è di nuovo venerdì e seguendo la traiettoria del volo di un moscone – dal ronzio più emozionante di tante cose sentite ultimamente – ho percepito l’esigenza, da parte dell’Universo, di sapere (anche) la mia sulle ultime pubblicazioni musicali del Belpaese; è per questo che, signore e signori, ho deciso di comunicare urbi et orbi il mio bollettino del giorno sulle nuove uscite del pop italiano. Sì, quel tragico, ribollente pentolone traboccante degli sguardi impietosi di chi dice che la musica nostrana fa schifo, di chi “parti Afterhours, finisci XFactor“, di “Iosonouncane meno male che esisti“, di “Niccolò Contessa ma quando ritorni“, di Vans, libri citati mai letti e film repostati mai visti che ogni venerdì rinfoltisce la sua schiera di capipopolo di cuori infranti con una nuova kermesse di offerte per tutti i gusti e i disgusti. Ecco, di questo calderone faccio parte come il sedano del soffritto, quindi non prendete come un j’accuse quello che avete letto finora: è solo un mea culpa consapevole ed autoironico – ridiamoci su! che una risata ci seppellirà , per fortuna, prima o poi – a preparare lo sfortunato lettore alla breve somma di vaneggi e presuntosi giudizi che darò qui di seguito, quando vi parlerò delle mie tre uscite preferite del weekend, e della mia delusione di questo venerdì. Sperando di non infastidire nessuno, o forse sì.

SPECIALE GREEN SELECTION

GI’, Inchiostro

non è uno che viene dal nulla, anzi. Anni di gavetta alle spalle, qualche concorso (importante) vinto, qualche altro sfiorato; chilometri di strada sulle spalle e polvere sul viso e sul cappello tipica di chi non teme gli sterrati ostici, pur di raggiungere nuovi orizzonti. Ecco, questo è, in un certo senso, , la nuova reincarnazione di Gianluca che oggi esordisce da solista con “Inchiostro”: sonorità  calcuttiane che sposano con gusto (e senza sedersi su derive emulative, che è un punto a super favore nell’era dell’omogenizzazione mainstream) ad un testo intelligente e riflessivo; tanto per dimostrare che, insomma, si possono fare “hit” anche senza spegnere il cervello.

FLEMMA, Ossigeno

Flemma non è un nome sconosciuto alla scena nè a questi spazi del venerdì; ad ogni nuova uscita dell’autore e producer napoletano, i miei bollettini aprono le proprie porte all’entusiasmo di una proposta che sa reinventarsi senza perdere di densità  e di contenuto. “Ossigeno”, in tal senso, è la conferma importante di una costante crescita intellettuale, prima ancora che artistica: nei tre minuti del brano, emerge con tutta la veemenza del caso un inno ad una leggerezza che sappia farsi pregna di profondità , planando sulle cose dall’alto e schivando a colpi d’ala gli inciampi della superficialità . Respirare, a pieni polmoni: un ricambio di ossigeno necessario a non trovarsi schiacciati dall’apnea delle nuove uscite del venerdì. Il tutto, ballando sul dancefloor. Mica male.

BIBOPOLARE, Com a na crap (album)

Testualmente, “Come una capra”. Solo che Bibopolare della capretta ha solo l’ostinazione ad arrampicarsi su superfici impervie (niente a che vedere, insomma, con le vaste e anonime pianure discografiche del mainstream), appigliandosi con zoccoli e cocciutaggine alla dura roccia di un dialetto che si fa radice, sì, ma anche ramo proteso verso il cielo, a dare slancio ad un disco espressivo perchè sincero (finalmente). La schiettezza del lucano diventa strumento utile a valorizzare un occhio (e un orecchio) sulle cose che non è da tutti; otto tracce che sembrano dipingere un quadro (tendenzialmente cupo) di un’esistenza complessa, in affannosa ricerca di una luce che Massimo sembra aver trovato in casa (ma sopratutto nel suo bagno, dove tutto è stato registrato). Lo-fi al servizio dell’urgenza e della necessità  di dire le cose in un certo modo; se non ci sono troppi fronzoli tre le volute funky e neo-soul dell’EP di Bibo è perchè lui ama dire pane al pane e vino al vino. Il risultato, è che alla fine di “Com a na crap” ti prende una grandissima voglia di premere play ancora, e – almeno per me – non è certo cosa scontata.

AVINCOLA, GIORGIENESS, Limone

Due delle più interessanti penne del panorama emergente (come lo odio, questo maledetto aggettivo, sopratutto in un contesto artistico-culturale in cui “emergere”, spesso, è sinonimo di diabolica casualità ) insieme per un pezzo che ricorda i grandi duetti italiani degli anni Ottanta planando con eleganza su tutte le possibili cadute di stile che una tale reference potrebbe implicare; “Limone” è un pezzo scritto bene, che riesce nell’impresa (mai semplice) di amalgamare due personalità  artistiche complesse ed esplosive, mitigando attraverso l’estrema compatibilità  di voci e scritture la diversità  delle direzioni artistiche prese dai due artisti nei propri rispettivi percorsi solisti. Affinità  elettive che esaltano sia lei che lui, restituendo all’ascoltatore (più e meno) affezionato qualcosa di nuovo, capace di esulare (con gusto) dal repertorio di entrambi senza perdere di coerenza con il percorso fatto fin qui da Avincola e Giorgieness.

CASPIO, Bilico

A me Caspio piace un sacco, e dai miei bollettini è già  passato più volte. Timbro giusto, scrittura efficace a intelaiare la proposta elettronica di “Bilico” con una produzione intelligente (a tratti, quasi alla Cosmo) che ancor più esalta chiunque, come me, oggi crede sia possibile (se non doveroso) reinventare il concetto di “canzone d’autore” senza precludere, a chi sa scrivere – e bene! -, la frequentazione un po’ nomadica di generi (e di dancefloor) che, nella solita restrittiva vulgata italiana, raramente si trovano coniugati al concetto di “cantautore”. Invece, caspi(o)terina!, Caspio è uno vecchia scuola, che ama ancora le cose artigianali e sensate ma non intende rarefarsi sulla via del nostalgismo: “Bilico” fa ballare il cervello, ricordando a tutti che ci si può “disimpegnare” impegnandosi. Chi vuole intendere, intenda.

MAYA, Sali da me

Maya è un nome nuovo della scena femminile, che sembra essere destinato a conquistarsi una fetta di pubblico sempre più convinta dalle potenzialità  di una vocalità  giusta e di un entusiasmo contagioso; dopo l’esordio con “Lascia stare”, la cantante spezzina bissa con “Sali da me”, certificando un certo debito alle nuove linee techno pop contemporanee (Cosmo su tutti) che trova nel timbro di Maya il quid della propria identità  ed estetica. La ragazza canta bene, aiutando il magmatico evolversi della base a contrarsi e a distendersi grazie all’intelligente utilizzo delle dinamiche vocali; il testo, seppur nella sua semplicità , mantiene un buon livello e regala discrete immagini supportate da linee melodiche capaci di collegare presente e passato, Elisa e cmqmartina, pop vecchia scuola e dancefloor. Deve crescere, certo, ma se c’è un limite Maya lo vuole spostare. Citazione non casuale.

GABE, Come piume

Allora, la chitarra iniziale (un pochino troppo) scordata un po’ mi ha turbato, a primo ascolto; poi però Gabe prende per un brano che esplode con calma, ma inesorabilmente: buon testo, ottime linee melodiche e un afflato da leonessa che esplode in tutta la sua veemenza nell’urlo gentile di un ritornello catartico, ben scritto e potente da spettinare (anche chi, come me, ha ormai ben poco da farsi “spettinare”). Si vede che, alle spalle, la cantautrice ha tutta una serie di riferimenti che partono dalla scuola d’autore per arrivare al Nuovo Pop; un’alchimia gradevole che, di certo, fa ben sperare per il futuro.

PIETRO BERSELLI, Spettatore

Posso dire che seguo Berselli da sufficiente tempo (stupide e stupende frequentazioni padovane) per auto-definire, il me stesso di stamattina alle prese con un primo ascolto di “Spettatore”, giusto un pochino “fan-boy”. Il cantautore veneto (che nella sua vita declina le proprie molteplici urgenze artistiche attraverso linguaggi diversi ma sempre estremamente convincenti, a dimostrazione di un talento che non abbisogna di recensori per farsi tangibile) è un melpot riuscito di un sacco di cose che mi piacciono, ma se ben ascolti quello che fa non riesci mai a dire “eh, assomiglia a questo, assomiglia a quello”; certo, i Marlene Kuntz rimangono forse i numi tutelari di un brano, come “Spettatore”, che comunque è prima di tutto estremamente “berselliano”. Perchè è questa la forza di Pietro: lasciare un impronta, sempre, con la genuinità  dell’artigiano e il timbro dell’artista. Che siano video o canzoni – sempre tatuaggi.

ANNA LUPPI, NACHO TOSO, Justo a tiempo

Buon ritorno per Anna Luppi, che continua il filotto positivo degli ultimi mesi con una pubblicazione dal sabor latino con la collaborazione con Nacho Toso; “Justo a Tiempo” è una canzone d’amore che non si siede su melismi inopportuni o su sdolcinerie da liscio, ma che piuttosto si fa forza di un’entusiasmo vitale che apre il cuore e rilassa le spalle. Nel twist linguistico dallo spagnolo all’italiano, echi inaspettati di pop all’italiana vecchia scuola che rimandano alla Laurona Pausini nazionale; e possiamo anche smetterla di storcere i nostri nasi radical chic, le cose belle non necessitano di categorie e compartimenti stagni.

BRUGNANO, Draghi

Grandi i Brugnano, che negli ultimi mesi stanno conquistando posizioni importanti nella musica che conta. Dopo la qualificazione alle fasi finali di Musicultura, il duo napoletano tira fuori dal cilindro un brano sospeso tra urban e new soul, ricordando un po’ Neffa e un po’ Ghemon e, insomma, muovendosi nell’alveo di una scena che – vista con gli occhi dei Brugnano – appare più che mai capace di collegare Pino Daniele a Madame. Insomma, “Draghi” è il classico brano che si inchioda in testa con qualità  e ti fa credere che “a nuttat” sia passata.

VENTRE, Ecofobia

Mamma mia, che tiro Ventre! Piglio da scena indipendente primi anni 2000, testo caustico e onirico capace di alzare l’asticella verso una qualità  a cui non siamo più troppo abituati; in “Ecofobia” si intrecciano mondi diversi, che vanno dalla new wave al post-punk, con un testo intelligente che si fa godere e aiuta l’entusiasmo a rimettersi in moto. Ottimo esordio per un progetto che risentiremo volentieri.

SPINELLI PER TUTTI, LA PREGHIERA DI JONAH, Tarassaco

Che bella canzone, “Tarassaco”. Un inno delicato ad un amore che non conosce la volgarità  del pop, e che si libera con scioltezza dalla paura di non essere “sufficientemente mainstream” attraverso scelte di gusto e chicche ricercate – sia a livello testuale che melodico. Spinelli e Jonah trovano il baricentro della propria scrittura condivisa in una comunione d’intenti, valori e poetiche che liberano l’ascolto da qualsiasi scoria musicale, pulendo le orecchie e depurando l’organismo da qualsiasi disturbo da indigestione acustica. Un po’ come l’omonima pianta, “Tarassaco” lenisce ed elimina – per il tempo di tre minuti, certo, ma si può sempre ri-premere play”… – la paura da intossicazione pop, restituendo vitalità  ad un weekend insolitamente spento.

STEFANO PESAPANE, Changes

Slot internazionale (per il tipo di mercato a cui si vuol riferire, quanto meno: Stefano è italianissimo ovviamente) per il nuovo singolo del musicista Pesapane, che dopo lunghe frequentazioni con diversi artisti della scena mondiale appone il suo marchio di qualità  anche su “Changes”, la sua nuova traccia urban/soul: tre minuti di viaggi lisergici e sogni ad occhi aperti, coadiuvati da un connubio riuscito tra elettronica e synth-wave. Un trip riuscito, che conferma l’ispirazione profonda di un artista poliedrico. Orgoglio nazionale.