Rendiamo onore ai Paradise Lost: nel corso di una carriera che prosegue ormai da una trentina d’anni, sono sempre riusciti a conservare e a difendere la propria personalità nonostante la mole impressionante di generi con i quali si sono messi alla prova. Tra tante evoluzioni e, purtroppo, anche qualche involuzione, la band britannica ha custodito come un tesoro un’identità immediatamente riconoscibile, che si trattasse di falcidiare le anime degli ascoltatori con i suoni plumbei del death-doom o lambire il mainstream con un più accessibile hard rock melodico dalle sfumature elettroniche. Per farvela in breve: il linguaggio cambia di disco in disco, ma la cifra stilistica resta inamovibile o quasi. Un’impronta profonda e incancellabile che emerse in maniera davvero chiara, per la prima volta e nella sua forma probabilmente più pura, nell’immortale “Gothic”.
è un pugno allo stomaco o una carezza sul viso? Nelle dieci tracce che compongono il secondo album dei Paradise Lost c’è un equilibrio perfetto tra la forza bruta di un heavy metal cupo e asfissiante e l’eleganza di melodie oscure e dal taglio decisamente malinconico, quando non addirittura deprimenti. Una formula che in seguito il gruppo avrebbe riproposto in più occasioni, ma sempre in toni e proporzioni diverse. Qui la troviamo in uno stato ancora estremamente grezzo ma proprio per questo affascinante, perchè priva di quelle raffinatezze che avrebbero rischiato di trasformarsi in un freno alla creatività .
La qualità indubbiamente scarsa delle registrazioni finisce quindi per rappresentare un punto di merito per “Gothic”: dove non c’è nitidezza dominano le ombre, che come un velo avvolgono questi quaranta minuti scarsi di impenetrabile tristezza. Tra le articolate trame melodiche intrecciate dalle chitarre di Gregor Mackintosh e Aaron Aedy, protagonisti assoluti del lavoro, non si intravede il benchè minimo spiraglio di luce. C’è spazio solo per l’atroce sofferenza di un Nick Holmes che letteralmente si spappola i polmoni con un growl cavernoso e brutale, anche se di tanto in tanto “addolcito” dai soavi interventi dal gusto operistico di Sarah Marrion.
Gli inserti di voce femminile e orchestra sintetica, per quanto non frequentissimi, aggiungono un pizzico di umanità alle tenebrose “Gothic”, “Dead Emotion” e “The Painless”: è come assistere a una danza tra una delicata donzella e un mostro spaventoso e grondante sangue, pronto ad azzannarla al momento buono. Tra riff granitici, armonie solistiche all’unisono, lunghi passaggi strumentali, sfuriate in salsa death e rallentamenti pieni di atmosfera, i Paradise Lost costruiscono un universo doom metal caratterizzato da un continuo alternarsi di emozioni calde e fredde; un perenne contrasto capace di dare colore anche ai momenti più ferocemente pesanti (“Rapture”, “Shattered” e “Falling Forever”, giusto per citarne tre particolarmente riusciti).
Un sound difficile da decifrare, poichè romantico e macabro al tempo stesso. La definizione più adatta, comunque, ce l’hanno regalata proprio i Paradise Lost: fedele al titolo, “Gothic” è un disco gotico fino al midollo. Avvincente e intenso, come fosse un romanzo ottocentesco popolato da demoni e vampiri.
Data di pubblicazione: 19 marzo 1991
Tracce: 10
Lunghezza: 39:24
Etichetta: Peaceville Records
Produttore: Keith Appleton
Tracklist:
1. Gothic
2. Dead Emotion
3. Shattered
4. Rapture
5. Eternal
6. Falling Forever
7. Angel Tears
8. Silent
9. The Painless
10. Desolate