Si ritorna al circolo Magnolia di Segrate per un artista delizioso, che era in cima alla lista di quelli da vedere prima o poi, temevo che le circostanze annullassero l’ennesima data in calendario, fortunatamente così non è stato e quindi siamo qui a goderci la tappa italiana di questo tour europeo.
Sorta di alterego di Nicolas Munoz, norvegese, ma di chiare origini sudamericane, cilene per l’esattezza, “i Boy Pablo” sono, altresì, un collettivo di amici di vecchia data che si sono ritagliati stima e considerazione a livello internazionale, grazie, va sottolineato, ad una scrittura sopraffina, di alto profilo, come piace a me, semplice e diretta, dove sono proprio le canzoni a fare la differenza, dal 2016 tutta una serie di singoli, un paio di corposi ep e sopratutto il fortunato video di “Everytime” (Oltre 40 milioni di views) che li ha resi celebri, quindi il disco “Wachito Rico” che, sul finire del famigerato 2020, li ha visti esordire ufficialmente sulla lunga distanza.
Paragonato dalla critica spesso e volentieri a Mac De Marco, rispetto all’ artista canadese, più convenzionale e meno convincente nelle linee vocali, Munoz / Boy Pablo sfoggia un songwriting decisamente più talentoso, quello del “ce l’hai o non ce l’hai”, l’abilità di saper scrivere dal nulla, i cosiddetti ritornelli killer e concentrare in tre minuti la perfect pop song.
Arrangiamenti dal sapore classic (l’attitudine chitarristica di un certo beat, citerei i Beach Boys), mescolati alla riot giovanile rendono il tutto catchy, leggero, ma anche profondo e notturno, proprio come Bergen, città dove Pablo è nato e cresciuto.
Siamo sul palco piccolo del Magnolia, non c’è l’affluenza delle grandi occasioni, anche se questo non ha impedito che uno zoccolo duro di fan si ritrovasse sotto il palco a cantare a squarciagola tutte le canzoni, almeno per dimostrare che Boy Pablo, seppur ancora artista di nicchia, si stia ritagliando anche qui da noi, una visibilità underground di rispetto. Non mi sorprenderebbe affatto vederlo, nei prossimi anni, piuttosto in alto in qualche billboard dei festival più importanti, tempo al tempo.
La scaletta è un meltin’ pot di un repertorio già consistente, con l’album d’esordio a fare da capofila nelle scelte.
Si aprono le danze con l’irresistibile duo “Hey Girl”, “Leave Me Alone”, storie d’amore raccontate da un giovane classe 98′ annaffiate di malinconia, tenerezza, atmosfere agrodolci e sognanti.
La buttano sul divertirsi e farci divertire con tanto di balletti e sorrisi, “Mustache” è grottesca, dedicata a questi baffi che al povero Pablo ancora non crescono (“come mio padre verso i 30, ho ancora sei anni per aspettarli”), “Sick Feeling” dall’ep “Soy Pablo” è bellissima, la title track “Wachito Rico” (ragazzo figo) è accolta a furor di popolo, ma sono davvero tutte gemme pop che arrivano con pochi ascolti.
Boy Pablo non si prende assolutamente sul serio, anzi, conscio di non avere il “fisic du role” della rockstar sfascia camerini, mettendoci anche del proprio per allontanarsi ancora di più dalla figura dell’artista maledetto, da qui la scelta stessa d’intitolare il suo primo album sulla lunga distanza ironicamente appunto “Wachito Rico”, vince per il carisma e la capacità di saper coinvolgere e farsi volere bene, complice anche l’affiatamento con i compagni di viaggio.
Canzoni corte e concise come le grandi pop songs devono essere, un’ora precisa di concerto, molto piacevole, spassoso, che lascia di buon umore il centinaio, soprattutto giovanissimi, di presenti stasera: ci salutano sotto le note di “Dancing Queen” degli Abba, ne sentiremo parlare sicuramente.
N.B. Hanno aperto le danze gli Inner Wave, che francamente non conoscevo fino a poche ore fa, collettivo losangelino con il leader Pablo Sotelo di origine colombiane e una somiglianza vocale e anche un pò estetica con Julian Casablancas, che dire? Una bella sorpresa, già attivi da diversi anni, sono un crossover di generi tra art rock, indie, elettronica, tanta fantasia prestata ad una scrittura rotonda, molto bravi.