Ci sono voluti quattro anni ai Magnet Animals per dare un successore all’esordio “Butterfly Killer”. Non è stato semplice per Todd Clouser, Eyal Maoz, Shanir Ezra Blumenkranz e Jorge Servin completare questi dieci brani, registrati a Città del Messico (dove Clouser vive da tempo) e autoprodotti tra un lockdown e l’altro, mentre la pandemia mordeva e la situazione al di qua e al di là del confine diventava sempre più difficile.
“Fake Dudes” non è un disco apertamente politico ma fa i conti con la realtà in modo istintivo, senza lanciare messaggi o fare prediche, concedendosi al massimo un po’ di sana e lucida critica sociale evidente fin dalle prime note di “Believe” trascinate dal basso di Blumenkranz e dalla batteria di Servin che accompagnano lo spoken word di Clouser. Il ritmo si alza con le derive nichiliste di “Burn The Whole Thing Down” dominate dalle chitarre che aprono la strada al sarcasmo della title track, su una base fluida e jazzata.
Stesso clima che pervade “Forecast In Rome” e “Freaks”, in cui l’amalgama tra indole garage e improvvisazione è particolarmente riuscito. Giunti ormai a metà disco, appare chiaro che la tendenza allo spoken word di Clouser non è un vezzo ma una strategia precisa: usa la voce come quinto strumento che non sovrasta la musica ma l’accompagna, lasciandole spazio nei momenti più concitati e ricchi di tensione come avviene in “Hell Is An Empty Place” e “Man And Machine”.
I Magnet Animals non rinunciano all’intensità in questo secondo spigoloso album, che regala nel finale un po’ di ottimismo (“The Call For The Cure” e “The Kids Are Gonna Win”) e ricorda a tratti le evoluzioni musicali di Fugazi e Minutemen. Todd Clouser, Eyal Maoz, Shanir Ezra Blumenkranz e Jorge Servin cercano di ottenere il massimo pur dovendo lavorare in condizioni difficili in un disco a cui manca solo quel pizzico di esplosività che troveranno di certo quando potranno finalmente suonare dal vivo.