Postdata è il nome del side project dell’artista canadese Paul Murphy, già  frontman della band indie rock Wintersleep, attiva dal 2001.

“Twin Flames” è il terzo album in studio del progetto, che si colloca dopo il self titled album, pubblicato nel 2010, e “Let’s Be Wilderness” del 2018.
Rispetto ai precedenti lavori, Murphy appare molto più rilassato, lasciandosi alle spalle quelle tinte malinconiche e acusticheggianti che cedono il passo ad un prodotto artistico che si consuma poco a poco; che ha bisogno di tempo per sedimentarsi e schiudere il proprio valore.

Il disco è stato composto in solitaria nei dintorni di Nuova Scozia, location e condizione sociale che da lo slancio a Murphy per avventurarsi all’interno di sè stesso in maniera terapeutica ma al contempo gioiosa. Un album conscious ma permeato da esultanza e liberazione, più che da malinconia e consapevolezza.

Questo perchè “Twin Flames”, disco corto, composto da 9 tracce per una durata complessiva di appena mezz’ora, è un’insieme di influenze e generi frutto di una certa esplorazione musicale da parte dell’autore, che trasuda libertà . Ed è bello che, in un momento di costrizione, sacrifici e privazioni snervanti come quelle dell’ultimo anno, la musica possa fare da stargate verso altre dimensioni fatte di possibilità  infinite e poche regole.

Il disco si apre con “Haunts”, il titolo perfetto per un brano proto-ambient dal testo piuttosto ombroso e dal basso prominente che, accompagnato da synth e rullante spazzolato, confeziona un’opening track davvero interessante.
Troviamo poi “Inside Out”, che mi ricorda tantissimo un certo Chris Martin di una certa band di nome Coldplay,  con le percussioni e i fiati à  la “Viva La Vida” e la linea vocale tutta singalong che si tende allo spasimo. Questa seconda traccia rappresenta un po’ la linea indie-folk family friendly accattivante, corale e liberatoria del disco. Bella.

Il terzo brano è “Nobody Knows”, un pezzo divertente e scanzonato che potrebbe essere scritto dai Mumford & Sons o saltar fuori dalla discografia dei Fun., con evidenti riferimenti a “Faith” del compianto George Michael.
Arriviamo a “Yours”, love song fluida dalle tinte lo-fi contaminate dall’elettronica, e subito dopo alla title track “Twin Flames”, in cui troviamo uno splendido brano acustico impreziosito dallo spoken vocal di Paul Murphy nell’incipit e da contaminazioni glitchate qua e là  nel corso dei suoi 3 minuti e 20 di durata. Un pezzo morbido e delicato che rappresenta uno dei momenti più alti dell’intero disco.

Dopo “Kissing” e “Behind You”, due brani dai mood letteralmente opposti troviamo “My Mind Won’t”, penultima traccia tutta synth pulsanti a cascata per un’atmosfera spaziale che ben s’intona alla succitata idea di musica come stargate per un’altra dimensione.

L’ultimo brano è “Tomb”: indie songwriting allo stato puro. Voce melliflua e chitarra acustica pizzicata nel mezzo di una giornata ventosa al mare (no, davvero, in sottofondo ci sono le onde del mare e quella che sembra pioggia). Davvero bella.

Quasi ogni traccia dell’album è strutturata come un mini-viaggio, che inizia sommessamente per poi culminare verso il finale in una più grande esplosione di strumenti. Questa struttura compositiva, assieme a dei testi assolutamente relatable, rendono “Twin Flames” un egregio lavoro.

Unica pecca: la copertina dell’album. Qualcuno denunci il grafico, che non si legge nulla.