nella potente closing track industrial “Park Jogger”, intrisa di piacevoli risvolti shoegaze.
Siamo di fronte ad un disco eccezionale, non scontato e perfettamente equilibrato, capace di tracciare la giusta linea tra calma apparente e potenza manifesta, il tutto confezionato con maestria e accuratezza.
Credit Foto: Keira Anee