Alla Fondazione Prada di Milano c’è un’opera dell’artista belga Carsten Höller che conduce lo spettatore in un corridoio completamente buio, per farlo poi sbucare in una stanza luminosissima con dei funghi enormi appesi al soffitto. Ho accompagnato diversi amici a vedere questa opera, ma non potrò più provare l’emozione di quando ho percorso per la prima volta quel corridoio e dietro l’angolo sono stato accecato dalla luce bianca.
Ho ripensato all’opera di Höller perchè anche sulla copertina di “The Golden Casket” ci sono dei funghi giganti e altrettanto psichedelici, ma anche perchè ascoltando il settimo disco della band americana ho avuto l’impressione che la loro formula magica “” un indie rock insieme giocoso e cupo, da qualche parte a metà tra Grandaddy e Pixies “” suoni ormai troppo prevedibile.
Tutto è dove ce lo aspettiamo: dalle chitarre abrasive che si intrecciano con le linee di basso, alle ritmiche marziali di Jeremiah Green; dai misurati inserti di fiati, alla inconfondibile voce roca di Isaac Brock che alterna cantilene e ritornelli pop. Pare che Brock avesse promesso di non usare per niente le chitarre in questo album, ma ce ne sono (per fortuna) in abbondanza: i riff impeccabili di “We Are Between” e “Walking and Running”, i fraseggi a doppiare la voce in “We’re Lucky”, l’assolo in fuzz di “Back to the Middle”. Alcune novità sono nascoste nei dettagli, come in “Wooden Soldiers” dove la combinazione di un synth modulare e un piccolo xilofono crea una cascata impazzita di note.
Punto di forza dei Modest Mouse sono sempre stati i testi, capaci di coniugare pessimismo cosmico con ironia e leggerezza, già dai titoli degli album stessi. E se rimane un mistero a cosa si riferisca la “bara dorata” del titolo, i temi sono chiari, e ruotano attorno al rapporto con la tecnologia, e alla ricerca di un lato positivo in momenti oscuri. Brock racconta di aver scritto “The Sun Hasn’t Left” come un inno di “forzato ottimismo” mentre a Portland il cielo era scuro per gli incendi e la pandemia si diffondeva. Il dad rock (letteralmente) di “Lace Your Shoes” è tenero ma non particolarmente memorabile (“è difficile essere un padre ed essere pessimista come vorrei”, ha detto Brock).
“The Golden Casket” non suona per nulla vecchio nel panorama musicale del 2021, cosa piuttosto sorprendente considerato quanto gli elementi fondamentali della musica dei Modest Mouse non siano cambiati molto rispetto a venti anni fa. L’altro lato della medaglia è che, giocando di fatto nello stesso torneo, troverete poche persone che preferiranno questo disco ai loro capolavori “The Moon & Antarctica” (2000) e “Good News for People Who Love Bad News” (2004). Isaac Brock è diventato bravissimo a rassicurarci, ma il suo talento non riesce più ad abbagliare.