Nuovi segnali di vita dalla fredda caverna di Wesley Eisold, a tre anni dall’Ep “You and Me and Infinity”, e soprattutto a due lustri da “Cherish the Light Years”.
La creatura di Eisold approfondisce il lato romantico del proprio sound, sfornando quello che alcuni considerano un altro Ep, alcuni un full length, sfoggiando una patina sonora linda e insieme sporca, nè lo-fi nè hi-fi, e un approccio alla vita tanto dannato quanto denso di speranza, avvolta da un manto pesante che un po’ ottunde e opprime, un po’ rende ancora più tangibile la portata carnale – e salvifica – dei pezzi.
Ormai consacratamente figlio di New Order e Sisters of Mercy, il progetto Cold Cave riesce di nuovo a scrollarsi dalle spalle i modelli ispiratori, destreggiandosi tra synth wave elettronica e sentori pseudo-gotici con una rinnovata vena melodica.
“Prayer From Nowhere”, solcata dal severo fraseggiare di un basso distorto e avvolta in folate di synth a restituire ossigeno puro, apre le danze con un piglio subito goticissimo. Stessa cosa d’altronde avviene, quasi a chiudere un ipotetico cerchio concettuale, con la penultima traccia “Honey Flower”, sebbene un sentore di redenzione e rinascita sembrino continuamente dietro l’angolo. In mezzo, “Night Light” è pura gioia goth, mentre “Psalm 23” cede al richiamo di un’elettronica depechemodiana sporcata da un tocco un po’ spigoloso e industriale. Poi ce n’è per tutti i gusti dark: c’è la quasi-tenera ballata “Love is All”, il pezzone rotondo con melodia trionfale di synth “Happy Birthday Dark Star”, la cavalcata da dance-floor oscuro di “Promised Land” in chiusura.
A proposito di promesse, quella di Cold Cave è stata ancora una volta mantenuta. I detrattori continueranno ad odiarne l’attitudine derivativa, gli appassionati ne riconosceranno l’intrinseco valore.