Il sempre oltremodo sottovalutato Richard Linklater (davvero non so perchè non si parli di lui come uno dei migliori cineasti americani della sua generazione) ritorna alla tecnica del rotoscope (già usata nel rifacimento Dickiano “A Scanner Darkly) per un coming of age animato spaziale, in tutti i sensi.
Il figlio pre-adolescente di un dipendente della NASA come tanti (chi non lo era a Huston sul finire degli anni ’60?) sogna di essere inviato per una missione segreta parallela alla celebre numero 11 di Armstrong e Aldrin, chiamata per l’appunto Apollo 10 e mezzo.
Il suo sogno si fonde e alterna alla missione vera seguita in mondovisione da milioni di persone, che lui in effetti, addormentatosi, perderà . Portando però nella memoria qualcosa di ben più prezioso, donatogli dalla sua fervida immaginazione.
I co-protagonisti della vicenda sono però gli anni ’60 americani al loro crepuscolo, “cartoonizzati” ma dannatamente vivi, nei colori della carta da parati, nelle scorribande al Luna Park, nella sorella innamorata dei Monkees, in quella che invece adora i Beatles e la politicizzata Janis Joplin, nelle maratone televisive dopo la scuola, nelle spiagge sporche di petrolio messicano ad un’ora di macchina da Houston. Molto interessante anche la scelta di passare al rotoscope anche filmati originali d’epoca.
Molto bella è anche la colonna sonora, meravigliosa quando usa “Astronomy Domine” dei Floyd sul montaggio parallelo dei due allunaggi.