Ne hanno fatto di strada le Adwaith e in pochissimo tempo, sorprendentemente, sono diventate una specie di cult band, la scelta di utilizzare la loro lingua madre il gallese non solo sembra aver pagato ma addirittura le ha esaltate e rilevate come dei pionieri, come il punto di riferimento di un semi sconosciuto movimento musicale locale pronto a farsi conoscere in tutto il mondo.
Il loro album precedente “Melyn” uscito nel 2018 e dal sapore post punk, le aveva fatte brillare e il loro nuovo album “Bato Mato” può essere il momento del decollo definitivo, e dalla premesse lo sarà sicuramente.
Il titolo dell’album nasce da un loro singolare viaggio in Siberia dove si sono esibite nella città semicongelata di Ulan Ude: sembra fosse il nome della guida ad aver dato l’ispirazione.
“Bato Mato” è sicuramente un passo avanti rispetto all’album di esordio, queste giovani ragazze mostrano la voglia di rinnovarsi già dal secondo lavoro attraverso un percorso e scelte più mature nelle quali fanno confluire l’esperienza accumulata in questi pochi anni, le varie influenze e strumentazioni raccolte e scoperte.
L’inizio dell’album è folgorante con un incedere che ricorda un treno in corsa, con “Cuddio” si inizia a tessere una melodia psichedelica e ipnotica quasi sognante che sarà la cifra dell’intero lavoro, “Sudd” è meno aggressiva e dotata anch’essa di un fascino dream pop, “Wedi Blino” è il capolavoro del disco nella sua limpida bellezza e nella scelta di un arrangiamento che preserva la riuscitissima linea melodica, a certificare un lavoro di squadra che a volte si dà per scontato.
I brani si susseguono riuscendo a mantenere viva l’attenzione dell’ascoltatore, “Yn y Sŵn” è un altro piccolo capolavoro, con un inizio con accenni orientali e poi verso la metà spiega le vele, brano perfetto.
La band ha la capacità di centrare quasi sempre la linea melodica giusta, con una semplicità davvero unica, singolare e disarmante.
Si ripete ancora senza sosta in “Cwympo” che ti avvolge, “Nid Aur” orecchiabile e sintetica ma mai banale, andando avanti così senza sbagliare un brano tra sezione ritmica, chitarra e linea melodica mai banale.
La chiusura dell’album la lasciano ad “ETO”, altro pezzo di riuscitissimo che apre definitivamente le porte del mainstream a questa giovane e talentuosa bande Gallese.
Le Adwaith tornano riuscendo nuovamente a fare centro e non si fermeranno sicuramente qui, la scelta della lingua gallese non mortifica ma anzi esalta tutta l’opera in un riuscitissima serie di brani ispirati.
Tramite una facilità compositiva unica che rende tutto facile questa band si rivela come un momento importante e imperdibile nell’attuale panorama indie internazionale.