di Laura Pensato
Un tempo l’Arena era davvero sacra. C’era l’opera lirica e solo selezionate band pop-rock si ritagliavano uno spazio in quel luogo di culto per la musica. Un tempio vero e proprio, in cui chi entrava lo faceva per meriti qualitativi reali e concreti, escludendo il Festivalbar, ovviamente, che faceva storia a sè. Poi, strada facendo questo principio è andato perso e l’Arena è diventata realmente terra di conquista un po’ per tutti: il fondo forse si è toccato nel luglio 2021 con il concerto di Benji & Fede, che, ai tempi d’oro, si sarebbero giusto meritati i bagni dell’Arena, null’altro. Le cose sono cambiate quindi eppure il nome Arena e un concerto nell’anfiteatro veronese hanno sempre un fascino speciale. Il mio preambolo sembrerebbe presagire quasi un malcelato dispiacere nel raccontare dei Pinguini Tattici Nucleari in concerto proprio qui, invece no, perchè ai ragazzi bergamaschi è indubbio riconoscere non solo tanta sana gavetta, ma sopratutto il fatto che qui, in Arena, ci sono arrivati con le loro gambe, con la forza coinvolgente del loro “it-pop” e non per vie traverse fatte di TV, gossip o quant’altro. Questa considerazione mi infonde non poca stima verso di loro e mi fa proprio pensare che, in fin dei conti, questo palco se lo siano realmente meritato.
Che i Pinguini siano entrati nel “canzoniere nazionalpopolare” l’ho percepito a una sagra del quartiere della città in cui abito. Una normalissima cover band intratteneva i presenti. Tra un Nek, un Rino Gaetano e un Celentano, ben 2 brani dei PTN trovano spazio nella loro scaletta e tutti i presenti sono li a canticchiare le canzoni. Ecco il segnale che la band di Bergamo è davvero “arrivata”: l’Arena sold out e un tour estivo che va a gonfie vele sono il segno tangibile di quanto appena detto.
Colpo d’occhio magistrale. Un pubblico che più variegato di così non si può. Grandi e piccini verrebbe proprio da dire. D’altra parte la loro proposta è facile, accattivante e immediata: la mandano a memoria i bambini, che sono affamati di tormentoni easy, ma anche gli adolescenti, per non parlare dei genitori, che vedono nei Pinguini una proposta tutto sommato non troppo ostica, che li tiene in linea di galleggiamento con la musica “moderna” (e forse sono proprio, e solo, i più “attempati” che colgono il riferimento a Tortora nel nome del tour).
Palco minimale, nessuna grandezza o particolare concessione. Gioca un ruolo importante l’App per i dispositivi mobili, che fa cambiare il colore in sincrono, una vera e propria Arena multicolor con il pubblico a fare una coreografia cangiante. C’è chi non vuole cellulari al suo concerto e chi, come i Pinguini, sfrutta la tecnologia.
Riccardo Zanotti è frontman abile e coinvolgente. Vuole molto l’interazione con il suo pubblico (non mancano i riferimenti a Verona, nei testi dei brani che sono volutamente cambiati), non solo a parole, ma anche fisicamente, cercandolo, avvicinandolo e questo coglie sempre nel segno, perchè coinvolgere in questo modo i presenti è sempre di grande effetto: che sia per consegnare del sushi o per lanciare gli elementi del Tetris, beh, la cosa funziona sempre. Piace l’introduzione costante ai pezzi, la spiegazione di cosa si nasconda dietro a una canzone non è mai noiosa e pesante e ben venga che tanti temi importanti come dittatura, problemi climatici, omosessualità siano affrontati con leggerezza ma non certo con banalità , anzi, con un’energia e una vitalità tangibili. La risposta dei presenti è calda, entusiasta e i cori su ogni ritornello fanno ormai capire come la fanbase dei bergamaschi sia più solida che mai. C’era proprio voglia di rivederli dal vivo, c’era voglia di cantare e divertirsi con loro: si balla, si salta, si sorride, ma, quando i ritmi musicali calano, non mancano anche i momenti più riflessivi.
La band viaggia alla perfezione. Sanno suonare bene, hanno i loro spazi sul palco e nessuno, alla fine, si presenta come gregario, sono tutti protagonisti attivi e partecipi. Sopratutto quello che colpisce è quello spirito “alla mano” che contraddistingue i ragazzi, che, diciamocelo, non se la sono mai tirata e non hanno mai fatto le superstar nel corso degli anni. Sembra una frase banale, eppure è un modo di presentasi (“Fuori dall’hype”, titolo dell’ultimo disco ma anche approccio concreto), che non hanno certo perso nemmeno stasera, in Arena, e la cosa ce li rende ancora più simpatici e “vicini”: l’empatia gioca un ruolo fondamentale.
C’è spazio per un ricordo del padre di Riccardo, che in una serata così, in cui il percorso artistico della band è ripercorso come in un lungo greatest hits (musicale, certo, ma anche iconografico, con foto del passato che passano sullo schermo), serve come a celebrare chi diede una scintilla fondamentale e indimenticabile per arrivare a quello che la band è ora, per arrivare a realizzare un sogno.
Si chiude con “Pastello Bianco” una serata all’insegna di un pop scanzonato, certo, ma tutto sommato, intelligente e fatto con logiche sincere e non solo di mero marketing. Alla fine questo sono i Pinguini Tattici Nucleari, una band pop, con i pregi e i difetti del caso, possiamo anche dirlo, ma che ha dimostrato di saper reggere perfettamente due ore di show…e, sopratutto, ha dimostrato di meritarsi il palco dell’Arena e scusatemi se è poco.