Ad agosto 2018 Mitski aveva realizzato il suo quinto LP, “Be The Cowboy”, ma l’anno successivo, una volta terminato il tour a supporto della nuova release, aveva deciso di prendersi un periodo di pausa per un tempo indeterminato: sono passati ormai tre anni da allora ed ecco questa nuova prova che, stando a quanto detto dall’artista giapponese di stanza a NYC a Rolling Stone in una recente intervista, è visto quasi come “obbligo contrattuale”, aggiungendo poi di non sapere ancora se sarebbe di nuovo tornata a suonare.
Le canzoni che compongono “Laurel Hell” sono state scritte durante o prima del 2018, ma finite di mixare solo a maggio 2021: un periodo molto lungo che ha visto il mondo cambiare in modo radicale (e non per sua volontà ). Registrato durante l’isolamento durante la pandemia insieme al suo collaboratore storico Patrick Hayland, il disco ha visto i suoi pezzi “lentamente prendere nuove forme e significati”, specifica la press-release.
“Working For The Knife” è stato il brano che ci ha introdotti al nuovo album durante lo scorso autunno: synth rumorosi insieme al piano accompagnano la voce comunque sempre delicata, speranzosa ed emotiva della musicista nativa della prefettura di Mie, trasportandoci verso territori synth-pop.
“Everyone”, sempre costruita attraverso il suono dei synth, è decisamente cupa e dolorosa: “Sometimes I think I am free / Until I find I’m back in line again”, canta Mitski nella parte finale e ciò sembra potersi riferire all’attuale stato di lockdown del mondo intero, sebbene la canzone sia stata scritta molto prima dell’arrivo della pandemia.
“The Only Heartbreaker” sembra provenire dagli anni ’80 con influenze dancey, mentre allo stesso tempo Mitsuki Laycock ammette “I’ll be the loser in this game”, aggiungendo malinconia al brano.
“Should’ve Been Me” è probabilmente il pezzo più vivace, poppy e frizzante del disco a livello strumentale, ma non per questo sparisce il dolore quando la musicista scopre che il suo partner la tradisce con un’altra persona, immaginando che non potesse accettare tutto di lei, in particolare i suoi difetti.
Un altro tuffo negli ’80s anche nella conclusiva ed euforica “That’s Our Lamp”, con un synth-pop dai toni colorati e una gran voglia di ballare, mentre Mitski racconta di una relazione sentimentale purtroppo terminata.
Un disco malinconico, riflessivo e triste sotto il profilo dei testi, questo “Laurel Hell” ha però, per la volontà della stessa autrice, la voglia di trovare la forza per farci danzare, mentre ascoltiamo le emozioni che ci racconta: per la trentunenne Mitsuki un nuovo passo interessante verso un futuro ancora molto promettente.
Credit Foto: Ebru Yildiz