E’ un autore che mi sta particolarmente a cuore Bobo, seguendolo fin dai tempi degli Ottavo Padiglione e sin dal primo lavoro come solista, ” figlio del nulla” o, per citarne un altro tra i tanti ed ispirati album , dal memorabile “Disperati, intellettuali , ubriaconi” con l’amico Bollani.
Una carriera ondivaga ed estrosa come par essere la sua natura umana, propria di un personaggio spesso irrimediabilmente legato al territorio d’origine , l’amatissima Livorno ; consiglio a tal proposito lo splendido docu-film firmato da Virzì “L’uomo che aveva picchiato la testa”.
Autore con un ispirazione invero di media sempre molto alta divisa tra canzoni dal taglio più cantautorale e brani deliziosamente infarciti di spunti jazz mediterranei , sempre condite da una proverbiale ironia e da un pungente sarcasmo, che celano sempre una malinconia di fondo. Il presente “a cuore libero” appartiene agli album dal taglio più cantautorale ed intimista, ma rispetto al precedente “Anime Storte” o ad un “Per Amor del cielo”, ne accentua la dimensione acutisca.
Sovente infatti, anche negli album meno inclini allo sberleffo e al gioco della ricchezza strumentale, si trovava sempre spazio per episodi o tratti inclini all’ironia pungente mentre in “A Cuore Libero” mi pare in essere un processo di normalizzazione (ma ovviamente non parliamo di becera standardizzazione) che non eravamo avvezzi ad associare a Bobo.
I toni sono più consolatori rispetto al fatalismo o all’amarezza che si coglieva in altri lavori, c’è un forte richiamo ad un gusto pop che rimanda a melodie anni ’60.
Bobo si salva con mestiere ma per la prima volta sento che manca o quel suo personale tocco di sana follia o quella sentita ispirazione negli episodi più bucolici e pure i testi convincono meno del consueto (ma menzione a parte merita “Babbo Apache”, che descrive la visione del bimbo che rende ed innalza la figura del padre a proprio eroe).
Un autore forse pacificato e finalmente “a cuore libero” ma meno sorprendente ed incisivo del solito.
Nessuna stroncatura, l’abilità è pur sempre bagaglio di Rondelli, che dischi “brutti” non è mai riuscito a farne, ma non certo l’album con cui approcciare il livornese, quel livornese che merita di sedere accanto al padre putativo tanto amato, Piero Ciampi.
Non mi rimane che consolarmi, in parte, con la copia in vinile autografato, acquistabile solo in prenotazione/prevendita.