Laura Loriga ha guidato per anni il progetto Mimes of Wine costruendo la propria vita tra l’Italia e l’America, New York in particolare, città che ha influenzato profondamente il percorso artistico di una musicista cosmopolita che nella Grande Mela ha trovato una comunità musicale solida e solidale. Incontri importanti popolano i nove brani di “Vever”, che schiera Otto Hauser (Cass McCombs, Kevin Ayers, Devendra Banhart) alla batteria, Ran Livneh al contrabbasso, Stefano Michelotti alla chitarra elettrica, Anni Rossi alla viola e Josh Werner (CocoRosie, Lee Scratch Perry, Marc Ribot) al basso elettrico giusto per fare qualche nome.
Collaboratori di rango a cui si aggiungono altri ospiti non meno rinomati come Ben Seretan, Janis Brenner (Meredith Monk & Vocal Ensemble) Gareth Dickson (Vashti Bunyan) e Jaye Bartell in un gioco di squadra che punta a far emergere appieno la personalità di Laura Loriga, le mille sfaccettature di un sound solo apparentemente minimale che in realtà diventa più complesso brano dopo brano. Batteria, viola, contrabbasso punteggiano “Mimi”, “Door Ajar” si snoda su ritmi cadenzati, “Balmaha” con Ofir Ganon alla chitarra diventa un ponte tra Oriente e Occidente.
Un primo album solista che prende il nome dal libro “Divine Horsemen: The Living Gods of Haiti” di Maya Deren e dimostra presto la sua eleganza, evidente soprattutto nei ritmi riflessivi di “Citizens” con la tromba di Enrico Pasini o in “August Bells” e “Passes The Flame”, entrambe vedono Seretan alla chitarra e Brenner alla seconda voce. Parlando di voci, quella morbida di Loriga è particolarmente adatta alla poetica “Black Rose”, al mistero evocato da “You Who Speaks” in un disco che punta su contrasti delicati e intimità senza passaggi a vuoto.