L’anno nuovo non è iniziato nel migliore dei modi? Consolatevi con “Now Or Whenever”, l’album che segna l’attesissimo ritorno sulle scene degli Spector. La band londinese non pubblicava un disco vero e proprio dai tempi di “Moth Boys”, ovvero dall’ormai lontanissimo 2015. Un periodo di silenzio eccezionalmente lungo anche se non continuo, perchè interrotto saltuariamente dall’uscita di ben tre EP fra il 2018 e il 2020 (oggi tutti raccolti in una compilation intitolata “Non-Fiction”).
Piccole briciole di musica seminate lungo un percorso non privo di ostacoli, considerando il fatto che l’arrivo di “Now Or Whenever” è stato rinviato di qualche mese per problemi legati ai tempi di attesa per la stampa dei vinili e all’emergenza sanitaria globale. Finalmente, dopo tanti patemi d’animo, siamo riusciti a mettere le mani sopra un lavoro che rischiava seriamente di finire nel tremendo limbo pandemico. E sapete che c’è? Possiamo dirvi con assoluta certezza che questo è davvero un ottimo album di quel sano, vecchio indie rock che tanto ci piace!
Nulla di rivoluzionario, sia chiaro: agli Spector non chiediamo di riscrivere le sorti della musica britannica. Lo stato di grazia del quartetto è però innegabile. E non è una cosa da poco, visto che stiamo parlando di un gruppo che, almeno dal punto di vista creativo, si è concesso un break importante. La qualità di queste undici tracce è tale da spazzar via ogni dubbio; è vero, a Fred Macpherson e compagni piace prendersela comoda, ma è meglio far le cose con lentezza e per bene che limitarsi a piazzare l’ennesimo contentino privo di brio e originalità da dare in pasto ai fan più sfegatati. Anche perchè sul terreno dell’indie rock, che da sempre è irto di pericoli, è assai facile scivolare.
Ma gli Spector hanno dalla loro parte un bel carico di esperienza e lo usano a dovere, evitando quel doloroso ruzzolone che a tanti loro colleghi più blasonati è costato caro. I nostri rientrano in pompa magna affidandosi essenzialmente a due elementi semplicissimi ma non banali: le chitarre elettriche, sempre centrali nei pezzi più energici, coinvolgenti e incisivi (“Catch You On The Way Back In”, “Do You Wanna Drive” e “No One Knows Better”), e le linee melodiche squisitamente pop tratteggiate dal talentuoso Macpherson, che arrivano a brillare in maniera particolare quando si fondono con la malinconia (“Norwegian Air”, “Bad Summer” e “Funny Way Of Showing It”).
Nei momenti più “tenebrosi” del disco ““ a dire il vero abbastanza rari ““ troviamo senza troppe sorprese richiami al post-punk, spesso messi in risalto dalle consuete trame elettroniche e da leggere sfumature synth-pop dal gusto “’80s (“D-Roy”, “An American Warehouse In London”). Le tastiere dominano anche nell’incantevole “I’m Not Crying You’re Crying”, una ballad calda ed elegantissima che viaggia sulle ali di un piano elettrico che sembra sbucar fuori dagli anni ’70, ma sono totalmente assenti nell’altrettanto bella “This Time Next Year”, una delicata canzone folk tutta per chitarra acustica e flauto.
Direi che non c’è molto altro da aggiungere: con “Now Or Whenever” gli Spector riannodano i fili della loro carriera e puntano al colpaccio. Ci riusciranno? Io personalmente spero di sì, perchè questi undici brani rappresentano una vera e propria boccata d’ossigeno per l’indie rock d’alto profilo di scuola britannica. Prendiamolo come un buon segno per il 2022 (musicalmente parlando, almeno).