Inizia da Bologna il tour italiano di quel Dio in terra che risponde al nome di Mike Kinsella, nelle vesti di Owen, uno dei suoi tanti (e tutti magnifici) progetti.

Ore 22 circa eccolo arrivare sul palco del Locomotiv, non gremito come meriterebbe un artista di simile caratura. Semplicissimo, umilissimo. Con la sua chitarra e quello sguardo trasognanto che sembra avere in ogni istante. Volano i 50 minuti in compagnia della sua musica. Volano tra quelle magie acustistiche che sa dipingere solo lui, volano con quella voce che fa venire la pelle d’oca e volano tra le classiche accordature di chitarra, gli errori di esecuzione, il bicchierino di bourbon, il jack che non funziona e le battute divertenti e divertite con il pubblico. Questo è Mike Kinsella in veste solista, non mi aspettavo nulla di più e nulla di meno dopo averlo già  visto un paio di altre volte in precedenza.

Impossibile non essere conquistati dalla sua naturale empatia. Cazzo, questo uomo potrebbe tirarsela e non ci sarebbe niente di male visto il suo CV, e invece no, affabile e “normalissimo”. Pure troppo si potrebbe obiettare, anzi, fin troppo “sempliciotto” a tratti, come se fosse uno show quasi improvvisato. E invece per me è proprio li che tutto diventa meraviglioso, con un Kinsella in totale scioltezza che, per 50 minuti, è come se ci invitasse a casa sua e ci dicesse, ora suono, non preoccupatevi se qualcosa non sarà  perfetta, andate oltre. Ed è la musica che ci fa andare oltre, sono quelle canzoni. Pelle d’oca, ripeto.

Menzione di (dis)onore per Vipera che ha aperto il concerto. La fanciulla, tra spoken word apocalittici e folk glaciale era assolutamente fuori contesto e tanto quanto Mike ha creato calore, lei ha offerto un’esibizione di rara freddezza, volutamente, sia chiaro. Da rivedere assolutamente in altri momenti: stasera era come il Grana Padano nel caffè.