Beh, che dire? Se volevamo una prova tangibile del fatto che Sigrid abbia energia da vendere, credo proprio che il concerto di Milano abbia fugato ogni dubbio. La principessina pop norvegese non si lascia certo scalfire da una presenza di pubblico ben diversa a quella a cui si sta abituando in UK o nelle terre del Nord e piazza 70 minuti trascinanti, ricchi di sorrisi, gran voce, ottima presenza scenica e deliziosa interazione con i presenti.
Classico look sobrio e pulito a cui la fanciulla ci ha ormai abituato, eccola sul palco alle 21.30 precise per questa sua prima tappa italiana.
Se lo scopo è far cantare e ballare, coinvolgendo tutti fin dalle prime note, beh, la missione è assolutamente compiuta. Fanno ovviamente la parte del leone i nuovi brani del disco “How To Let Go”, che dal vivo acquistano ancora di più un tiro ballabile e grintoso (la versione live di “Its Gets Dark” ad esempio è, ad esempio, molto più bella e trascinante rispetto alla già piacevolissima esecuzione in studio) e mettono in luce la voce entusiasmante di questa ragazza che, come dicevo sopra, non dimentica sorrisi e non disdegna simpatiche chiacchierate con i presenti, cercandoli con lo sguardo, salutandoli e chiedendo la loro voce per esaltare i ritornelli. Non mancano ovviamente i classici del primo disco (“Don’t Kill My Vibe” è già un inno) e pure un ripescaggio dai primi brani come “Plot Twist” e “High Five”. Storco leggermente il naso sulla versione fin troppo “tunz tunz” di “Don’t Feel Like Crying” che avrei preferito appena più morbida come sul disco, ma qui si va a gusti personali.
L’avevo vista a Londra prima che uscisse l’album d’esordio e mi era piaciuta molto, la rivedo ora pienamente consapevole dei suoi mezzi e con un tiro clamoroso: la crescita di questa cantante, anche onstage, è innegabile.
Nota di merito va ai presenti: non avranno brillato per numero, ma sicuramente come calore ed entusiasmo non si sono fatti mancare nulla.
Nota di demerito al giovane supporto Thomas Headon, fin troppo chiacchierone e inutilmente piacione, che inanella una serie di brani che paiono giusto povere b-side dei The 1975 in cui la melodia è stata dimenticata nel cassetto. Niente per cui strapparsi i capelli.