è di nuovo venerdì e seguendo la traiettoria del volo di un moscone – dal ronzio più emozionante di tante cose sentite ultimamente – ho percepito l’esigenza, da parte dell’Universo, di sapere (anche) la mia sulle ultime pubblicazioni musicali del Belpaese; è per questo che, signore e signori, ho deciso di comunicare urbi et orbi il mio bollettino del giorno sulle nuove uscite del pop italiano. Sì, quel tragico, ribollente pentolone traboccante degli sguardi impietosi di chi dice che la musica nostrana fa schifo, di chi “parti Afterhours, finisci XFactor”, di “Iosonouncane meno male che esisti”, di “Niccolò Contessa ma quando ritorni”, di Vans, libri citati mai letti e film repostati mai visti che ogni venerdì rinfoltisce la sua schiera di capipopolo di cuori infranti con una nuova kermesse di offerte per tutti i gusti e i disgusti. Ecco, di questo calderone faccio parte come il sedano del soffritto, quindi non prendete come un j’accuse quello che avete letto finora: è solo un mea culpa consapevole ed autoironico – ridiamoci su! che una risata ci seppellirà , per fortuna, prima o poi – a preparare lo sfortunato lettore alla breve somma di vaneggi e presuntosi giudizi che darò qui di seguito, quando vi parlerò delle mie tre uscite preferite del weekend, e della mia delusione di questo venerdì. Sperando di non infastidire nessuno, o forse sì.
GIORGIO POI, Ossesso
Le sonorità rimangono le stesse del disco appena pubblicato, a testimonianza di un baricentro che Giorgio pare avere trovato in una scrittura che sta pian piano trovando la dimensione di una maturità che sa rimanere deliziosamente leggera; la penna di Giorgio intelaia un inno dolcissimo alle ossessioni che non si fanno masticare, che si incollano alla pelle e continuano ad inseguirti anche la notte, quando gli occhi si spengono e le luci si chiudono sul giorno. C’è un sentimento anni Ottanta che resiste tra le trame elettroacustiche di un brano che disegna, come sempre, bei mondi.
BLANCO, Nostalgia
Nuovo singolo nuovo giro per Blanco, che ormai pare però aver trovato la quadratura del cerchio e quindi di “nuovo”, nei suoi brani, troverete poco: “Nostalgia” conferma l’attitudine per la hit di uno dei nuovi fenomeni della canzone nazionale, con la sua solita funambolica capacità di rimanere sospeso tra romanticismo e volgarità . Insomma, quella pacca sul culo che non sai se definire violenza o carezza, quella mano sul pacco che non sai se è molestia o piacere. Non mi sposta, ma non mi disgusta nemmeno.
EMMA NOLDE, Respiro
Un po’ ricorda “Berlino” per come parte, “Respiro”, che sembra davvero l’urlo liberatorio di Emma, con una struttura che al solito non offre appiglio all’ascoltatore (sì, ma questa volta un po’ di più), mescolando mondi e sonorità che intrecciano la canzone d’autore con il linguaggio del trip-hop, passando per qualche claim che, irrimediabilmente, riconduce ai gorgheggi di Blanco: il testo è uno svestimento completo, che lascia la Nolde a ballare libera e nuda su una nuova fase compositiva che, di certo, non annoia. Anzi.
CHIAMAMIFARO, ROVERE, sottacqua
Non sono propriamente i miei due progetti preferiti, chiamamifaro e rovere, che oggi congiungono le forze e l’ingegno per tirar fuori, ad ogni modo, un brano che potevi aspettarti da entrambi. Alcune cose, certo, si fanno apprezzare, con i soliti claim da Gen Z che paiono fatti apposta per diventare post Instagram, dalle apocalissi zombie al Margarita e le camporelle in spiaggia; ma, nel complesso, sembra che oggi, chi trovi la propria comfort zone incoraggiato da un sistema editoriale che non fa nulla per spingere gli artisti a “differenziare” e “differenziarsi”, alla fine ci finisca con il morire, in quella zona di comfort. Ma finchè il pubblico (se davvero esiste) applaude, va bene così!
BEATRICE PUCCI, Le colline dell’argento (album)
Un album intenso, luminoso – a tratti – con la forza di scendere nelle profondità abissali e buie di una coscienza alla ricerca della propria dimensione, “Le colline dell’argento” è forse il disco più sincero che potrete ascoltare questo weekend: dentro, ci trovate la sua autrice al 100%, grazie alla gestione quasi “invasiva” di ogni componente della produzione che Beatrice ha voluto esercitare sui sei brani del suo debutto; una chicca completamente autoprodotta, che difende il sacrosanto diritto all’originalità e all’autonomia di gusto e pensiero, per una tracklist che disossa con precisione chirurgica i dilemmi di una generazione intera.
NIVEO, Sui sedili della metro
Interessante l’esordio di Niveo, giovanissimo cantautore di scuola Formica Dischi che tira fuori dal cilindro (e non è niente male, per essere la prima volta) un brano fresco, che ammicca alla generazione Z ma senza perdere di vista una ricerca autorale che ricorda, irrimediabilmente, la scuola d’autore che conta. Insomma, come a voler dimostrare – ancora una volta – che il futuro ha il cuore antico, antichissimo.
URANIA, Portavoce
Bello il terzo singolo di Urania, che dopo aver alimentato le aspettative con una doppietta di singoli niente male oggi torna con l’ultimo capitolo della saga, prima del disco d’esordio: un brano che urla la necessità di ritrovare le parole giuste, di andare oltre il sorriso della maschera, di provare in tutti i modi a far sì che qualcosa rimanga, tra le macerie di questo rumorosissimo silenzio.
DONSON, Bella canzone
Leggera, leggerissima, la nuova canzone di Donson, che affida la propria leggerezza allo strumento leggero per definizione, l’ukulele, per tirare fuori un singolo che si fa etereo nel modo giusto: come il sale del mare, sembra si attacchi alla pelle ma basta una sciacquata e tutto va via. Poi, però, ti vien voglia di ributtarti in acqua e ricominciare tutto da capo: segno che, proprio perchè leggerissima, “Bella canzone” fa venir voglia di premere “play” ancora.
EDODACAPO, Potremmo essere una cattedrale
Posso dire che la cosa che, fin da subito, mi ha colpito del nuovo singolo di Edodacapo è proprio il titolo? Dai, l’immagine è molto bella. Poi la canzone la tiene in piedi in modo ok, la frase scelta come titolo, e la arricchisce con poche giuste a contrappuntare la scrittura un po’ “mainstream” di un brano che richiama Calcutta, l’ultimo Frah Quintale e ovviamente, Edodacapo, che comunque dimostra di saperci fare.
MELI, Ortigia
Godibile il nuovo singolo di Meli, che ambienta ad “Ortigia” la propria hit estiva sospesa tra voglia di futuro e rammarico del passato, alla ricerca di un amore che sappia curare le ferite e le debolezze del presente; il ritornello è una combinazione a mitraglietta di frasi che paiono un po’ “costruite”, ma che alla fine aiutano il tutto a prendere il largo. Più o meno.
ALFIERO, Lontano
Bravo Alfiero, mi piace dalla prima volta che ascoltai un suo brano. Lui, alla fine, rimane sempre uguale a sè stesso non per un fatto di “comfort zone” quanto piuttosto per quella che appare una stolida “fede” in alcuni valori assoluti, in termini musicali e poetici: “Lontano” è una ballata per candele arrivate a consunzione, che lasciano spegnere la fiamma solo per permettere alla cera di recuperare una propria forma nuova. Ricorda anche un po’ Truppi, e di questi tempi va bene, benissimo.
CASPIO, GODOT, Sospesi
Caspio è uno dei cantautori più interessanti che ci siano in circolazione, capace di portare nel giro del proprio talento artisti altrettanto validi in cerca di una scena che ha bisogno, più che mai, di scambi e collaborazioni che possano ridurre distanze, cementare rapporti e fini comuni: il brano è proprio bello, e la voce di Godot sembra fatta apposta che esaltarsi nel passo a due di una canzone delicatissima, e allo stesso tempo piena della giusta “fotta”.
ELIAS LAFLAME, Jupiter (album)
Disco impegnativo, quello di Elias, che tira fuori dal cilindro e dal suo muro di sintetizzatori e macchine lisergiche un viaggio spaziale verso pianeti sconosciuti, o meglio, non troppo frequentati di questi tempi dagli avventori del pop, testimoniando di possedere il coraggio del cosmonauta e la fede cieca in qualcosa che resista e sopravviva oltre le frontiere della discografia: quindici brani interamente strumentali, che respirano una libertà importante, utile a liberare anche noi che ascoltiamo. Bel trip.
LAMETTE, 100BPM (album)
Venti minuti che fanno risalire la voglia di adolescenza nel giro di sei brani che paiono destinati a concupire tutte le diciottenni nel giro di una ventina di kilometri dalla fonte di emissione sonora di “100 BPM“, l’ep di debutto dei Lamette; un lavoro ben pensato e ben prodotto che testimonia la attitude giusta del duo, anche se forse il sottoscritto è un po’ troppo vecchio per innamorarsene a primo ascolto, come ha fatto invece la mia cuginetta sedicenne.
CRISTIANO PUCCI, All the power of desire
Ah, e che goduria dopo una mattinata di ascolti inutili, appiattiti, lagnosi, conformi insomma allo statuto speciale per il successo deciso da mister Spotify e dai suoi illuminatissimi selezionatori editoriali italiani, dicevo, che goduria imbattersi in un fottutissimo ritorno alle origini, le origini giuste, con il nuovo singolo di Cristiano Pucci, che con disinvoltura scaraventa in faccia al weekend un brano che ricorda tutto quello che conta, da Lennon a Cocker, passando per la scena folk e rock americana di chiaro stampo Settanta. Oh, yes.
CONOSCI MIA CUGINA, Italian Swing Vol. II (album)
Dopo aver pubblicato il primo volume due anni fa, i Conosci Mia Cugina tornano con un disco indubbiamente ben suonato di swing, che dimostra l’attitudine divertente e certamente festaiola del complesso, direttamente risputato fuori dagli anni ’50. Bei colori, bell’interplay, giuste sonorità per un disco che magari non cambierà la storia ma aiuta, certamente, a ripassarla. In modo, direi, piuttosto pedissequo allo standard originale.
ANTHONY BOCK, Freedom in an illusion
Acustica ed elettronica che si fondono nel giro di danze lisergiche di un esordio col botto, quello di Bock, che mette in luce tutta la preparazione musicale dell’interprete congiungendola alle sonorità dub e da dancefloor di Frank Tidone. Un buon mush-up che ci sta, per un esperimento che merita certamente di essere sviluppato, con tanto di linee melodiche un po’ stile “Il Padrino” che sembrerebbero più adatte come colonna sonora di qualche film giusto, piuttosto che come singolo su Spotify.
LEONARDO MUCCIANTE, Sabato Nebbia
Oh yeah, mi gasa il nuovo singolo di Mucciante, che parte con un vocoder importante, capace di rendere fin da subito lisergico il sabato sera. C’è un bel mix di cose che mi piacciono, dall’elettronica pop dei Subsonica a quella scena new wave e new disco che spopolava tanto nei gloriosi e bui (allo stesso tempo) anni Ottanta. Bella storia, brano giusto per buttare giù il weekend. Certo, l’artista deve e può ancora crescere, ma la canzone è comunque migliore dei tre quarti delle cose che ascolterete oggi nelle playlist Spotify. Di questo, ne sono certo.
CARNEO, Libera
Mi piace, il nuovo singolo dei Carneo, che respira una certa aria cantautorale (con tanto di citazione dalliana) con un arrangiamento “vecchia scuola” che pare però cucito addosso ad un testo che mette in luce l’esistenza di una penna leggera, ma mai superficiale. Il ritornello, poi, apre lo spiraglio del mainstream e dimostra che i Carneo hanno nelle corde le note giuste per ambire anche un pubblico ancor più generalista, e pop (tipo i primi Modà ). Mantenendo, ovviamente, lo stesso livello di poesia, oppure il gioco non funziona.