Benvenuti all’interno della mente di Peter Steele. Preparatevi, perchè non sarà  facile addentrarsi in questo labirinto in cui pulsioni oscure, rabbiose, malate e omicide faranno capolino. Non sperate nella redenzione, non sperate in attimi di pietà , non sperate di trovare la luce in fondo al tunnel. No. Quello che potrà  farvi compagnia in questo devastante viaggio sarà  il cinismo spietato, il nichilismo perverso e nevrosi in serie che renderanno la razionalità  e la pacatezza un vero e proprio miraggio.

Spaventati? Fate bene. Le porte di “Slow Deep and Hard” si chiudono alle nostre spalle e tutto si appresta a cambiare.

L’esordio dei Type O Negative è uno di quei dischi che, diciamolo tranquillamente, ha fatto la storia del metal o quantomeno, della musica estrema. Si, ecco l’aggettivo esatto “estremo”. Qui tutto è spinto al limite: l’atteggiamento di Peter, la sua frustrazione, il suo disagio, la sua rabbia pulsante, le sue parole, la sua ironia sporca e cupissima, la necessità  fisica di toccare il fondo di una personale apocalisse senza che ci sia una catarsi (anche se forse toccare il fondo è davvero, per lo stesso Steele, arrivare a un suo distorto Paradiso). Ma per sostenere l’impalcatura delirante e malsana dell’ex Carnivore c’è bisogno di qualcuno che lo assecondi, di qualche “partner in crime” che lo sostenga nelle sue turpitudini e che gli abbellisca musicalmente il mondo “estremo” di cui quelle parole si nutrono. Ecco che Josh Silver (quanto sono importanti le tastiere in questo disco, quanto?!!, capaci come sono di ammorbidire l’atmosfera e renderla, a tratti, quasi più gestibile, ma nello stesso tempo pronte a ammorbare l’aria di una solennità  morbosa e pagana seppur dal sapore ecclesiastico), Kenny Hickey (chitarre così sature che il suono ti pesa quasi sullo stomaco) e Sal Abruscato (maestro dei cambi di tempo) saranno il terzetto perfetto per creare quella cattedrale sonora morbosa e oscura capace di diventare cassa di risonanza per l’impeto tetro e nevrotico del leader della band. Esplosioni hardcore, paludosi mantra e riff che richiamano i Black Sabbath, ritmi forsennati che poi rallentano in modo drammatico, il thrash metal che sente sul collo il fiato putrido del doom, mentre i corettoni tipici dell’hardcore sanno esaltarsi in torride cavalcate quanto entrarci in testa in torbide moviole allucinate: cori di una chiesa degradata e blasfema, nel bel mezzo di una maledetta messa nera. Slowcore e hardcore che si susseguono, in un tragitto così cupo e selvaggio che non tutti riescono a sostenere questa tensione emotiva devastante.

Le sei composizioni (che a loro volta sarebbero da dividere in altre “sotto-canzoni”, giusto per rendere l’idea che l’impalcatura è tutt’altro che semplice e immediata, ma, anzi, decisamente complessa) sono una discesa nell’inferno personale di Steele ma, tutto sommato anche nostro. Quel mondo nevrotico e traboccante di schifo è davvero diverso da quello che ci circonda? La reazione che Steele ha di fronte a tutto questo ci sconvolge? Certo è pieno di astio e risentimento (ne ha per tutti, anche per sè stesso, giusto dirlo, e sopratutto le donne qui non ne escono certo rinfrancate o lodate, annegate in un mare di misoginia), non ha paura di mettere in campo (urlandolo a pieni polmoni) fragilità , odio e violenza, ma, diciamocelo, non è quasi da invidiare visto che noi, per quieto vivere, dobbiamo per forza restare nei nostri confini mentre tutto intorno a noi va letteralmente a puttane?

Peter Steele, genio e sregolatezza. Eccessivo e senza compromessi. Unico. Il musicista di Brooklyn entrava nella storia della musica con questo album d’esordio che non ha mai trovato veri e propri imitatori, perchè realmente inarrivabile e inimitabile. 10 in pagella.

Pubblicazione: 14 giugno 1991
Durata: 58:31
Dischi: 1
Tracce: 7
Genere: Hardcore, metal, Doom metal
Etichetta: Roadrunner Records
Registrazione: 1991

Tracklist:

1. Unsuccessfully Coping with the Natural Beauty of Infidelity
2. Der Untermensch
3. Xero Tolerance
4. Prelude to Agony
5. Glass Walls of Limbo (Dance Mix)
6. The Misinterpretation of Silence and its Disastrous Consequences
7. Gravitational Constant: G = 6.67 à— 10−8 cm−3 gm−1 sec−2