Quarta fatica per i londinesi Desperate Journalist che, con le undici tracce di questo “Maximum Sorrow!”, confermano la loro attitudine a ricercare sempre le perfette sonorità avvolte dall’avvincente songwriting portato in dote dalla “paroliera” e frontwoman Jo Bevan.
A tre anni di distanza dal loro “In Search of the Miraculous”, il quartetto britannico – formato anche dalle ficcanti chitarre di Rob Hardy e dalla consueta sensazionale sezione ritmica del basso di Simon Drowner e delle pelli di Caroline ‘Caz’ Helbert – tira fuori dal cilindro, dunque, altri undici magici brani che, dopo un breve e “spaziale” e “spazioso” intro “Formaldehyde”(“Body in space/body in space”), si mostrano con la granitica apripista “Fault”, dove la penetrante linea di basso fa da sfondo alle angoscianti tematiche adolescenziali raccontate da Jo (“And those teenage hang-ups are hard to beat/When your closet is piled up with defeat“).
Scritto e prodotto dalla band, che si è riunita al The Foundry, Crouch End Studios nel nord della capitale inglese, il nuovo disco si caratterizza per un’intensità incredibile, una profondità fuori dall’ordinario, una benigna visione caleidoscopica che rende il full-length un’esperienza eccezionale.
Non sono scomparse, ovviamente, le tipiche vene di matrice post-punk – come in “Fine in the Family” o nella bellissima ed esplosiva “Poison Pen” – ma gli innesti pop “smithsiani” presenti in “The Victim” e, soprattutto, nel capolavoro psichedelico “What You’re Scared Of” – dove le parole accorate della Bevan (“The big becomes little and the little comes big/It rushes into my mind like a sieve/My mind like a sieve”) conducono al gran finale del brano in un vortice di epiche emozioni sonore – rappresentano la vera classica ciliegina sulla torta.
L’atmosfera accorata e malinconica alla quale si avviluppano gli episodi di questo quarto lavoro, non indurisce il sound che rimane sempre sospeso in un mood avvincente e variegato laddove brani come “Armageddon” – con quell’inizio di Cure memoria e con il suo finale ruvido – oppure “Utopia” – con i suoi eterei synth – riescono a fondersi alla sempre meravigliosa voce di Jo la quale, anche nei suoi quesiti esistenziali (“Is this utopia
All that you waited for?/You don’t know where you are/In this utopia”), rende ogni minuto del disco un momento imperdibile.
La nuova direzione della band votata al desiderio “pop” ha giovato, quindi, a “Maximum Sorrow!” che si spende in maniera egregia, infatti, sia nel martellante e strepitoso singolo “Personality Girlfriend”, con il sempre potente basso di Simon a dominare le note, sia nel post-new-wave della seducente “Everything You Wanted”, dotata di un refrain irresistibile accompagnato dalle solite frasi profetiche della Bevan (“Oh you’ll never be everything you wanted/Oh never everything you wanted/They’re concreting the halls you thought you haunted/Oh never everything you wanted”), fino al conclusivo alt-rock della closing-track “Was It Worth It?”.
I Desperate Journalist non hanno praticamente mai piazzato un disco al di sotto dei massimi voti ed anche questo “Maximum Sorrow!” non fa eccezioni, dove un tripudio di ambientazioni gothic-noir riescono sommamente a riempire i singoli episodi di fulgido luccichio.