Costruito come un thriller psicologico, per certi versi addirittura come un horror, il primo film di Florian Zeller (tratto da una sua stessa piece teatrale) mette in scena la demenza senile giocando con le terribili caratteristiche della patologia che affligge il vecchio padre del titolo. Così come per il povero protagonista, anche per lo spettatore sarà  difficile non confondere stanze, volti, situazioni e ricordi.
Loop, sovrapposizioni di personaggi e conversazioni stranianti ricreano lo smarrimento e la frustrazione della demenza e rendono impossibile, fino al toccante finale, comprendere il reale stato della realtà  che circonda Anthony.

Impossibile non considerare che un film del genere poteva riuscire soltanto con un’interpretazione magistrale, che Anthony Hopkins fornisce dominando con la sua statura attoriale in ogni secondo della pellicola.
Curioso che l’attore inglese credesse che non avrebbe vinto l’Oscar, tanto da non presentarsi alla cerimonia di premiazione. Per poi ringraziare la Academy via Instagram ripetendo incredulo “I really did not expect this“. Forse non gliel’hanno fatto rivedere o s’è rincoglionito egli stesso. Battutacce a parte: che attore enorme.

La messinscena molto sobria, che punta in prevalenza su cupi interni, è il palcoscenico perfetto per valorizzare le interpretazioni di Hopkins, Colman (straordinaria anche lei, nel ruolo della dedicata figlia di Anthony) e del resto del cast che si trovano dunque in un contesto quasi teatrale.

Molto buono anche l’elegante commento musicale del nostrano Ludovico Einaudi.