Nel pensare a come descrivere l’ultimo album di Salmo, è inevitabile farsi venire l’amaro in bocca ““ e anche un po’ di acidità di stomaco, già che ci siamo. Non sarebbe però male anche farsi una risata, dato che la profezia del rapper di Olbia (che con ironia ha definito “Flop” il suo lavoro peggiore) corrisponde più o meno a realtà . O almeno, se non esistesse “Playlist”, la vittoria del titolo se la assicurerebbe tutta proprio “Flop”. Ma andiamo con ordine.
Salmo ha voluto dipingersi come un angelo caduto che non si pente delle sue azioni e va avanti a testa alta, infischiandosene dei giudizi altrui e rimanendo fedele solo a se stesso. Non si vuole più curare di chi lo accusa di essere diventato un venduto, di aver sacrificato lo spirito critico e l’onestà per delle canzonette pop. Come afferma anche nella title track, “è okay, sono un venduto / è okay, chi se ne frega” ““ e dopotutto sarebbe ipocrita dargli torto, dato che ora più che mai gli artisti non possono vivere di sola aria. Per carità , sul piano della sincerità l’artista è assolutamente inattaccabile; sappiamo bene quanto sia sempre stato molto sfacciato e volutamente controverso. Se parliamo però di com’è ascoltare “Flop”, lasciatemelo dire: Salmo sta invecchiando troppo e malissimo, e non solo “per i tiktok”.
Il disco pare un insieme confuso di tante cose, senza un vero e proprio filo logico; ci sono piccoli contentini per i fan storici, simil parodie de “Il cielo in una stanza” altamente discutibili (come “Kumite”), pezzi palesemente creati per attirare ascoltatori della Generazione Z, e pochi (ma validi) feat. Forse, ironicamente, potremmo dire che “Flop” è salvabile in alcuni punti proprio grazie alle menti e al talento di artisti come Marracash e una giovanissima Shari (classe 2002). In evidenza finisce anche “Vivo” ““ forse perchè, ancora una volta, c’è di mezzo un altro artista, Josafat Vagni (attore presente in “Mondocane” e “Maraviglioso Boccaccio”, per intenderci).
Per quanto riguarda il resto, si beccano la sufficienza “A Dio” e “Marla”. Non che gli altri brani del disco siano completamente da buttare, ma vale davvero la pena apprezzarli e accontentarsi, visto ciò che Salmo è stato in grado di creare in passato? Altro punto immensamente dolente dell’album è la scrittura, di una tristezza infinita. Non che sia mai stata particolarmente brillante o degna di nota, ma di qui a ritenere ottime barre come “Lo sai che sono pazzo, sì, ma pazzo per Gesù, yah“ (da “Flop!”) o “Senza diamanti quanto brillo / Sotto la maschera so’ Lillo“ (da “Che ne so”) ne passa di acqua sotto i ponti, insomma.
Di esperienza nel campo Salmo ormai ne ha e tanta, e forse per questo non è riuscito a fare un disastro totale con “Flop”. O quasi. Diciamo quasi perchè il rapper si erge prima ad anticonformista onesto per poi creare canzoni create appositamente per vendere ““ queste stesse però non hanno neanche il potenziale di essere delle hit se non per i giovanissimi fruitori di Tiktok. Quindi dove sta l’organicità , il senso di questo album? Che tutto il concept fosse un semplice inner joke su come questo sarebbe dovuto essere il lavoro peggiore di tutta la discografia del rapper? O che sia un altro insieme casuale di canzoni com’è già stato per “Playlist”?
In “Criminale” possiamo sentire “a nessuno frega più un cazzo della musica”. Beh, Salmo avrà pure voluto mostrarsi umano, vulnerabile, sempre sul pezzo e pronto a ogni novità , a ogni controversia. Con “Flop”, però, l’unica cosa che ha davvero mostrato di sè è che quello a cui non frega più un cazzo della musica ““ o perlomeno di farla come si deve ““ è proprio lui.