Fatta eccezione per un set all’interno del billboard di Ypsigrock nel 2019, passano per la prima volta in Italia con un proprio tour i Whispering Sons, precisamente dal circolo Magnolia di Segrate, che li ospita questa sera.
Collettivo belga, esattamente dalla provincia di Limburg, hanno all’attivo due album “image” e “Several Others“, uscito lo scorso anno. Scoperti in qualche modo da Tom Smith che li ha fortemente voluti in apertura del tour dei suoi Editors nel 2019, incidono per la seminale PIAS, label importante e lungimirante, quanto sinonimo di garanzia di qualità .
Capitanati dalla frontwoman Fenne Kuppens, che possiede un timbro vocale unico e riconoscibile, androgino per antonomasia, che va a prendersi una casella vuota nel panorama internazionale.
Il post-punk, la wave e certe atmosfere riconducibili al gothic rock fanno il resto.
Band talentuosa, che con il secondo lavoro in particolare, maturato e sviluppato durante l’anno pandemico, è riuscita a spingersi oltre l’esordio, più dark di per sè, ma non meno accattivante, rielaborando la lezione dei primi anni ’80, portando un marchio di fabbrica personale, con brani intrisi di tensione e pathos, laddove la voce di Fenne aggiunge una narrativa asfissiante e folgorante.
Dal vivo è materiale altamente infiammabile, l’abbiamo fortemente capito anche ultimamente con l’ascesa di band come Fontaines D.C. o Idles, oggi delle vere e proprie rockstar, che condividono con i Whispering l’attitudine punk di un genere che in concerto da sempre il meglio di sè.
Rimanendo fastidioso e tutt’altro che accondiscendente, ma che trova anche per il nuovo pubblico una valida alternativa al prepotente plebiscito che l’hip hop si è ritagliato in questi ultimi anni.
I Whispering Sons non sono (ancora) assolutamente al livello di consenso delle band sopra citate, anzi, parliamo di una proposta di nicchia, ma c’è da scommettere sul fatto che possano essere una concreta “next big thing”, forse più raffinati e meno popular a prescindere, però con la capacità di catalizzare attenzione e coinvolgere l’ascoltatore, da invidiare ai fratelli maggiori, per ora, solo il pubblico.
Data la scarsa affluenza appunto, è stato allestito il palco piccolo del Magnolia, saremo forse in 70 privilegiati, privilegiati sì, perchè di questo si tratta, band straordinaria come poche, dove tutto fila alla perfezione, suoni calibrati e precisi che accompagnano e cullano la voce amalgamandosi, la scelta dei brani vira leggermente verso il disco nuovo, si comincia con una rasoiata di quelle che lasciano il segno, “Dead End” e “Heat” (le stesse che aprono “Several Others”), che tracciano la strada con una Fenne spiritata ed indemoniata che prende a prestito l’attitudine sfrontata del primo Nick Cave.
Si passa da “Vision”, “Hollow” o “Satantango” fino ad arrivare alla conclusiva “Waste” ripescata da “Image” che chiude il concerto.
La sensazione è che sia un’unica canzone, senza pause, tra piani e forti, tra declamazioni, urla e melodie dolci come nell’acustica “Aftermath”, verso la fine, dove si toccano certe vette compositive confermate anche dal vivo.
Senza voler spingere sull’acceleratore o semplicemente esagerare, si può dire di essere tranquillamente di fronte ad una delle band live migliori in circolazione, sia per il presente, sia per il futuro.