Ascoltare il terzo disco di Hand Habits è come leggere un romanzo, di quelli che ti trasportano nella vita di qualcun altro e ti obbligano a riflettere sulla tua. Prendete “Aquamarine”, incentrata su una scatola di ricordi della madre scomparsa: “Non sapevo che suonasse la chitarra fino a quando ho compiuto 27 anni”. Ma anche il brano di apertura “More Than Love”, che ribalta una banalità e la trasforma in dubbio e in ricerca: “Avevo bisogno di più che di amarti”.
Scrivere versi che riassumono emozioni fortissime usando parole quotidiane non è una novità per Meg Duffy, ma la cosa che sorprende in “Fun House” è quanto i paesaggi sonori si allontanino dal folk minimale dei suoi primi due lavori. Sono i sintetizzatori che sorreggono le armonie di “More Than Love” e “Aquamarine”, insieme a una ritmica motorik e un basso liquido. Siamo in territori synth-pop non lontani da quelli di Perfume Genius, che non a caso compare in un featuring nel brano “Just to Hear You”.
I principali artefici di questo cambiamento si possono identificare in Sasami Ashworth (SASAMI) e Kyle Thomas (King Tuff), che non solo hanno prodotto e registrato il disco ma hanno costituito una sorta di nucleo familiare con Meg Duffy durante i lunghi mesi di lockdown dello scorso anno. è un disco nato in una condizione di isolamento corale, quindi, dove l’identità del progetto Hand Habits si è progressivamente allargata e la presenza dei due amici ha dato a Duffy la sicurezza necessaria per prendere dei rischi.
“No Difference” e “Graves” tornano verso un folk contemporaneo più allineato al precedente “Placeholder” (2019), “False Start” e “Clean Air” ammiccano a un classicismo folk-rock che ricorda Aimee Mann, mentre “Concrete & Feathers” potrebbe uscire da un disco dei War on Drugs, band per la quale Duffy ha a lungo suonato come chitarrista in tour.
“La natura ingannevole della memoria mi ricorda una casa degli specchi”, ha detto Duffy spiegando il titolo del disco. Anche musicalmente un modo di trovare la propria identità è quello di abbracciarne molte, e di abbracciare il cambiamento. Meg Duffy lo ripete quindici volte nell’ultimo minuto di “Control”, il brano che chiude il disco: “posso cambiare”, mentre la chitarra acustica scompare sotto l’ottava bassa dell’organo.
Credit Foto: Jacob Boll