Siamo sopravvissuti al caldo anomalo della primavera e abbiamo varcato la soglia di un’estate che, sul fronte climatico, si preannuncia davvero infernale. E allora è proprio il caso di dirlo, signori miei: non ci sono più le mezze stagioni. Mi raccomando però: non fatelo sapere ai Weezer. Per qualche assurdo motivo il quartetto statunitense, la cui prolificità ha ormai raggiunto livelli leggendari, ha ben pensato di imbarcarsi in un mastodontico progetto discografico dedicato proprio alle stagioni ““ non le mezze, ma le intere – che occuperà una larga parte del 2022.
Si chiama “SZNZ” (storpiatura di seasons, naturalmente) e prevede la pubblicazione di ben quattro EP ispirati, come credo si sia già capito, alle stagioni: la primavera, l’estate, l’autunno e l’inverno. I primi due, usciti allo scoccare della mezzanotte dell’equinozio in marzo e del solstizio in giugno, confermano il buon stato di salute dei Weezer che, dopo i recenti spaventi procuratici con certi esperimenti pop non particolarmente riusciti (il terrificante “Pacific Daydream” del 2017, l’altalenante “Black Album” del 2019), sembrano finalmente essere tornati sulla “retta via” di un power pop energico e a forte trazione chitarristica.
Le infatuazioni mainstream e l’abbraccio letale della Meme Culture ““ che, a onor del vero, si trascinano ormai da anni – non hanno azzoppato il talento melodico di Rivers Cuomo, che resta genuino e cristallino anche nei momenti più immediati degli EP (“A Little Bit Of Love” da “Spring” e “Records” da “Summer”). Il potenziale radiofonico c’è, ma non sempre emerge in maniera chiara e decisa. I Weezer di questa prima metà di “SZNZ”, infatti, non sono alla ricerca di soluzioni facili. Si muovono sui binari di una sperimentazione discretissima ma incisiva, che li porta a osare su più fronti.
I brani, che spesso presentano strutture complesse, sono stati costruiti sull’idea del multistrato già alla base di certe vecchie composizioni dal “Red Album” e da “Everything Will Be Alright In The End”. Non vi sono vere e proprie suite, ma il sapore del concept “stagionale” è evidente. Entrambi gli EP partono con due doverosi omaggi alle Quattro Stagioni di Antonio Vivaldi: la melodia del ritornello di “Opening Night” è ricalcata su quella del celebre tema della Primavera, mentre quella di “Lawn Chair” si sviluppa sul secondo movimento dell’Inverno (il che è un mistero, considerando il fatto che la traccia in questione apre le danze dell’EP dedicato all’estate).
I due dischi, poi, seguono traiettorie diverse ma non opposte. “Spring” predilige i toni sereni e colorati di una primavera pop dal forte retrogusto folk, dove a fiorire non sono le azalee ma le armonie a più voci (“Angels On Vacation”) e le chitarre acustiche (“All This Love”, “The Garden Of Eden”). Nelle sette canzoni di “Summer”, invece, domina il rock nella sua forma più muscolosa e “sudata”. Le sei corde di Cuomo e Brian Bell, pur non essendo infuocate come il sole agostano, macinano riff e assoli capaci di riportarci alla memoria il recentissimo “Van Weezer” – ovvero la pagina hard & heavy (ma neanche troppo) della ricchissima discografia weezeriana.
La band preme forte sull’acceleratore, abbraccia un mood drammatico che poco ci azzecca con l’estate e, senza mollare il piede dal pedale della melodia, ci regala una manciata di brani coinvolgenti ma di certo non stellari. Convincono i palesi richiami agli indimenticabili (e irraggiungibili) esordi inseriti tra le note di “The Opposite Of Me” e “What’s The Good Of Being Good”, così come pure intrigano le parentesi metal che contraddistinguono “Blue Like Jazz”, “Cuomoville” e “Thank You And Good Night”.
Ma, detto in tutta sincerità , non c’è davvero nulla di nuovo tra i solchi di questa prima metà di “SZNZ”. Rivers Cuomo sembra leggermente più ispirato dal punto di vista compositivo, ma alcune scelte di produzione e missaggio (soprattutto sulle chitarre di “Spring” e sulla batteria di “Summer”) inficiano sul risultato finale. Il finto lo-fi, così come i suoni “plasticosi” ed eccessivamente pompati, non fanno bene alla musica dei Weezer che, orfani di Ric Ocasek, hanno probabilmente perso la loro guida “sonica”. Nessuna bocciatura, per carità ; ma speriamo vivamente che l’autunno e l’inverno siano migliori!