Difficile parlare di Tim Arnold senza un pizzico di emozione: il numero dei suoi dischi, le sue collaborazioni, la stima raggiunta in Inghilterra e i complimenti di artisti come Iggy Pop o Stephen Fry parlano da soli. Tanti anni sulle scene e la voglia di stupire e di mettersi in gioco che ancora non si è esaurita. Il suo nuovo, ambizioso, progetto si chiama “Super Connected“, un vero e proprio concept, sia musicale che filmico (che abbiamo avuto la fortuna di vedere e ascoltare in anteprima), sul potere seduttivo dei social media, l’impatto che hanno sulla società  e loro effetto potenzialmente corrosivo sulla salute mentale: un tema, anche alla luce della pandemia e dell’isolamento, di stretta attualità , trattato con empatia, attenzione e intensità . Da sempre molto legato all’Italia, Tim Arnold è stato entusiasta di rispondere alle nostre domande.

(L’intervista, nella sua forma originale, è presente sul numero 490 di Rockerilla, giugno 2021)

Tim, so che sembra incredibile, ma il primo (e unico) album dei Jocasta è uscito ben 24 anni fa. Avresti mai immaginato che, dopo tutto questo tempo, saremmo stati ancora qui a parlare della tua musica?
Riccardo, sai che sono un viaggiatore del tempo, quindi ho davvero sognato che tu ed io saremmo stati qui, adesso, a parlare della mia musica, 24 anni dopo l’esordio dei Jocasta. La nostra connessione è avvenuta nel futuro! Tuttavia, solo perchè già  lo sapevo, non significa che non ti sia grato. La verità  è che sono molto fortunato a sentirmi ancora ispirato, a continuare a sviluppare nuove idee e sono altrettanto fortunato ad avere persone che sostengono ancora la mia arte.

Cominciamo a parlare del tuo nuovo disco “Super Connected”: un vero concept album, in cui non solo i suoni coinvolti giocano un ruolo importante, ma c’è un anche aspetto visivo fondamentale che si collega all’idea di base che muove l’intero progetto: mi sbaglio o possiamo davvero definirlo il tuo più ambizioso progetto di sempre? Puoi parlarci della genesi del tutto?
Penso che “Super Connected” abbia tutti gli elementi per essere il progetto più ambizioso che ho mai concepito, ma più vado avanti più mi accorgo che sembra avere un’agenda propria. Non ho il controllo! Anche se non è ancora stato reso pubblico ha dominato la mia vita per molti anni. Il progetto ha iniziato a farsi strada addirittura nel 2010 dopo aver lavorato come specialista per la Apple nell’Apple Store di Londra. Il modo in cui il mondo della vendita al dettaglio usa tecniche per cambiare il comportamento dei clienti mi ha fatto impazzire. Le canzoni “The Complete Solution” e “Where Am I In All of This?” che trovi sul disco sono state scritte in risposta a quell’esperienza e sono state pesantemente influenzate dal libro di Naomi Klein “The Shock Doctrine”. Penso che il progetto renda abbastanza chiaro il mio sentimento verso le multinazionali globali.
Non molto tempo dopo, l’album “The Soho Hobo” e la campagna Save Soho hanno catturato i miei pensieri, così non sono più tornato a pensare a quelle due canzoni fino al 2016, quando la mia attenzione è stata attirata di nuovo verso il modo in cui le nostre relazioni umane stanno cambiando, a causa della tecnologia. è qui che sei arrivato tu Riccardo, quando ci siamo incontrati a Verona.
Quando mi hai raccontato le tue esperienze di lavoro come educatore della Neuropsichiatria Infantile, con adolescenti che non riuscivano a integrarsi con la società , ma erano dipendenti dai social media: ecco che un’immagine molto forte è comparsa nella mia mente. L’idea dell’adulto competente che cerca di entrare in contatto con un adolescente, perso in una bufera di dispositivi nel cyberspazio, diventava ogni giorno più forte. Anche io mi sono confrontato con questa realtà , dato che avevo i miei problemi con i social media. Da quel momento, tutte le canzoni sono arrivate veloci, quasi già  pronte. La tua storia è stata quindi una grande fonte di ispirazione. Ti sono davvero grato di averla condivisa con me. Il titolo è venuto dal mio primo viaggio a Los Angeles nel 2018. Stavo facendo colazione in un bar a Venice Beach e ho sentito una donna dire “Sono così super connessa in questo momento“. L’ho guardata con attenzione: aveva due iPhone e un portatile.
Insieme ad ogni canzone, ho scritto anche “storie visive” per i relativi video musicali fino a quando mi sono reso conto che avevo praticamente scritto un’intera sceneggiatura. Il giorno del funerale di Lindsay Kemp a Roma, circa mezz’ora prima di cantare alla sua funzione nel cimitero acattolico, la mia migliore amica mi incoraggiò a realizzare quel film e con la sua fiducia ho mosso i primi passi nel più potente viaggio creativo della mia vita. Il titolo ironico che avevo preso in un bar di Los Angeles si è trasformato in connessioni reali con persone reali e la mia vita si è espansa in nuove amicizie e collaborazioni in un modo che non avrei mai, mai immaginato. Non me ne sono reso conto finchè non ho finito di trasportare l’album sullo schermo, ma avendo lavorato con Lindsay Kemp, conosciuto come The Silent Poet, mi è venuto in mente che “Super Connected” è anche un film muto. Ci sono elementi dedicati a lui nel film, con splendide interpretazioni di due grandi artiste italiane con cui ha lavorato, Daniela Maccari e Ivana Caffaratti, che sono state parte integrante all’intero progetto. Credo che una parte del suo spirito mi abbia guidato nella creazione di “Super Connected”. La sua energia è stata presente in tutta la produzione.

Un computer, un telefono…dispositivi elettronici che sostituiscono le relazioni umane. Onestamente, Tim, dopo aver realizzato un disco, un film e aver ospitato un podcast su questo tipo di problemi, come vedi il nostro futuro? Come vedi il futuro delle emozioni?
Penso che “Super Connected” sia un’opera d’arte collaborativa che riflette il momento in cui siamo
ora, e, forse, si configura come un avvertimento. Ma mi sento ottimista. L’intrattenimento mainstream spesso distrae dalla verità , ma finchè c’è dell’arte che riflette la verità , forse, c’è speranza per un futuro migliore.

Mi dici, in dettaglio, come ti sei sentito nel ruolo di regista? è più difficile lavorare sulle immagini o creare un album musicale?
Nel corso degli ultimi 5 anni, penso di essermi evoluto nella regia abbastanza gradualmente, ma molto naturalmente. Sinceramente, ero felice lavorando con gli attori e la troupe. Mi piaceva molto. Nei giorni in cui dovevo recitare, era più difficile. Dirigere le immagini per la mia musica è una cosa molto dettagliata, quindi dover recitare e far corrispondere ogni nota della musica ad ogni inquadratura presente nella sceneggiatura è stato impegnativo. Per fortuna il cast e la troupe erano molto pazienti con me e tutti professionisti esperti. Ho imparato molto da tutti loro.
Ma per rispondere alla tua domanda, penso che sia più facile per me creare un album musicale, ma è un processo più solitario. Preferisco lavorare sui visual con altri artisti che usano il mezzo visivo. Tendo a vedere tutta la musica in immagini ed è un regno affascinante in cui lavorare.

Mi permetti di dire che in questo disco c’è tutta la tua storia musicale? Ci sono anche alcuni suoni che sembrano uscire direttamente dagli anni ’90, ma poi trovo il minimalismo che hai iniziato a sperimentare con il tuo album precedente, gli arrangiamenti d’archi che ti hanno sempre contraddistinto e anche l’approccio teatrale. Quindi penso davvero che Super Connected sia un vero e proprio riassunto della tua carriera, cosa ne pensi?
Sono d’accordo. “Super Connected”, in fondo, è teatro. Durante il processo creativo, sia che lavorassi da solo o in seguito con musicisti, designer e attori, la conversazione tra i suoni e le immagini continuava a giocare, a vivere, a darsi energia in modo vicendevole. Penso che sia un processo molto simile alla costruzione della prima produzione di un’opera teatrale. In questo modo, gli stili di musica che ho esplorato prima sono diventati come colori in una tavolozza. Alcune delle mie radici chitarristiche più spigolose degli anni ’90 erano il tono giusto per esprimere l’intenzione di alcune canzoni.

Prima parlavo del suono degli anni ’90. “The Complete Solution” è un guitar-rock molto forte e intenso. è stato incredibile ritrovarsi di nuovo immersi in questo tipo di suoni. Sembrerebbe un brano dei primi Muse (basterebbe pensare a quanto i Muse abbiano preso da Jocasta, giusto?). Per non parlare di “Where Am I In All Of This?” che mi ricorda tanto gli Strangelove. Immagino ti sia emozionato a fare questo salto musicale nel passato.
Lo stile di quelle due canzoni è il cardine, è la base del mio stile come musicista. Mi piace quanto hai detto dei Muse: è interessante sapere che, quando erano appena usciti da scuola, i Muse, ancora ragazzini, si trovarono con i Jocasta ad un concerto che facemmo al The Exeter Cavern nel 1996 e ci chiesero come avevamo ottenuto i nostri suoni di chitarra. Sai, non ho mai voluto rimanere nello stesso stile come hanno fatto molte band. Mi sono sempre approcciato alla musica come un attore. Mi eccita assumere un ruolo diverso per ogni nuovo album.

La cosa bella, Tim, è che, in un disco in cui riprendi in mano le chitarre come facevi ai tempi dei Jocasta, piazzi anche quelle che sono forse due delle tue ballate più toccanti, ovvero “Start A Conversation” e “Send More Light”: non hai paura di spingerti al limite, proprio alla luce di un tema (quello trattato nel disco) che è di per sè estremo? Mi sto sbagliando?
Penso che gli ‘estremi’ siano grandi alleati per un artista. Spingermi da un limite all’altro può essere
accostato a qualcuno come Kurt Cobain, che passava dal cantare in modo pulito nella strofa allo sbattere il piede su un pedale di distorsione per il ritornello rumoroso. Creativamente, questo approccio mi fa sentire vivo. Ho scritto “Start A Conversation” come se fosse l’ultima canzone che avrei cantato con un pubblico. Il testo “Don’t you wanna sing along with me?” era la domanda più onesta che potessi fare al mondo in quel momento. Un mondo che pensavo da giovane: che sarei andato in tour e cantato le mie canzoni con molte persone. Questo è il vero momento di connessione nell’album. “Send More Light” è arrivata come una preghiera universale per tutti coloro che temono di finire la vita in solitudine, come ho fatto io quando l’ho scritta. Questa canzone era, ed è ancora, un incantesimo. E non molto tempo dopo averla scritta, la mia vita è stata inondata da una luce più intensa. A volte le nostre preghiere possono essere esaudite.

“Everything Entertains “è un trionfo melodico: gli archi, il ritornello così immediato. Sembra davvero una canzone con il tuo marchio di fabbrica. Ma, beh… esiste un “marchio di fabbrica di Tim Arnold”?
Grazie! Se fossi il manager di Tim o che gestisce l’etichetta discografica di Tim, allora credo che sceglierei “Everything Entertains” come primo singolo. Ma quelle persone, nella realtà , non esistono, quindi, per ora, diciamo che la canzone è il cuore della speranza nella storia di “Super Connected”, e questo è il modo giusto di intenderla. Io penso che nelle mie canzoni, l’unico marchio di fabbrica che ho è quello di essere fedele all’intenzione di ciò che volevo scrivere.

Il tuo legame con l’Italia, Tim, è davvero forte e solido. Spesso, quando parlo con artisti inglesi, mostrano un grande affetto per questa nazione, ma tu, anche grazie alla tua amicizia con Lindsay Kemp, mi dimostri di avere davvero un rapporto speciale con l’Italia. Sbaglio?
L’Italia significa molto per me. Sono stato invitato nel vostro Paese da te e da Lindsay. Ogni viaggio ha cambiato la mia vita. Mi mancano Verona, Firenze, Livorno e soprattutto Roma. Mi mancano i fiumi e i viaggi in treno. Tutti i miei momenti in Italia sono stati in compagnia di artisti, musicisti, ballerini e sognatori. Una gioia così calda. Ho trascorso gran parte della mia vita con la comunità  italiana a Soho e sono sempre stato attratto dal loro spirito. Venire in Italia è stato come salire sulla Nave Madre. Se mai avrò la possibilità  di fare di nuovo una serie di concerti dal vivo su scala nazionale, vorrei farli in Italia. Forse il mio lavoro, a volte, è stato giudicato troppo teatrale nel Regno Unito, mentre trovo possa essere compreso in Italia. Amo la mia vita come artista, è magica. Ma a volte è bello anche essere compresi. Mi sento così a casa con gli italiani.

Quando sarà  disponibile l’album e quando potremo vedere il film?
Non posso ancora rispondere. Chiunque voglia vedere le immagini o ascoltare l’album sullo schermo dovrebbe iscriversi al sito web relativo (https://superconnected.technology/): è in questo modo che vogliamo davvero entrare in contatto con le persone.

Siamo arrivati alla fine di questa chiacchierata, Tim. Vorrei che lasciassi ai nostri lettori un suggerimento, un tuo pensiero su come affrontare questi strani e difficili tempi.
Grazie a voi per l’ospitalità . Sai Riccardo, in realtà , abbiamo fatto una pagina sul sito di “Super Connected” in cui la gente può postare messaggi di supporto per coloro che stanno ancora vivendo nell’oscurità . Lo chiamiamo il Ponte di Luce. L’arte può essere un forte ponte per ritrovare la strada verso la luce. Io vorrei proprio che i lettori di IFB o chiunque abbia bisogno di maggior luce nella propria vita, ne usufruissero.