I concerti stanno ormai tornando ““ pur con molta calma ““ e le band finalmente possono presentare i loro dischi già usciti negli ultimi tempi o regalare qualche anticipazione ai propri fan delle loro nuove release: il secondo caso è proprio quello degli Spoon che hanno appena svelato i dettagli del loro decimo album, “Lucifer On The Sofa”, che vedrà la luce il prossimo febbraio via Matador Records.
La storica band indie-rock di Austin ha allo stesso tempo annunciato anche lo streaming di un concerto tenutosi lo scorso mese alla Teregram Ballroom di Los Angeles, venue che proprio Britt Daniel e soci avevano inaugurato nell’ormai lontano 2015, come ricorderà anche lo stesso frontman durante la serata.
E’ il primo tour dopo tanto tempo per i texani, il cui disco più recente è “Hot Toughts”, uscito a marzo 2017: nonostante questo gli Spoon, che nel frattempo hanno perso il chitarrista e tastierista Eric Harvey e il bassista Rob Pope (sostituiti rispettivamente da Gerardo Larios e Ben Trokas), sembrano decisamente concentrati su questo ritorno on the road.
Il gruppo statunitense decide di scaldare con calma i numerosi fan presenti nella venue losangelina attraverso “The Beast And Dragon, Adored”: l’inizio cuoce a fuoco lento per poi crescere e prendere un’atmosfera rockeggiante con gli interventi di chitarre sporche e rumorose, ma senza mai dimenticarsi di creare una melodia davvero gradevole.
L’ambiente si accende in modo rovente un attimo dopo con “Small Stakes”, il cui lungo intro chitarristico aggiunge un tono davvero pesante: allo stesso tempo, però, gli Spoon sono bravi a giocare di esperienza con un ritornello accattivante che accompagna la cattiveria e l’energia della canzone, decisamente più potente rispetto alla sua versione originale presente su “Kill The Moonlight” del 2002.
Meravigliosa ““ e una delle nostre preferite di questo lungo set di oggi – “Inside Out” che, attraverso l’ottimo lavoro dei synth, disegna atmosfere incredibili e delicate a cui si aggiungono leggeri beat, mentre è la voce di Daniel a incantarci e a farci sognare.
Presentando il nuovo LP il frontman lo ha definito come un album “rock’n’roll classico scritto da una persona che non ha mai capito Eric Clapton”: non ci è del tutto comprensibile il riferimento a Slow Hand, ma le chitarre energiche e in continua crescita dell’inedita “Wild” ci fanno capire perfettamente la prima parte del concetto e, come il pubblico presente nel club californiano, rimaniamo piuttosto esaltati.
Nel rock’n’roll, però, troviamo anche i momenti più soft, riflessivi e tenui, come succede nell’altro inedito “My Babe”, estratto dal nuovo LP: la gentilezza di chitarra, piano e batteria dà l’assist a Britt per scrivere una nuova pagina delicata e piena di sentimenti (anche se non manca qualche grintoso affondo della sei corde).
“Don’t You Evah” – preso dal mitico “Ga Ga Ga Ga Ga” (2007) ““ è caratterizzato da questa fantastica e pulsante linea di basso, cortesia di Ben Trokan, e da percussioni dai ritmi funky, ma non viene mai a mancare nemmeno una melodia vincente per la gioia dei presenti in sala stasera.
Il main-set si chiude con “Jonathon Fisk”, uno dei brani più rock ed energici di oggi con quei suoi graffianti riff e quella sua melodia che rasenta la perfezione: impossibile resistere a tutta questa dose di adrenalina. E’ un vero peccato trovarsi davanti allo schermo di un telefonino invece che all’interno di una venue vera e propria, ma l’esaltazione, sia del pubblico che della band, la riusciamo a leggere anche attraverso le immagini.
Il concerto, per fortuna, non è ancora finito perchè ci aspetta un lungo encore (ben sei pezzi!) aperto dalla cover di “Isolation” di John Lennon: inizialmente l’ambientazione solo piano e voce crea un’atmosfera davvero speciale, ma, mentre la canzone cresce, si aggiungono nuovi strumenti che ne aumentano l’energia.
Subito dopo il terzo e ultimo inedito della serata, il recentissimo singolo “The Hardest Cut”, appena presentato insieme all’annuncio del nuovo disco: riff potenti e adrenalina a fiumi accompagnano la voce grintosa di Daniel su territori rock che sembrano non lasciare indifferenti i presenti in sala.
Il singolone “Rent I Pay” (da “They Want My Soul”) chiude questi ottanta minuti abbondanti con un’ultima dovuta scarica di adrenalina pura.
Una serata che sarà difficile dimenticare anche per chi ““ come noi ““ ha potuto assistere al concerto solo grazie a questa registrazione: in questi anni di pausa gli Spoon non sembrano aver perso la loro brillantezza e si dimostrano ancora una volta una delle realtà indie-rock più interessanti e solide in circolazione. Noi ovviamente non vediamo l’ora che tornino anche in Europa per poter godere di persona di queste esaltanti sensazioni che oggi abbiamo potuto catturare solamente da dietro a uno schermo.