è di nuovo venerdì e seguendo la traiettoria del volo di un moscone – dal ronzio più emozionante di tante cose sentite ultimamente – ho percepito l’esigenza, da parte dell’Universo, di sapere (anche) la mia sulle ultime pubblicazioni musicali del Belpaese; è per questo che, signore e signori, ho deciso di comunicare urbi et orbi il mio bollettino del giorno sulle nuove uscite del pop italiano. Sì, quel tragico, ribollente pentolone traboccante degli sguardi impietosi di chi dice che la musica nostrana fa schifo, di chi “parti Afterhours, finisci XFactor“, di “Iosonouncane meno male che esisti“, di “Niccolò Contessa ma quando ritorni“, di Vans, libri citati mai letti e film repostati mai visti che ogni venerdì rinfoltisce la sua schiera di capipopolo di cuori infranti con una nuova kermesse di offerte per tutti i gusti e i disgusti. Ecco, di questo calderone faccio parte come il sedano del soffritto, quindi non prendete come un j’accuse quello che avete letto finora: è solo un mea culpa consapevole ed autoironico – ridiamoci su! che una risata ci seppellirà , per fortuna, prima o poi – a preparare lo sfortunato lettore alla breve somma di vaneggi e presuntosi giudizi che darò qui di seguito, quando vi parlerò delle mie tre uscite preferite del weekend, e della mia delusione di questo venerdì. Sperando di non infastidire nessuno, o forse sì.

TOP


MANUEL AGNELLI
La profondità  degli abissi

Allora, partiamo col dire che vestire i panni di Manuel Agnelli, oggi, dev’essere una delle cose più complicate del mondo. Sopratutto per uno che, come il buon Manuel, deve fare i conti con quella manica di puristi che lo ha eletto a sciamano dell’alternative prima di spodestarlo dal suo trono solo per sentirsi ancora più alternativi nel dire “che merda X-Factor, guarda com’è finito male”. D’altra parte, la nazionalpopolarizzazione di Agnelli è passata proprio dal grande schermo, e alla faccia dei puristi riottosi che lo circondano da sempre un po’ incerti sul da farsi (incensarlo o crocifiggerlo?) lo slancio dato a Manuel dalla sua popolarità  televisiva oggi contribuisce a far sì che l’esordio da solista al napalm del frontman degli Afterhours non arrivi solo ai cultori delle catacombe ma anche al popolino della superficie. E chissà  che non faccia bene al cuore e alla rieducazione musicale di tutti. Puristi compresi.


GIORGIO POI
Gommapiuma

Posso dire che aspettavo questo disco da tipo anni? Più o meno, dal disco d’esordio di Giorgio, che qualche anno dopo aveva bissato il successo emotivo del primo passo discografico con “Smog“, altro capolavoro che ho impiegato però mesi a capire del tutto. Ho la netta sensazione, dopo un primo ascolto bagnatissimo di “Gommapiuma“, che non bisserò l’esitazione con il terzo lavoro in studio del cantautore più interessante del panorama nazionale: c’è qualcosa di magico in tutto ciò che Giorgio tocca, e più il vino invecchia più diventa buono. Non è un clichè, ma una verità  incontestabile. La maturità  di Poi sprizza da tutti i pori di un album che sembra scritto trent’anni fa per essere ascoltato, a cuore aperto, quarant’anni dopo. Insomma, come sempre nel futuro con un anticipo tremendo. Respiro.


CESARE CREMONINI
Colibrì

E’ tornato anche Cesare Cremonini, in questo densissimo venerdì di inizio dicembre – che più imbottigliato non poteva essere. Insomma, il vate del pop nostrano non faceva sentire da un po’ la sua voce ad una scena da anni intasata nell’emulazione dei suoi primi lavori in studio: lui, per confondere ancor più le idee di tutti e spiazzare i copisti, tira fuori un singolo che è leggero come l’uccellino da cui prende il nome. “Colibrì” è un brano notturno, che perde volontariamente di consistenza per farsi etereo, leggero senza superficialità : una ballata per cuori puri, che come sempre certifica il talento inesauribile di Cesare.

FLOP

Come sapete, non sono solito incazzarmi a salve. Cioè, lo faccio fin troppo nella vita quotidiana per finire col farlo anche qui, su una testata come IFB. Ci aggiorniamo alla prossima, con nuovo materiale utile ai miei diffamatori.

SEZIONE VIVAIO

Di fronte al nuovo che avanza ritrarci non è più possibile, se non assumendocene le pesanti responsabilità  generazionali; ecco perchè abbiamo bisogno oggi di dedicarci ai polmoni di domani, che hanno bisogno di ossigeno e di speranza. Nasce per questo la “Sezione Vivaio”, con le nostre segnalazioni dei più interessanti emergenti di giornata: solo i migliori fiori che la gioventù, come direbbe Fossati, fa ancora crescere per le strade.

FADI, Stagioni (album)

Non è ormai un segreto, per i miei lettori più accaniti (non ne fate parte? Peggio per voi), che ho una cotta malcelata per il cantautore romagnolo. Ovviamente, all’uscita del suo nuovo EP non potevo esimermi dal commentare l’ennesimo lavoro convincente del ragazzo, che dopo Sanremo sembrava un po’ “sparito” da radar che meriterebbero una resettata, se si permettono di perdere di vista uno dei pochi talenti davvero interessanti della scena nazionale. Una manciata di brani da divorare.

PRAINO, Mostri, civette (album)

Incetta di dischi, per il weekend di oggi: torna anche Praino, che dai portici bolognesi fa levare l’omelia giusta di un EP che mescola tra loro carte lontane e vicinissime. Come l’America e l’URSS, con un certo gusto punk che si stende come velina su tutte le tracce di “Mostri, civette“. Bel lavoro, contraddistinto non solo da un’ottima rifinitura autorale ma anche da belle idee musicali.

MARGO’, Permette signorina

Bel cantautorato, quello di Margò, che intelaia un ritorno che compiace il cuore ma anche la testa e lo stomaco: si sente che il modo di fare è quello giusto, ma anche la penna si fa valere negli incastri giusti di una scrittura che tocca corde profonde. Un’ottima conferma per lei, mentre per Lunatika è l’esordio migliore come etichetta.

CASPIO, fugit (album)

Caspio conferma ancora le sensazioni belle destate dagli ultimi singoli, che oggi convogliano nella proposta articolata di un EP capace di fondere tra loro estremi distanti – o solo apparentemente tali. Canzone d’autore ed elettronica si prendono a braccetto nel giro di danze di “fugit“, che come il titolo stesso suggerisce non può che scivolare liscio liscio sin da primo ascolto, obbligando l’ascoltatore al “restart”. “Domani” è forse uno dei brani più riusciti del cantautore friulano, in evidente rampa di lancio.

JOSEPH BRUNO, Joseph (album)

C’è del vecchio sano rock’n’roll in Bruno, una spolverata (quella buona) di sixties d’annata, una buona dosa di “fotta” pura e tanto crossover di gusto che porta l’iconico “Joseph” ad essere un disco buono per non lasciarsi consumare dall’apatia del mercato discografico nazionale. Insomma, tanti spunti utili a rendere l’album omonimo di Bruno un connubio di cose belle che fanno stare bene: da gustare.

ADRIANO LANZI, PAOLO DI CIOCCIO, Taming the dragon (album)

Roba spinta, quella di Lanzi/Di Cioccio, che calano il trip giusto sul venerdì d’uscite rifilando con gusto al pubblico nazionale una sintesi di ascesi e catarsi che trova sviluppo nella tracklist meditabonda di “Taming the dragon“; certamente, non un disco per tutti, ma che può trovare la sua nicchia di sopravvivenza in un mondo discografico condannato al rumore.

ELEONORA MANGANO, Niente

Brano interessante, “Niente” di Mangano: il nuovo singolo della cantautrice pratese gode di un buon sound, e anche la scrittura non è affatto male, anzi. Forse, alcuni angoli potevano essere smussati un po’ meglio, ma nel complesso la canzone è bella. La voce è interessante: forse potrebbe spingersi verso altezze più impervie, senza sedersi troppo su registri gravi che comunque donano al pezzo quell’aria solenne che merita.

PAUL GIORGI, Safari Pop (album)

Raccoglie tutte le sue idee animali in un bestiario solenne, Paul Giorgi, che qualche giorno fa ha esordito sulla lunga distanza (quella del disco) dopo un percorso roboante fatto di singoli giusti pubblicati al fianco di Le Siepi Dischi: uno zoo di idee musicali sospese fra brit pop e canzone d’autore che compiace la pancia e la testa.

MISSEY, Cadere così

Ad ogni nuova uscita, il sound di Missey mi fa dire “ok, ci si può ancora salvare”; c’è qualcosa di beatlesiano nella linea melodica che apre “Cadere così”, che si sfalda con il progredire di una canzone che più stilosa non poteva essere. Forse uno dei brani che ho preferito della cantautrice.

NAPOLEONE, Lacrime a Mare

Buon ritorno anche per il cantautore campano, che ha ormai raggiunto una riconoscibilità  autoriale tale da riuscirsi a sganciare anche da ciò che lo aveva contraddistinto fin qui. Oddio, sganciarsi fino ad un certo punto: il ritornello del brano rimane cantato in napoletano e il sound è quello a cavallo tra gli anni Ottanta della discodance di Sorrenti e il 2021 targato Nu Genea, ma stavolta non diventa l’epicentro di un brano che trova nelle strofe il via vai più interessante di spunti buoni ad eleggere “Lacrime a mare” tra le più gustose uscite del weekend.

MEDIVH, Rebirth

Medivh è un progetto che merita l’ascolto fosse solo per il respiro internazionale che può lasciar soffiare sul panorama anonimo di proposte nazionali sempre più incastrate nel reiterato riproporre stessi stilemi. “Rebirth”, invece, si spinge verso un post-rock dalle influenze apertamente nordiche che non dispiace affatto.

SHADOUONE, Stupido film

Abbiamo già  avuto modo di apprezzare in passato la proposta di Shadouone, autrice sospesa tra pop, trap e canzone d’autore (con le giuste distanze da tutte queste tre possibili derive), spinta qui da una produzione che lascia involare la voglia di spaccare tutto. Con rabbia.

TALES OF SOUND, Frammenti quotidiani (album)

Ma che cavolo sto ascoltando? Mi devo ancora n’attimo riprendere dall’EP nevrotico di Tales of Sound, che sceglie la via della psicosi elettronica per la sua nuova uscita, crossover riuscito di più vie tutte capaci di incontrarsi (a metà  strada tra mediterraneo e oltreoceano) nella manciata di tracce di “Frammenti quotidiani“. Bella storia, bro.

L.E.D., Nonno

C’è qualcosa di diverso, diversissimo, nel nuovo singolo di L.E.D., che dedica un pezzo al nonno e fa volare alte le aspettative verso il progetto del giovane romano. Per chi pensasse che la Gen Z sia solo superfici patinate e sbiascicamenti strani, ecco che L.E.D. dimostra di far parte di una rigenerazione d’autore che rimarrà  nel tempo. Anche quando i pischelli di oggi saranno vecchi bacchettoni come lo è diventato il sottoscritto.