Non un semplice album, ma un’ambiziosa esperienza audiovisiva che include quindici tracce nuove di zecca e un libro di 144 pagine con fotografie realizzate da Brian Karlsson e testi rielaborati in maniera artistica dal designer Paul Sahre impiegando una vecchissima macchina da scrivere ““ più precisamente, una IBM Selectric degli anni ’70. “Book”, l’ultima fatica in studio dei They Might Be Giants, è senza ombra di dubbio un’opera particolarmente invitante per tutti i collezionisti e gli amanti della musica in formato fisico.
Solo un pezzo da mettere in bella mostra sullo scaffale, quindi? Fortunatamente no. Perchè, anche questa volta, la premiata ditta John Flansburgh – John Linnell premia gli ascoltatori con una godibilissima raccolta di canzoni stravaganti, divertenti e “colorate”. Il pop surreale e imprevedibile della band di Brooklyn si evolve seguendo lo spirito dei tempi, ovvero tingendosi di quella sconfortante malinconia che tanto bene abbiamo imparato a conoscere in questi lunghi ed estenuanti mesi pandemici.
In più di qualche occasione, i versi di “Book” sembrano voler raccontare le tristi sorti di un mondo devastato da solitudine e catastrofi varie: bambini divorati da entità sconosciute e vulcani che spuntano fuori dal nulla (“Synopsis For Latecomers”); dinosauri logorati dalla depressione (“Brontosaurus”); disgraziati che salgono in cima alla “statua della libertà dalla gravità ” e sognano di galleggiare nel vuoto delle responsabilità (“I Broke My Own Rule”).
A scacciar via le nuvole ““ come spesso avviene nel caso dei They Might Be Giants ““ è ancora una volta la musica: la collaborazione tra Linnell e Flansburgh, che prosegue ormai dalla bellezza di quarant’anni, non lascia trasparire segni di invecchiamento. Il motivo è presto detto: il loro approccio alla materia pop resta unico e inimitabile.
Melodie tanto semplici quanto elaborate, a metà strada tra le filastrocche per bambini e la musica colta, si susseguono in un flusso ininterrotto di sonorità e generi di disparata natura. L’unica costante è il power pop che, di volta in volta, viene reso in forme strampalate, genuine o raffinate.
I toni surrealistici della psichedelia più vivace, i ritornelli a dir poco irresistibili, il frequente impiego di strumenti atipici, le armonie vocali talvolta sopraffine e il continuo rincorrersi di richiami ad altre epoche musicali donano ai brani di “Book” il proverbiale fascino senza tempo. Magari non ci sono più i colpi di genio di una volta, ma dalla parte degli stagionati They Might Be Giants ci sono ancora tanta classe e, soprattutto, voglia di divertire e sorprendere. Ci basta e avanza questo.