Dopo aver rotto il ghiaccio con i Talking Heads continuiamo con un progetto che, lo dico io per primo, non era una vera band e forse per questo le rappresenta tutte, perchè il suo essere  reale e la sua esistenza infinita era allora solo nella mente e nella speranza dei fan, signori e signore David Bowie and The Spiders From Mars.

La frase

Il 3 luglio 1973 al termine del concerto all’ Hammersmith Odeon di Londra Bowie prende i microfono e dichiara ad un incredulo pubblico: «Questo è stato uno dei più fantastici tour della nostra vita. Vorrei ringraziare la band. Tra tutti gli show di questo tour, questo in particolare resterà  con noi più a lungo, perchè   non è solo l’ultimo show di questo tour, ma è l’ultimo show in senso assoluto. Grazie » .

La band attacca con “Rock’n’Roll Suicide” tra le urla del pubblico e anche tra i componenti della band affiorano i dubbi, il colpo di teatro è anche per loro inaspettato, al culmine del successo David Bowie uccide la sua creatura Ziggy prima che lo possa assorbire definitivamente, prima che tutto si trasformi definitivamente in   Ziggy and The Spiders from Mars.

La fine

Veramente fu una sorpresa l’annuncio di Bowie? Era una scelta artistica o c’erano altre motivazioni per chiudere un progetto che aveva funzionato così bene e che molto probabilmente poteva ancora andare avanti per qualche anno?

Sulla prima domanda la risposta la possiamo dare con una certa sicurezza, lo sapevano in molti, lo sapeva il manager Tony Defries che godeva dell’incondizionata considerazione e del totale rispetto di David Bowie, anche troppa possiamo oggi dire visto quanto gli costerà , lo sapeva Mick Ronson e sarebbe stato assurdo il contrario vista l’importanza del chitarrista in tutta la prima produzione di Bowie, lo sapevano dal tecnico del suono fino all’ultimo dei collaboratori che quella sera sarebbe morto Ziggy e con lui gli Spiders from Mars, ma quindi c’era qualcuno che non sapesse nulla?

Purtroppo si, difficile da credere ma gli altri due componenti degli Spiders, il bassista Trevor Bolder e il batterista Mick Woodmansey non sapevano nulla e molto probabilmente speravano non fosse vero, purtroppo non era così, Bowie chiude lo spettacolo uccide Ziggy per iniziare nuove storie.

Sulla seconda domanda possiamo tranquillamente supporre che Bowie avesse in qualche modo maturato questa idea man mano che il personaggio di Ziggy cresceva e assumeva un seguito sempre maggiore.

Erano i fan di Bowie-Ziggy, in una unione che doveva obbligatoriamente essere prima o poi spezzata, ma forse anche altre motivazioni spinsero ad accelerare questa decisione.

Durante il tour c’erano state forti discussioni tra la band e il manager Tony Defries, motivo del contendere i compensi agli Spiders from Mars, troppo bassi visto il grande successo di tutti gli album e del tour.

Mick Ronson, Mick WoodmanseyTrevor Bolder minacciarono a più riprese Tony Defries di abbandonare il tour e il manager, a malincuore e in aperto contrasto con Mick Woodmansey, finì con il dover accordare quanto richiesto.

Questi episodi ebbero un peso nella decisione di David Bowie e soprattutto in tutto questo ci fu lo zampino di Tony Defries, che magari affrettò la chiusura del progetto?

Sicuramente Bowie voleva conquistare il mercato americano dove ancora non sfondava ma ancora di più lo voleva Defries, il successo arriverà  in America ma anche i nodi verranno al pettine, lo yes manager scoprirà  le carte e saranno dolori, ma questa è un’ altra storia.

Quello che è certo è che proprio tutti sapevano della fine di Ziggy, anche il regista Donn Alan Pennebaker che si trovò a realizzare il film documentario del concerto, «… La ragione per cui lo facemmo fu perchè la RCA disse abbiamo questo tipo che sta per fare un concerto, forse l’ultimo, e devi andare e girare un film… Pensai che fosse Marc Bolan quello che stavo per filmare e ne ero molto entusiasta perchè conoscevo bene il glitter rock. Così partii con la persona sbagliata in mente… » dichiarò qualche anno dopo.

Lo sapevano tutti così il povero e ignaro Mick Woodmansey finì per essere impietosamente immortalato alla fine di “Rock’n’Roll Suicide” mentre sconsolato lancia via le bacchette, come potrete vedere alla fine del video tratto dal film concerto di   “Ziggy Stardust and the Spiders from Mars”.

After the end

David Bowie 

Ovvio che per Bowie non esiste ne un prima ne un dopo gli Spiders From Mars, non esiste Ziggy Stardust, Aladdin Sane, Il Duca Bianco, perchè esiste solo un grande artista che rendeva la sua musica una costante opera  cinematografica, sceneggiature nelle quali   vivevano i suoi personaggi nei quali celava, e a volte emergeva, la vita e il pensiero di David Robert Jones.

Bowie nel suo addio definitivo e inesorabile sarà  una enorme stella nera che al suo interno nasconde mille stelle brillanti, ci lascerà  con un album intimo, intenso e commovente che spero, prima o poi, di riuscire di nuovo ad ascoltare.

Il suo lascito sono le sue opere e colgo l’occasione per togliermi la soddisfazione di affrontare per decadi il suo immenso lavoro

Anni 70

Gli anni 70 del dopo   Ziggy racchiudono il momento d’oro dell’artista, per l’uomo il periodo fu invece più complicato, tra eccessi di ogni tipo e un continuo muoversi sull’orlo del baratro.

1974 – Diamond Dogs

E’ il primo album che Bowie fa completamente da solo, anche Mick Ronson non c’è più, pensa anche alla produzione e da sfogo a tutta la sua iperattività .

Fa uso di cocaina e speed che spesso mischia insieme, all’epoca la cocaina era considerata la droga “buona”, la droga dei ricchi e degli artisti, spesso venduta e considerata come uno strumento creativo, soprattutto da Bowie che ne aveva bisogno per nutrire e alimentare la sua iperattività .

Bowie porta il suo malessere in un album ma lo fa trasformandolo quasi inconsciamente in visioni dispotiche, il fallimento del progetto di un musical basato su “1984” di George Orwell a causa del rifiuto indignato della di lui vedova Sonia, faranno il resto.

L’album ottenne recensioni contrastanti non tutte positive, ebbe una campagna pubblicitaria a sostenerlo soprattutto negli Stati Uniti, arriverà    al primo posto in Inghilterra e al quinto in America.

1975 – Young Americans

Album coraggioso di Bowie che abbandona le suggestioni dei precedenti lavori e si cimenta nel soul, torna all’ultimo momento Tony Visconti che produce in maniera magnifica, poteva essere un grande fallimento ma Bowie è accompagnato da un grande band, e per quanto spesso trascurato resta una prova notevole.

La critica lo osannerà  mentre le vendite saranno meno importanti del precedente in Inghilterra, mentre negli Stati Uniti “Fame” sarà  il suo primo singolo a raggiungere il primo posto.

1976 – Station to Station

Nel 1975 si trasferì per alcuni mesi a Los Angeles, ospite di amici come il bassista Glenn  Hughes  e del suo nuovo manager  Michael  Lippman.

Michael  Lippman, aveva sostituito il precedente manager Tony  Defries, fatto fuori perchè… per chi vuole approfondire questo grande album   trova il mio articolo   qui .

1977 – Low

“Low” rappresenta l’inizio della cosiddetta trilogia berlinese e della collaborazione con Brian Eno, album coraggioso per l’epoca che trasforma e rielabora il   Krautrock dei Kraftwerk e Neu! .

Quando usci l’album venne stroncato da diverse giornali di settore ma non tutti, oggi è considerato uno dei suoi capolavori e fonte di ispirazione di tantissime band.

1977 – Heroes

Nell’iconica foto di copertina di “Heroes”, lo sguardo stralunato di  David Bowie sembra appartenere a un essere privo di vita. La mano sollevata in aria sembra… chi vuole approfondire trova l’articolo a cura del nostro Giuseppe Loris Ienco  qui .

1979 – Lodger

“Lodger” è l’album che conclude la cosiddetta trilogia berlinese, anche se fu registrato in Svizzera.

Quando uscì fu un pò snobbato e sottovaluto, a me all’epoca piacque molto e in diversi brani è forte il contributo di Brian Eno, che è coautore di sei brani nei quali possiamo riconoscere un’impronta simile a quella che lascerà  a breve in “Fear of Music”  dei Talking Heads.

Se lo avete trascurato è assolutamente da riscoprire.

Anni 80

Gli anni 80 iniziano con grandi successi, che non faranno spesso felici i fan della prima ora, nel complesso avremo un Bowie meno ispirato che realizzerà  anche l’album peggiore della sua carriera.

1980 Scary Monsters (and Super Creeps)

L’uscita di “Scary Monsters (and Super Creeps)”, conosciuto come “Scary Monsters” era per certi versi cruciale,  Bowie voleva realizzare un album che scalasse le classifiche e che…per chi vuole approfondire trova il mio articolo   qui .

1983 Let’s Dance

Nell’autunno del 1982  David Bowie iniziò a lavorare alle canzoni di “Let’s Dance” con un obiettivo ben preciso in mente….per chi vuole approfondire trova l’articolo a cura del nostro Giuseppe Loris Ienco  qui .

1984 Tonight

Il grande successo di “Let’s Dance” spinse molti a comprare “Tonight” a scatola chiusa, purtroppo l’album era decisamente riuscito male, scalò immediatamente le classifiche ma fu stroncato e deluse un po’ tutti.

Anche io purtroppo lo acquistai a scatola chiusa, il suo album peggiore.

1987 Never Let Me Down

Le cose non andarono meglio con “Never Let Me Down”, nonostante le buone vendite iniziali l’album fu stroncato dalla critica , lo stesso Bowie che all’inizio lo difese poi negli anni successivi finì per ritenerlo tra i suoi album meno ispirati.

Anni 90

Gli anni novanta andarono decisamente  meglio del decennio precedente .

1993 Black Tie White Noise

Bowie tornava a pubblicare qualcosa  dopo tanto tempo e in questo album tornava a suonare addirittura Mick Ronson, era ovvio che ci fosse molta curiosità  considerate le uscite deludenti degli anni passati.

Nonostante sia un ottimo album e “Jump They Say” ebbe successo, l’album non sfondò in America, Bowie doveva ricostruire il disastro che la sbornia di “Let’s Dance” aveva prodotto.

1993 – The Buddha of Suburbia

Quando uscì fu considerata una colonna sonora e non un vero e proprio album di Bowie, tale catalogazione e le incertezze della casa discografica finirono per far ignorare l’album sia dalla critica che dal pubblico, oggi album da riscoprire.

1995 – 1.Outside

Dopo “The Buddha of Suburbia”, che ebbe vita travagliata, Bowie riallaccia i rapporti con Brian Eno che torna a proporre le sue carte delle “Strategie Oblique” ai musicisti che collaborano all’album.

L’accoppiata funziona ancora bene,   buone le vendite mentre la critica è discordante,   per me non ci sono dubbi questo concept album riporta Bowie ai suoi livelli artistici migliori, capolavoro.

1997 – Earthling

Nonostante la presenza di ottimi singoli, accompagnati da video ben realizzati, l’album non ottiene il riscontro di pubblico che secondo me avrebbe meritato.

Attento al panorama musicale dell’epoca Bowie realizza un opera interessante che all’epoca apprezzai parecchio.

1999 – ‘hours…’

A tratti malinconico con questo album Bowie sembra interrompere l’atteggiamento più sperimentale dei precedenti fornendo una prova più classicamente pop rock. La critica lo accoglierà  bene e anche le vendite saranno ottime.

dal 2000 in poi

2002 – Heathen

Prodotto dallo storico Tony Visconti che si impegna al massimo e contribuisce al buon successo dell’album, Bowie torna nelle nelle classifiche americane.

Partecipano, come ospiti, molti volti noti come Pete Townshend, Dave Grohl, Jordan Rudess, Kristeen Young e Tony Levin.

2003 – Reality

Ancora Tony Visconti affiancato dallo stesso Bowie si muove sulla falsa riga del precedente, ebbe ottime recensioni all’estero ma meno convinte in Italia, anche a me non entusiasmò poi molto.

2013 – The Next Day

Dieci anni di silenzio che aveva fatto pensare ad un ritiro definitivo di Bowie dalla scena musicale e all’improvviso, per il suo sessantesimo compleanno, eccolo tornare con “Where Are We Now?” che si presta ad una toccante  lettura malinconica.

Non so come l’avete accolto all’uscita, ma andate a riascoltarlo oggi, non sembra in questi brani omaggiare il suo passato? Bowie fa una cosa che non ha mai fatto nella sua carriera, non guarda il presente o il futuro plasmandolo in base alle sue esigenze e letture, guarda il suo passato e “Where Are We Now?” è semplicemente il manifesto dell’album.

Quelli che conoscono bene Bowie non possono non amarlo anche per questo fantastico ritorno, ascoltarlo oggi mi commuove più che mai.

2016 – Blackstar

Album che pesa come un macigno, faccio ancora fatica a riascoltarlo, carico di significati a volte nascosti, a volte evidenti.

I video che accompagneranno i singoli sono dei gioielli nei quali ricercare altre citazioni e riferimenti al suo percorso finale.

Tony Visconti ci racconta che Bowie aveva in mente nuovi progetti, ma credo che dentro di lui sapesse già  che non li avrebbe mai realizzati.

Mick Ronson – Chitarra

Sull’importanza di Mick Ronson per i primi anni di Bowie non credo ci sia da spendere parole, il suo apporto non si limitava solo alla chitarra ma coinvolgeva gran parte della fase produttiva e la cura negli arrangiamenti, vista la notevole formazione musicale anche classica di Mick.

Mick Ronson sapeva della fine del progetto e per lui si aprivano le porte per una carriera da solista, la storia ci dice che non decollerà  mai.

Il suo primo album esce nel 1974 e si intitola ” Slaughter on 10th Avenue “, e contiene tra l’altro una cover di “Love me Tender” di Elvis Presley, un   brano completamente scritto da Bowie “Growing Up and I’m Fine” e, sorprendentemente, la cover di “Io vorrei… non vorrei… ma se vuoi” di Lucio Battisti intitolato “Music Is Lethal”  con un testo appositamente scritto da Bowie.

L’album non va male ed entra nella top ten inglese, per cui nel 1975 esce il suo secondo album “Play Don’t Worry” con la presenza di molte cover, compresa una di un brano di Claudio Baglioni “Empty Bed (Io Me Ne Andrei)”.

L’album avrà  meno successo del precedente e la carriera solista di Mick si ferma definitivamente, molti avevano scommesso di avere tra le mani una potenziale nuova star ma le cose andarono in modo diverso, la stessa RCA rifiutò nel 1976 la pubblicazione del suo nuovo album “Just Like This” a causa delle scarse vendite dell’album precedente.

Quest’ album verrà  poi pubblicato solo dopo la sua morte, avvenuta il 29 aprile del 1993 a soli 46 anni a causa di un cancro al fegato.

Nonostante la mancata realizzazione di una carriera da solista, Ronson negli anni era riuscito a ottenere grandi soddisfazioni collaborando, e a volte producendo, con una marea di grandi artisti, tra i quali Ian Hunter, Roger Daltrey, John Mellencamp , The Leather Nun, Morrissey e tanti altri.

Sarebbe esistito il Bowie che conosciamo se non avesse incontrato Mick Ronson  lungo il suo percorso?

Trevor Bolder – Basso

Trevor Bolder da buon bassista non amava molto vestirsi di tute sgargianti, era arrivato per   sostituire Tony Visconti, ed era stato travolto dall’ascesa di Ziggy.

Dopo la fine di tutto parteciperà  all’esordio solista di Ronson e al progetto Spiders From Mars di cui parlo a breve, per poi entrare a far parte degli Uriah Heep , in sostituzione di John Wetton che li aveva lasciati per iniziare la sua collaborazione con i Roxy Music.

Con gli Uriah Heep inciderà  quattro album, poi con l’uscita di “Conquest” la band si sciolse e iniziò una battaglia legale tra i vari componenti per la paternità  del nome,   Trevor Bolder  preferì non attendere e entrò a far parte dei Wishbone Ash nel 1981, per poi tornare a far parte degli Uriah Heep, quando si riformarono ne 1983.

Trevor Bolder  muore il 21 maggio 2013 anche lui a causa di un tumore.

Mick Woodmansey – Batteria

Woodmansey pensava che dopo la fine di Ziggy si potesse continuare come  Spiders from Mars e si diede da fare per ricostituire la band.

Incassato il no di Mick Ronson , che era impegnato nella sua carriera solista, convinse Trevor Bolder e ingaggiò Dave Black alla chitarra solista e Pete McDonald come cantante.

L’album uscì nel 1976 intitolato “Spiders from Mars” con scarso successo nelle vendite e stroncato dalla critica che lo percepiva già  vecchio, il progetto nacque e morì in pochissimo tempo, Bowie se ne disinteressò completamente.

Dopo la fine degli Spiders From Mars, e l’esperienza con la sua band   Woody Woodmansey’s U-Boat, Woodmansey ha collaborato con Art Garfunkel e insieme a Tony Visconti ha fatto parte del super gruppo Holy Holy del quale faceva parte anche  Marc Almond.

La sua carriera è costellata da occasioni mancate, un provino per i   Wings poi non fatto, contatti con i Meatloaf poi naufragati, collaborazione con i Dexy’s Midnight Runners e con Bowie che apparentemente lanciò la possibilità  di una riunione dei Ragni nel 1978 senza che mai si trasformassero in progetti stabili, in compenso ha avuto la fortuna di una famiglia stabile e felice, direi che comunque gli è andata bene.

Nel 2016 ha pubblicato la sua autobiografia intitolata “Spider From Mars: My Life With David Bowie”.

Reunion

Bowie verso la fine del 1978 aveva pensato di provare a riunire gli Spiders e portarli nuovamente in tour ma perse rapidamente l’interesse per questo progetto.

Una seconda bozza di progetto di reunion per gli Spiders From Mars è del 2013, ne aveva parlato Trevor Bolder ma era più un sogno che altro, da li a poco questo sogno sarà  cancellato per sempre.

Nel 1983 uscì il film concerto “Ziggy Stardust and the Spiders from Mars”, il documento migliore per rivivere il periodo.

Nel prossimo episodio:

«  Sono sicuro che ora sarebbe il momento giusto per riformare Gene, ma preferirei mangiare il mio pene, fritto, con lo scalogno. » (Martin Rossiter   intervistato da Marc Burrows 19 novembre 2012)

S1 E3 : Gene, Mangia prega ama