Il 2020, l’annus horribilis per la musica dal vivo, ce lo siamo lasciati, finalmente, alle nostre spalle, ma rovine e macerie sono ovunque ed un dolente silenzio è caduto su parecchie realtà che, fino ad un anno e mezzo fa, erano il nostro riferimento sociale, artistico e musicale; luoghi nei quali potersi sentire a casa, coltivare i propri sogni e nutrire le proprie passioni di nuove e stimolanti idee, di altre prospettive, di diverse visuali sonore, perchè la diversità ““ nonostante la deriva sovranista che incolla i culi alle poltrone e gli occhi agli schermi luminosi di smartphone, tablet e TV generalista ““ è la più prospera e florida fonte di ricchezza dell’umanità .
Oggi, in molti stanno tentando una ripartenza, nonostante il domani appaia ancora incerto, le normative cambino continuamente e la politica ““ sia a livello nazionale, che a livello regionale ““ stia dando la peggiore rappresentazione di sè, preferendo parlare solamente alla pancia delle persone; preferendo cavalcare le ondate di rabbia, odio e brutalità ; preferendo scovare gli untori di turno ed i nemici da colpevolizzare e creando così un clima generalizzato di intolleranza e di paura, un ottimo modo per trasformare gli elettori in sudditi. Sudditi ai quali elargire, di tanto in tanto, quel piccolo compiacente favore che, successivamente, pagheremo a caro prezzo, rinunciando a quei diritti civili che sono costati decenni di lotte, scontri e rivendicazioni alle generazioni che ci hanno preceduto.
Avionica è uno di quei pochi luoghi nei quali questi diritti restano scolpiti nella mente e nel cuore delle persone presenti, una realtà ““ in un contesto esterno che non è certo roseo e generoso di opportunità ““ che sta tentando di rimettersi in piedi, di progettare un futuro che non sia solamente fatto di pogrom virtuali, di odio gratuito, di fanatismo sociale, di divieti irrazionali e spesso controproducenti, di mascherine agitate al vento della disperazione delle persone più deboli, fragili ed indifese, come fossero moderni feticci da venerare, mentre questo Re Rosso, che continua a tenere per sè la delega alla sanità regionale, imperversa attraverso i social con il suo facile sarcasmo, con i suoi luoghi comuni, con le sue frasi fatte, con i suoi attacchi verbali, carichi di violenza e di razzismo, contro chiunque sollevi un semplice dubbio e provi ad indicare un modello sociale, economico, politico e sanitario alternativo.
Ieri, intanto, il suggestivo giardino di Casina del Principe, ad Avellino, ha aperto le porte alle sonorità post-punk ed elettroniche degli Hate Moss, in un continuo accattivante mescolamento di lingue e di luoghi diversi, di suoni di matrice post-industriale ed atmosfere connesse, invece, alle nostre radici musicali più intime, riuscendo ad unire le armonie folkeggianti del Mediterraneo e le ritmiche incalzanti intrise di America Latina con le divagazioni distropiche ed elettro-pop tipiche dei club delle metropoli nord-europee. Il tutto in una continua osmosi con il pubblico presente, con il comune desiderio di riprendersi il proprio prezioso tempo ed i propri spazi vitali, luoghi nei quali soffermarsi a discutere, condividere opinioni, scontrarsi, arrabbiarsi, amarsi, ballare, saltare, magari bevendo una buona birra, mentre, nel frattempo, la frescura ristoratrice di una notte irpina cade come una carezza sulle sonorità synth-pop, morbide ed asimmetriche di “Honey”.