Fa sempre sorridere notare quanto ci sia di ottimismo made in West Coast nella musica dei Said The Whale anche se loro vengono da Vancouver e hanno trionfato ai Juno Awards. Arrivata all’album numero sette la band fondata da Ben Worcester e Tyler Bancroft prosegue il percorso già  tracciato tra grinta e melodia, la batteria di Bradley Connor, il basso di Lincoln Hotchen, le tastiere, i sintetizzatori di Jaycelyn Brown e le immancabili chitarre protagoniste di evoluzioni piuttosto vivaci.

Dischi come “Dandelion” finiscono sempre per rappresentare un sussidiario illustrato dell’indie rock, con brani come “The Ocean”, “Everything She Touches Is Gold To Me”, “Sweetheart”, “99 To The Moon” che se fossimo ancora negli anni dieci del nuovo millennio sarebbero immancabilmente di moda, discussi e ascoltati, vivisezionati nota per nota. Il tempo passa però ed è trascorso anche nel mondo dorato dei Said The Whale che oggi rivelano tutta la maturità  raggiunta in una carriera più che decennale negli arrangiamenti molto più dark di “Honey Lungs” e “Show Me Everything”.

Tutto ben fatto e fin troppo prevedibile, gradevole ma privo di forti emozioni. Giocano sul sicuro i cinque canadesi con il rischio molto concreto di ripetere se stessi e quanto fatto in passato, tra piccoli spunti strumentali (“February 15”) e una “Anything For You” divertente ma priva della magia dei giorni migliori. La brillantezza dell’esordio “Howe Sounds/Taking Abalonia”, di “Islands Disappear” e “hawaiii” è un ricordo piacevole che resta nei ritornelli sempre molto catchy ma da band con l’esperienza dei Said The Whale è lecito aspettarsi qualcosa in più.

Credit foto: Lindsey Blane