Giunge come gemma preziosa, a illuminare quelle giornate un po’ uggiose d’autunno inoltrato, il nuovo album in studio di Andrea Chimenti.
Ce n’era tremendamente bisogno, occorre dirlo, perchè “Il Deserto La Notte Il Mare” è uno di quei lavori che da soli nobilitano la musica italiana, assecondando il concetto che la forma canzone possa essere accostata eccome alla pura arte.
Che il Nostro ci sapesse fare e possedesse quella scintilla di talento appartenente ai più grandi già si sapeva – la sua storia in fondo è lì a testimoniarlo – ma quando ci si approccia a una nuova opera tanto attesa, c’è sempre un sentimento ambivalente, di trepidazione e di apertura allo stupore, che però viaggiano a braccetto con il pensiero che non si possano ottenere ogni volta certe vette.
Il nuovo album di Chimenti, invece, soddisfa appieno le aspettative, superando oltremodo le previsioni, poichè contiene al suo interno tutti gli ingredienti per colpire al cuore l’ascoltatore.
E’ possibile infatti approcciarsi a queste 11 tracce (comprensiva di una bonus track presente nella versione CD, la sfuggente “Niente è impossibile”, caratterizzata da ritmi ipnotici e simil-tribali) in modi differenti ma, sia che ci si soffermi sui testi, sia che uno stia più attento alle musiche e agli arrangiamenti, sia che ci facciamo trasportare dalle molteplici atmosfere evocate, l’effetto ottenuto sarà sempre quello di rimanerne meravigliati e riempiti di emozioni.
E’ nelle insieme delle parti che il disco arriva a livelli qualitativi di eccellenza, con l’ex Moda abile capo mastro coadiuvato da un roster d’eccezione di collaboratori, spiriti per lo più affini e inclini come lui ad eludere facili percorsi canzonettistici.
Il marchio “Vrec Music Label” è sempre più attento a dedicare spazio ad artisti italiani che abbiano qualcosa da dire, lontani per lo più da ciò che si sente attualmente in giro, ma ciò non è necessariamente un male, anzi, grazie al cielo c’è chi ha la sensibilità di trasmettere a sua volta le diverse sensibilità dei protagonisti coinvolti.
In questo viaggio poetico e musicale, si incontrano anime che tanto hanno da donare alla causa, da Ginevra Di Marco che mescola la sua dolcissima voce con quella del titolare del progetto nella struggente “Allodola nera”, forte di suggestivo incipit (“Libera ora e per sempre/innalza il tempo del canto/senza più paura di niente/con mille fiori hai tessuto un manto/Ed erbe a lenire il cuore/a coprire la terra, il tuo dolore”) al sodale Francesco Magnelli, il quale ne impreziosisce il tessuto sonoro con le toccanti note del suo pianoforte; dal vecchio compagno d’avventure Fabio Galavotti all’ex Litfiba Antonio Aiazzi, che oltre a colorare i brani con la sua inconfondibile fisarmonica e i misteriosi synth, è pure co-autore di uno dei picchi creativi dell’intero album, rappresentato dalla sublime “Beatissimo”, corredata da un video in bianco e nero molto suggestivo.
Sono consapevole di fare un torto a qualcuno, ma non posso non citare almeno anche David Jackson, il cui caloroso e cangiante suono di fiati sa portare il percorso delle canzoni letteralmente in un’altra dimensione: ne è un fulgido esempio il singolo “Milioni”, dalla melodia cristallina e dal pathos che sgorga libero e solenne.
Ogni persona intervenuta però ha contributo a rendere il disco imperdibile, cosicchè non figurano tracce meno a fuoco, e il tutto si mantiene in perfetto equilibrio dall’inizio alla fine senza cedimento alcuno, tanto che pur non essendoci un filo univoco a collegare le canzoni, viene difficile pensare di rimescolare una scaletta che, dalla sua partenza in poi, è in grado di cogliere appieno quei sentimenti che ci evocano il deserto, la notte e il mare, vale a dire i tre elementi citati nel titolo che affiorano e si ricorrono con il loro carico di significati.
Dato a Cesare quel che è di Cesare, assegnando cioè i giusti meriti ai musicisti coinvolti, è d’uopo focalizzarsi sul valore aggiunto espresso dallo stesso Andrea Chimenti, la cui versatilità vocale e compositiva è manifesta sin dal clamoroso “Dove ho posto il mio amore”, uno di quegli episodi che inchiodano all’ascolto, affascinante e mesmerico nel suo spoken word introduttivo e poi clamorosamente incisivo nella seconda parte, contornata da ficcanti sferzate di chitarra elettrica.
Il disco procede sui medesimi standard qualitativi con gli accorati versi di “In eterno”, scritta con Cristiano Roversi (anche co-produttore del disco), dove emerge il tratto più romantico, intessuto in un testo dove si fondono il lato spirituale e quello terreno: “…e ogni giorno leggere sui giornali che va bene/e che il Sole non tramonta ma di bellezza sviene/in eterno… E mentre stendo i panni ad asciugare in riva al mondo/che si argina col mare/ti avvicini e mi dici resta ancora un po’/in eterno”.
Colpiscono inoltre in egual modo anche il sincero e toccante omaggio di “Garcia”, con Chimenti che adatta e traduce un brano del grande Garcia Lorca, la commovente “Bimbo” e la descrittiva “Felice”, baciata da raffinato lirismo.
L’autore nel corso di una lunga e onorata carriera – troppo poco riconosciuta in tutta la sua grandezza – ha creato un linguaggio assai personale che non lo fa somigliare a nessun altro e che al limite lo può accomunare, rimanendo in ambiti nostrani, alle esperienze di artisti quali Paolo Benvegnù, Gianni Maroccolo o i C.S.I.; penso tuttavia di non profanare nessuno, affermando che questo disco mi fa ricordare alcuni momenti di quel David Bowie da lui tanto amato e celebrato.
L’avrete capito, insomma, qui siamo dalle parti del capolavoro, e come già successo per altri dischi usciti per la Vrec, non è previsto che venga diffuso su Spotify et similia: si potrà pertanto ascoltare solo su CD o LP, una scelta in controtendenza ma che va in una direzione ben precisa, conforme alla solidità e alla profondità del progetto in questione.
“Il Deserto La Notte Il Mare” è un disco fatto di molteplici particolari, magnetico sin dalla splendida foto di copertina (tratta da un’opera di Nicola Vinci), e come tale va assaporato pian piano, nota per nota, parola per parola, fino a perdervisi dentro e ad innamorarsene perdutamente.