Che posto occupano i The Scientists nel lungo corso del rock australiano e non solo? Una posizione più importante di quanto non sembri. Nati a Perth nel 1978, membri della Australian Hall Of Fame dal 2019, fanno parte della leva musicale da cui sono emersi i Birthday Party di Nick Cave e hanno influenzato una miriade di futuri musicisti americani che negli anni ottanta cercavano con ogni mezzo di ottenere vinili d’importazione (Mudhoney, Sonic Youth giusto per fare qualche nome).
Dischi come “The Pink Album” e “Blood Red River” li hanno resi una delle band indipendenti più rispettate down under, il trasferimento a Londra nel 1984 ha propiziato la nascita di “This Heart Doesn’t Run On Blood, This Heart Doesn’t Run On Love” e “Atom Bomb Baby / You Get What You Deserve!” prima della doppietta “Weird Love” ““ “The Human Jukebox” e di uno scioglimento forse inevitabile.
Sei album in sei anni (1981 ““ 1987) e uno stile scaltro e nichilista ispirato a Cramps, Suicide, The Gun Club con la figura del frontman Kim Salmon (primo a usare la parola grunge) unica costante tra frequenti cambi di line up. Tornano oggi rimettendo in corsa quanto di più vicino ci sia a una formazione tipo: Salmon chitarra e voce, Boris Sujdovic al basso, Leanne Cowie alla batteria e Tony Thewlis all’altra chitarra. Trentaquattro anni sono passati (con in mezzo il live album “Sedition”) e poco è cambiato nella musica degli scienziati australiani: distorti, impertinenti e ben contenti di esserlo.
Spirito rock o meglio swamp rock come a loro piace chiamarlo in ogni sua forma e sfumatura. “I’m an outsider” canta uno scatenato Salmon nel singolo apripista e fa sul serio, un “Outsider” lo è davvero. Ruvidissime ballate dal cuore d’oro come “Make It Go Away” (una delle punte del disco) si alternano a piccoli pezzi di cattiveria (la rutilante “Naysayer”, la ritmata “Safe”) e ad acidissime fiabe per adulti (“Magic Pants”, “Moth-Eaten Velvet”) che trascinano verso l’altro piatto forte dell’album: l’indomita e rabbiosa “Seventeen” e la ribelle “The Science Of Suave”.
“Negativity” è il primo disco in cui la collaborazione tra i quattro è stata totale, dalla scrittura agli arrangiamenti costruiti su riff di chitarra scambiati via internet visto che i musicisti vivono in continenti diversi. Distanza fisica che non si percepisce in undici brani minimali ma di gran forza, chiusi dalla coppia “Dissonance” ““ “Outerspace Boogie” con tanto di mini ghost track finale. Una nuova e grintosa versione dei The Scientists, veri animali da palcoscenico, approdati al nuovo millennio con molta voglia di dare battaglia e vender cara la pelle.
Credit foto: Andrew Watson