Ve la ricordate la Los Angeles di Ridley Scott in “Blade Runner”? Ecco, siamo su quella linea secondo Justin Young, frontman della band indie-rock britannica più celebre dieci anni fa e oramai considerata alla stregua di qualsiasi robetta che include chitarre. Sì, sto parlando dei The Vaccines che a 10 anni dall’album d’esordio (che non ne sbaglia una) escono con un album che s’ispira ad una città del futuro o a qualsiasi città vogliamo noi immaginare. Il tutto viene fuori come una cloaca di pezzi visti e rivisti, con un fare che oramai ha stancato. Però “Back in Love City” ha anche qualche pregio.
Certe volte mi chiedo come mai una band inglese, di discreto successo all’estero e di grande fama nel paese d’origine, voglia per forza andare negli Stati Uniti. Non c’è mai una volta che venga fuori un qualcosa di carino. Gli stili sono diversi e accorparli diventa veramente difficile. Ora, tolte queste premesse, al disco.
Tutto uguale, veramente tutto uguale. Possiamo dire che gli accordi di chitarra inseriti sono gli stessi in (quasi) ogni canzone e questo oramai è diventato il marchio di fabbrica della band inglese dal terzo e orribile album “English Graffiti”. L’obiettivo è far fare una sorta di City Sightseeing a Love City, la città del futuro immaginata in questo caso. E quindi ogni angolo del luogo è fatto da una canzone diversa.
I testi sono sicuramente i classici dei The Vaccines, ironici e taglienti come sempre: “Alone Star” o anche “Jump Off The Top” che sono totalmente identiche per quanto riguarda l’aspetto strumentale. Oltre al fatto che l’ultima citata è praticamente un rimasuglio di quel periodo d’oro che proprio compie 10 anni. Nota molto positiva, e forse anche l’unica, è “Wanderlust” cazzuta e tosta nel suo essere una canzone di Justin Young & Co.: ha come al solito questa vena quasi country americano, ma le elettriche spaccano tutto. Non voglio poi entrare nei classici coretti che, ammettiamolo, hanno rotto le palle.
In conclusione, per dare un’idea del voto che avete visto, i The Vaccines hanno perso la strada. O meglio, sono rimasti a 10 anni fa quando il tutto poteva sembrare nuovo e divertente ma ora è trito e ritrito, visto e stravisto e andate avanti voi. Questo non vuol dire che non abbiano fatto un buon lavoro, è un lavoro che tanto se ascolti lo fai perchè sei annoiato e non ti vengono quei brividini come quando sentivi “If You Wanna” o “No Hope”. Bisognerebbe dire alle band che sono diventate celebri per anthems che mantenere la stessa strada e lo stesso stile è molto difficile, ma non impossibile. Vi prego, dai.